Assolti i due migranti accusati di aver minacciato l’equipaggio della Diciotti

A dieci mesi di distanza dall’accaduto, vi è una notizia che torna a far parlare , quella di due migranti, a bordo della nave Diciotti, tratti in arresto. L’Avvocato Iacopo Maria Pitorri, che ha seguito il caso fin dall’inizio, evidenzia l’esito della vicenda: il Tribunale di Trapani li ha assolti per “non aver commesso i fatti loro contestati”. Più segnatamente, rammenta l’Avvocato Pitorri (nel fare un passo indietro sull’episodio), lo scorso 12 luglio Bichara Tijani Ibrahim Mirghani, di 32 anni, originario del Sudan (regione del Darfur) e Ibrahim Hamid, ghanese di 27 anni sono stati arrestati a bordo della nave Diciotti (la, ormai, famosa nave della Guardia Costiera che, dopo essere stata ferma un giorno intero al porto di Trapani, è stata protagonista, in tarda serata, dello sbarco di sessantasette migranti partiti dalla Libia). Le accuse mosse ai due migranti sono state quelle di minacce, violenza privata, resistenza a pubblico ufficiale e favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. I due stranieri sono stati individuati tra i responsabili di una rivolta avvenuta a bordo del rimorchiatore Vos Thalassa (che l’8 luglio li ha soccorsi nei pressi della piattaforma libica Al Jurf – Oilfield). La rivolta sarebbe esplosa nella notte tra l’8 e il 9 luglio, nel momento in cui i migranti hanno compreso chiaramente che l’equipaggio stava per riportarli in Libia.

A dieci mesi di distanza dall’accaduto, vi è una notizia che torna a far parlare , quella di due migranti, a bordo della nave Diciotti, tratti in arresto. L’Avvocato Iacopo Maria Pitorri, che ha seguito il caso fin dall’inizio, evidenzia l’esito della vicenda: il Tribunale di Trapani li ha assolti per “non aver commesso i fatti loro contestati”. Più segnatamente, rammenta l’Avvocato Pitorri (nel fare un passo indietro sull’episodio), lo scorso 12 luglio Bichara Tijani Ibrahim Mirghani, di 32 anni, originario del Sudan (regione del Darfur) e Ibrahim Hamid, ghanese di 27 anni sono stati arrestati a bordo della nave Diciotti (la, ormai, famosa nave della Guardia Costiera che, dopo essere stata ferma un giorno intero al porto di Trapani, è stata protagonista, in tarda serata, dello sbarco di sessantasette migranti partiti dalla Libia). Le accuse mosse ai due migranti sono state quelle di minacce, violenza privata, resistenza a pubblico ufficiale e favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. I due stranieri sono stati individuati tra i responsabili di una rivolta avvenuta a bordo del rimorchiatore Vos Thalassa (che l’8 luglio li ha soccorsi nei pressi della piattaforma libica Al Jurf – Oilfield). La rivolta sarebbe esplosa nella notte tra l’8 e il 9 luglio, nel momento in cui i migranti hanno compreso chiaramente che l’equipaggio stava per riportarli in Libia.

Racconta l’Avvocato Pitorri (che  ha seguito il caso, tenendosi costantemente aggiornato, nello svolgere la sua attività forense nel ramo della immigrazione) che, verso le 23.30, il  comandante della Vos Thalassa si è prontamente attivato, nel chiedere l’invio immediato di una motovedetta della Marina Militare italiana a causa di “una grave situazione di pericolo per l’equipaggio del rimorchiatore, il quale era stato fatto oggetto di minacce e violenze da parte di alcuni dei migranti soccorsi”.

Tra  la massa si è, invero, distinto un migrante con indosso una tuta di colore bianco, con una pettorina arancione (probabilmente il leader del gruppo), atto a fronteggiare il primo ufficiale dell’imbarcazione, obbligato ad invertire la rotta,  verso le coste italiane, con una manovra repentina.

A causa della gravità della situazione, si è perfino dovuta applicare la procedura di security, che viene adottata per impedire a persone estranee di assumere il controllo della nave (l’equipaggio era composto da tredici persone e non sarebbe stato in grado di fronteggiare la minaccia di oltre sessanta migranti).

