Corte UE: vietato il rimpatrio se c’è il rischio vita

By redazione

Di recente la Corte di Giustizia europea ha posto dei veri e propri paletti, relativamente alla revoca della protezione per motivi connessi alla sicurezza della comunità. Ciò, spiega l’Avvocato Iacopo Maria Pitorri, in virtù della Direttiva n. 95 del 2011, a prescindere dai comportamenti dell’interessato. In altre parole, se la vita è a rischio, anche chi perde lo status di rifugiato non può essere rimpatriato. Ne deriva, chiarisce l’Avvocato Pitorri, che la Corte Ue, in buona sostanza, abbia stabilito che il diritto dell’Unione Europea riconosce ai rifugiati coinvolti una protezione internazionale più ampia di quella assicurata dalla Convenzione di Ginevra. Di fatto, la revoca dello status di rifugiato, quando c’è un rischio per la persona in questione, fa perdere alcuni benefici previsti dalla direttiva, ma non consente il rimpatrio. La conseguenza è che un cittadino di uno Stato extra-Ue, ovvero apolide, non possa essere rimandato in un Paese dove la sua vita, o la sua libertà, possano essere minacciate. Il caso era stato sollevato da un cittadino ivoriano, e uno congolese, nonché una persona di origini cecene, che si sono visti revocare lo status di rifugiato, o negare il riconoscimento in Belgio e Repubblica Ceca, perché considerati una minaccia alla sicurezza, o condannati per un reato particolarmente grave per la comunità dello Stato membro ospitante.

Secondo l’orientamento dei giudici di Lussemburgo, le disposizioni previste dalla direttiva sui rifugiati sono valide. Tuttavia, la decisione di revocare, o rifiutare il riconoscimento dello status di rifugiato non produce l’effetto di privare una persona né dello status di rifugiato, tantomeno dei diritti che la Convenzione di Ginevra ricollega a tale status (se questa persona ha il fondato timore di essere perseguitata nel suo paese di origine). Oltre ciò, sostiene l’Avvocato Pitorri, non va omesso di considerare che la Carta dei diritti fondamentali dell’Ue vieta categoricamente la tortura, le pene ed i trattamenti inumani o degradanti, a prescindere dal comportamento dell’interessato, e l’allontanamento verso uno Stato dove esista un rischio serio che una persona sia sottoposta a trattamenti di questo tipo.

Anche se andrà chiarito più specificamente come tale decisione possa influenzare la legislazione italiana, conclude l’Avvocato Pitorri, il fatto, comunque, che la Corte Ue del Lussemburgo abbia ampliato i margini per la concessione dello status di rifugiato, non può che cambiare le condizioni di molti migranti.

Avvocato Iacopo Maria Pitorri