Evidenzia l’Avvocato Pitorri che è anche a causa di detto episodio che, il 9 luglio, i migranti sono stati trasbordati a bordo della Diciotti. Gli agenti della Squadra Mobile di Trapani, hanno ascoltato alcuni testimoni per ricostruire i fatti. E’ emerso che uno dei due migranti protagonisti della vicenda (il sudanese), in lingua araba, avrebbe minacciato l’equipaggio di morte, se gli stessi fossero stati riportati in Libia. Ben cinquanta persone di nazionalità sudanese, libica, algerina, ghanese e pakistana avrebbero sostenuto il suddetto, fino a quando, accertata la inversione di rotta,  la situazione si è tranquillizzata, tornando normale.

I due sono stati giudicati con il rito immediato. Per entrambi la Procura ha, a suo tempo, chiesto la condanna a due anni e due mesi. Il giudice del Tribunale di Trapani, però,  li ha assolti “per non aver commesso il fatto” e dopo dieci mesi hanno lasciato il carcere San Giuliano di Trapani e presentato una richiesta di asilo politico.

A dieci mesi di distanza dall’accaduto, vi è una notizia che torna a far parlare , quella di due migranti, a bordo della nave Diciotti, tratti in arresto. L’Avvocato Iacopo Maria Pitorri, che ha seguito il caso fin dall’inizio, evidenzia l’esito della vicenda: il Tribunale di Trapani li ha assolti per “non aver commesso i fatti loro contestati”. Più segnatamente, rammenta l’Avvocato Pitorri (nel fare un passo indietro sull’episodio), lo scorso 12 luglio Bichara Tijani Ibrahim Mirghani, di 32 anni, originario del Sudan (regione del Darfur) e Ibrahim Hamid, ghanese di 27 anni sono stati arrestati a bordo della nave Diciotti (la, ormai, famosa nave della Guardia Costiera che, dopo essere stata ferma un giorno intero al porto di Trapani, è stata protagonista, in tarda serata, dello sbarco di sessantasette migranti partiti dalla Libia). Le accuse mosse ai due migranti sono state quelle di minacce, violenza privata, resistenza a pubblico ufficiale e favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. I due stranieri sono stati individuati tra i responsabili di una rivolta avvenuta a bordo del rimorchiatore Vos Thalassa (che l’8 luglio li ha soccorsi nei pressi della piattaforma libica Al Jurf – Oilfield). La rivolta sarebbe esplosa nella notte tra l’8 e il 9 luglio, nel momento in cui i migranti hanno compreso chiaramente che l’equipaggio stava per riportarli in Libia.

Racconta l’Avvocato Pitorri (che  ha seguito il caso, tenendosi costantemente aggiornato, nello svolgere la sua attività forense nel ramo della immigrazione) che, verso le 23.30, il  comandante della Vos Thalassa si è prontamente attivato, nel chiedere l’invio immediato di una motovedetta della Marina Militare italiana a causa di “una grave situazione di pericolo per l’equipaggio del rimorchiatore, il quale era stato fatto oggetto di minacce e violenze da parte di alcuni dei migranti soccorsi”.

Tra la massa si è, invero, distinto un migrante con indosso una tuta di colore bianco, con una pettorina arancione (probabilmente il leader del gruppo), atto a fronteggiare il primo ufficiale dell’imbarcazione, obbligato ad invertire la rotta,  verso le coste italiane, con una manovra repentina.

A causa della gravità della situazione, si è perfino dovuta applicare la procedura di security, che viene adottata per impedire a persone estranee di assumere il controllo della nave (l’equipaggio era composto da tredici persone e non sarebbe stato in grado di fronteggiare la minaccia di oltre sessanta migranti).

Evidenzia l’Avvocato Pitorri che è anche a causa di detto episodio che, il 9 luglio, i migranti sono stati trasbordati a bordo della Diciotti. Gli agenti della Squadra Mobile di Trapani hanno ascoltato alcuni testimoni per ricostruire i fatti. È emerso che uno dei due migranti protagonisti della vicenda (il sudanese), in lingua araba, avrebbe minacciato l’equipaggio di morte, se gli stessi fossero stati riportati in Libia. Ben cinquanta persone di nazionalità sudanese, libica, algerina, ghanese e pakistana avrebbero sostenuto il suddetto, fino a quando, accertata la inversione di rotta, la situazione si è tranquillizzata, tornando normale.

I due sono stati giudicati con il rito immediato. Per entrambi la Procura ha, a suo tempo, chiesto la condanna a due anni e due mesi. Il giudice del Tribunale di Trapani, però, li ha assolti “per non aver commesso il fatto” e dopo dieci mesi hanno lasciato il carcere San Giuliano di Trapani e presentato una richiesta di asilo politico.

Avvocato Iacopo Maria Pitorri

Assegno di mantenimento: i nuovi parametri di calcolo

Relativamente all’assegno di mantenimento, l’Avvocato Iacopo Maria Pitorri, rammenta che, entro la fine di quest’anno, saranno introdotti nuovi parametri relativi alla somma dovuta in sede di divorzio. La Camera, invero, valuterà la proposta di legge sull’assegno di mantenimento, dopo il consenso unanime della Commissione Giustizia.

L’Avvocato Pitorri, che costantemente si aggiorna, sia sul piano legislativo, che in riferimento alle ultime pronunce giurisprudenziali, evidenzia che la riforma ha preso spunto da una importante sentenza, della Corte di Cassazione a Sezioni Unite, la n. 18287 del 2018. Detta pronuncia ha stabilito che l’assegno di mantenimento ha “natura assistenziale, compensativa e perequativa”.

L’aspetto principale, che ha dato il via a dibattiti e polemiche, verte sul superamento del parametro del “tenore di vita” mantenuto nel corso del matrimonio. Ad avviso della Suprema Corte, invero, “si deve adottare un criterio composito” che tenga conto “delle rispettive condizioni economico-patrimoniali” e “dia particolare rilievo al contributo fornito dall’ex coniuge” alla vita familiare, al “patrimonio comune e personale, in relazione alla durata del matrimonio, alle potenzialità reddituali future ed all’età“.

Sono, infatti, previsti nuovi parametri standardizzati. Questi vertono, innanzitutto, sulla durata del matrimonio, sull’età del destinatario dell’assegno, sulle sue condizioni di salute, infine sulla ridotta capacità di reddito. Il criterio fondamentale su cui fondare la pretesta del coniuge dovrà basarsi sul contributo personale ed economico fornito dai coniugi durante il matrimonio; nella specie, stabilendo in che modo ognuno ha partecipato per creare il proprio patrimonio e quello comune.

Vi è, tuttavia, ricorda l’Avvocato Pitorri, una ulteriore pronuncia della Corte di Cassazione, atta ad archiviare definitivamente il “tenore di vita”, e la prospettiva del mantenimento a vita dell’ex coniuge: la n.11504 del maggio 2017. Con questa sentenza gli Ermellini di Piazza Cavour hanno mutato il proprio orientamento in materia di assegno divorzile. Ne deriva che il giudice del divorzio, in relazione alla statuizione sull’assegno di mantenimento, dovrà informarsi al “principio di autoresponsabilità” economica di ciascuno degli ex coniugi, riferendosi soltanto alla loro indipendenza o autosufficienza economica.

L’esclusivo parametro per il giudizio d’inadeguatezza dei redditi o dell’impossibilità oggettiva di procurarseli è quello, dell’indipendenza economica del richiedente.

L’autosufficienza può essere desunta dal possesso di redditi di qualsiasi tipo, di cespiti patrimoniali mobiliari e immobiliari, della disponibilità di una casa di abitazione e della capacità e possibilità effettive di lavoro personale.

La Suprema Corte ritiene così, non più attuale, nell’ambito dei mutamenti economico-sociali, il riferimento alla continuazione del tenore di vita goduto durante il matrimonio.

Avvocato Iacopo Maria Pitorri

Attacco ad una chiesa cristiana, in Burkina Faso

Da diverso tempo, il Burkina Faso si trova costretto ad affrontare la minaccia del terrorismo,   ormai diffuso a livello regionale anche in Mali, Mauritania,CiadeNiger. Negli ultimi anni, vi sono stati decine di attacchi a comunità cristiane, oltre a rapimenti, attacchi con esplosivo, uccisioni mirate eassalti contro stazioni della polizia e posti di blocco. Il quadro che illustra l’Avvocato  Iacopo Maria Pitorri, è davvero agghiacciante. Il deterioramento di una situazione divenuta, ormai, inenarrabile, ha portato perfino ad attacchi a parrocchie e sacerdoti. Per contrastare la minaccia del terrorismo, il Burkina Faso ha aderito alla coalizione internazionale G5 composta da Chad, Mali, Mauritania e Niger che si coordina con la forza d’intervento dell’Onu Minusma, in Mali. L’Avvocato  Pitorri,  ha avuto modo di approfondire la lettura del  Report on International Religious Freedom, pubblicato dal Dipartimento di Stato degli Stati Uniti.  Gli studi sul terrorismo, parlano di “strategia della provocazione”: i terroristi provocano i governi per indurli a usare la forza, affinché le loro retate siano le più ampie possibili. Ne rimangono, purtroppo, coinvolti numerosi innocenti, che si radicalizzano per vendetta, divenendo nemici del governo e amici dei terroristi.  L’attenzione a non uccidere donne e bambini potrebbe essere coerente con questa strategia. La recente notizia che ha destato l’attenzione dell’Avvocato Pitorri, riguarda quattro fedeli cattolici, uccisi nella provincia di Sanmatenga, nel nord del Burkina Faso, esattamente vicino al confine con il Niger, in un’area dove è maggiore la presenza di terroristi e dove i cristiani sono da tempo nel mirino da un gruppo di uomini armati. Le vittime stavano riportando nella chiesa di Singa la statua della Madonna, dopo aver partecipato a una processione, quando sono stati intercettati dai miliziani. I terroristi, tuttavia, hanno lasciato andare alcuni minorenni e ma hanno ucciso gli uomini e distrutto la statua. Questo è il terzo attacco ai danni di una chiesa cristiana, negli ultimi venti giorni. Basti pensare che solo lo scorso 12 maggio, nella medesima provincia di Sanmatenga, venti uomini armati hanno ucciso un sacerdote e cinque fedeli, mentre erano a messa. Oltre ciò hanno saccheggiato il villaggio, incendiato la chiesa, l’ambulatorio e alcuni negozi. Il 29 aprile invece, a Djibo, durante le celebrazioni per la via crucis, vi è stato un attacco ad una chiesa protestante, uccidendo il prete e altre quattro persone. L’arcivescovo di Koupela e presidente della Conferenza Episcopale Burkina Faso-Niger, ha rivolto un appello alla pace e alla coesistenza pacifica.

Avvocato Iacopo Maria Pitorri

Sbarcano i migranti della Sea Watch 3

Sea Watch 3 è una nave battente bandiera dei Paesi Bassi, gestita dall’organizzazione non governativa SeaWatch, con sede a Berlino. Quest’imbarcazione, con quarantaquattro uomini e tre donne a bordo, diretta verso l’isola di Lampedusa, a circa un miglio dalla costa, ha atteso per giorni il consenso per lo sbarco, anche dopo che il capitano del natante ha fatto appello alle “ragioni umanitarie”, trovandosi lo stesso in condizioni meteorologiche sfavorevoli, con a bordo migranti, in condizioni disumane, che, addirittura, minacciavano il suicidio.

Ebbene, oggi, 20 maggio 2019, fa presente l’Avvocato Iacopo Maria Pitorri (che ha seguito la vicenda fin dall’inizio, interessandosi del settore immigrazione nello svolgimento della sua professione), che nonostante il diniego del Viminale, a far sbarcare i quarantasette migranti a bordo della Sea Watch 3 , ci ha pensato la Procura di Agrigento, la quale ha disposto il sequestro della nave. Successivamente allo sbarco dei migranti, invero, la Guardia di Finanza, e la Guardia Costiera dell’isola, si sono attivate prontamente al fine di far salire gli stessi sulle motovedette, per accompagnarli sull’isola. I primi a scendere sono stati una donna incinta ed il marito, gli altri immediatamente dopo.

Per la ONG, ovviamente, fa presente l’Avvocato Pitorri, l’obiettivo è stato raggiunto. La decisione della magistratura di Agrigento, tuttavia, ha dato il via a non poche polemiche, oltre al disappunto del Ministero dell’Interno, che ha sempre negato l’autorizzazione allo sbarco. Fa presente l’Avvocato Pitorri, che la Sea Watch 3, a dire del procuratore di Agrigento, è stata sequestrata per violazione dell’art. 12 del testo unico sull’Immigrazione, “ponendo il mezzo navale a disposizione della Procura che ne ha disposto, previo sbarco dei migranti, il trasferimento sotto scorta nel porto di Licata”. I migranti posti in salvo sono stati affidati al personale della Questura di Agrigento, al fine di smaltire le operazioni di identificazione, nonché per i necessari atti di polizia giudiziaria. Le indagini proseguiranno sia per l’individuazione degli eventuali trafficanti di esseri umani coinvolti, che per la valutazione della condotta della ONG, ha specificato la Procura. Le drammatiche testimonianze di chi si trovava a bordo dell’imbarcazione, intanto, non lasciano spazi a molte perplessità, posto che, certamente, un gesto umanitario è stato compiuto.

Avvocato Iacopo Maria Pitorri

L’Onu ed il decreto sicurezza bis

La nave Ong tedesca Sea Watch 3, con ancora a bordo quarantasette ancora a bordo (dopo che famiglie con bambini, diciassette persone, e una donna con ustioni erano state fatte scendere venerdì scorso dalle autorità italiane), si trova al momento a circa un miglio dall’isola di Lampedusa. Sfidando il veto di oltrepassare il limite delle acque territoriali, ha chiesto di entrare in porto per “ragioni umanitarie”. Le condizioni a bordo, stando alle valutazioni di medici ed equipaggio, “supererebbero le motivazioni che hanno portato al diniego di sbarco”. La condizione psicologica dei naviganti è del tutto negativa: si sentono privi di valore, come se a nessuno importasse di loro. “Una situazione che, assieme al mal di mare e all’assenza di speranza e prospettive, sta rendendo le persone davvero vulnerabili”. Riferiscono i medici sulla nave che “alcuni di loro dicono di voler autoinfliggere delle ferite o addirittura suicidarsi, pur di far finire questa situazione”. Ne deriva che si sta facendo del tutto per mantenere un equilibrio estremamente fragile e precario”.

Mentre la Sea Watch 3 affronta questo calvario, l’Onu “ha fatto sentire la sua voce” al Governo italiano. Fa presente l’Avvocato Iacopo Maria Pitorri, che ha costantemente a cuore le vicende legate ai migranti (occupandosi prevalentemente di questo settore, nello svolgimento della sua attività forense), che al Ministero italiano degli Affari Esteri è giunta una lettera, da parte dell’Alto Commissariato permanente presso le Nazioni Unite a Ginevra. La missiva contiene richieste di chiarimenti e preoccupazioni emerse relativamente alla bozza del cosiddetto “Decreto sicurezza bis” (non ancora discusso a Palazzo Chigi). La lettera è già stata trasmessa per competenza al Viminale, nel pieno rispetto degli impegni internazionali e dell’assoluta tutela dei diritti umani. Una copia della stessa è anche stata recapitata “per conoscenza” al governo libico, nonché all’Unione Europea. In buona sostanza, l’allarme lanciato dall’Onu, vuol fermare le disposizioni del “Decreto Sicurezza bis” per “violazione dei diritti umani”. Si chiede al governo di assumere “misure ad interim” per “fermare le violazioni” ed “evitare che si ripetano”. Non solo: “Gli eventuali responsabili dovranno renderne conto”, qualora apposite inchieste accertino azioni contrarie alle norme internazionali. L’intimazione fatta dall’Onu al Governo italiano riguarda il ritiro delle circolari contro la Mare Jonio e di bloccare il provvedimento che multa le ONG che effettuino soccorsi in mare. Il “Decreto sicurezza bis”, a parere degli esperti delle Nazioni Unite, “è potenzialmente in grado di compromettere i diritti umani dei migranti, inclusi richiedenti asilo e le vittime o potenziali vittime di detenzione arbitraria, tortura, traffico di esseri umani e altre gravi violazioni dei diritti umani”.

Avvocato Iacopo Maria Pitorri

Papa Francesco, “Il Mediterraneo sta diventando un cimitero”

A circa una settimana dalle elezioni europee, il tema migratorio torna ad essere un punto focale, atto a trascinare nel girone delle polemiche e degli accesi dibattiti politici perfino il Vaticano.

Mentre, qualche giorno fa, in un comizio elettorale, a piazza Duomo, a Milano, si affrontava il tema dell’immigrazione, il solo nominare Papa Francesco, il Santo Padre è stato fischiato dai presenti. In tanti si sono chiesti: “come è possibile?”. Tutto ciò ha scatenato critiche anche con riguardo alla politica dei porti chiusi. Basti pensare che la nave della ONG tedesca Sea Watch, con quarantaquattro uomini e tre donne a bordo, si dirige verso Lampedusa, attracca ad un miglio dalla costa e attende uno sbarco che pare difficile, forse impossibile senza un nuovo accordo europeo. Il capitano dell’imbarcazione annuncia di averlo fatto per “ragioni umanitarie”. In tutto ciò, le condizioni meteorologiche sono sfavorevoli e la navigazione è estremamente difficile.  Mentre il Viminale ribadisce il suo diniego, la questione, raggiungendo i dibattiti elettorali per le elezioni europee, ha quindi mosso addirittura un uomo di importanza mondiale, che parla costantemente, inesorabilmente di solidarietà, accoglienza ed umanità: il Santo Padre. Il Pontefice, ricevendo la stampa estera in Vaticano, si è limitato ad esortare i giornalisti a “non dimenticare che questo Mediterraneo si sta trasformando in cimitero”.

Avvocato Iacopo Maria Pitorri

Migranti, omicidio a Malta

Malta è stata oggetto di una sconcertante notizia, negli ultimi giorni. L’isola che ha per principale risorsa economica l’accoglienza, la terra che da ben quattro anni è, nella classifica europea, il pilastro per il rispetto dei diritti umani nei confronti della comunità Lgbt (sigla utilizzata come termine collettivo per riferirsi a persone lesbiche, gay, bisessuali e trans gender), è stata teatro di un drammatico fatto. L’Avvocato Iacopo Maria Pitorri fa presente il caso di due militari, che si sono macchiati del primo omicidio a sfondo razziale, avvenuto lo scorso 6 aprile, nei pressi del principale centro di raccolta di rifugiati. Il tutto è accaduto quando tre rifugiati sono stati colpiti da arma da fuoco da un’auto in corsa in Triq tal-Gebel, una stradina di campagna che collega il centro aperto di raccolta di Hal Far e la località di Birzebbuga, esattamente nel sud dell’isola di Malta. Una via che i migranti percorrono a piedi per raggiungere negozi e servizi e che già in passato, purtroppo, è stato teatro di violenti episodi di intolleranza.

Malta è stata oggetto di una sconcertante notizia, negli ultimi giorni. L’isola che ha per principale risorsa economica l’accoglienza, la terra che da ben quattro anni è, nella classifica europea, il pilastro per il rispetto dei diritti umani nei confronti della comunità Lgbt (sigla utilizzata come termine collettivo per riferirsi a persone lesbiche, gay, bisessuali e trans gender), è stata teatro di un drammatico fatto. L’Avvocato Iacopo Maria Pitorri fa presente  il caso di due militari, che si sono macchiati del primo omicidio a sfondo razziale, avvenuto lo scorso 6 aprile, nei pressi del principale centro di raccolta di rifugiati. Il tutto è accaduto quando tre rifugiati sono stati  colpiti  da arma da fuoco da un’auto in corsa in Triq tal-Gebel, una stradina di campagna che collega il centro aperto di raccolta di Hal Far e la località di Birzebbuga, esattamente nel sud dell’isola di Malta. Una via che i migranti percorrono a piedi per raggiungere negozi e servizi e che già in passato, purtroppo,  è stato teatro di violenti episodi di intolleranza.

Spiega l’Avvocato  Pitorri che una delle tre vittime, di 42 anni, è stata uccisa sul colpo. Le altre due, un ventiduenne della Guinea ed un ventottenne del Gambia, sono rimaste gravemente ferite. Secondo fonti menzionate dai media maltesi, uno dei militari arrestati avrebbe confessato di aver colpito i migranti, a caso, perché “neri”.

La inquietante, drammatica notizia della spietata sparatoria, ha suscitato accese polemiche, per cui il premier Joseph Muscat, ha specificato che, ad oggi “in corso un’inchiesta interna, condotta con i servizi di sicurezza, per stabilire se sono isolati, canaglie individuali, o facciano parte di qualcosa di più ampio”. Ulteriormente,  fa presente  l’Avvocato Pitorri, il primo ministro ha specificato che “la conclusione di questa indagine mostra che Malta è un posto sicuro per tutti, e deve rimanere tale. È un segnale forte per tutti coloro che diffondono parole d’odio. Ci sono conseguenze nel diffondere sentimenti mal posti, rimaniamo fermi nella nostra richiesta di unità tra i maltesi e tutti coloro che vivono a Malta”.

Il Presidente della Repubblica, dal canto suo, ha presentato le sue condoglianze alla folta comunità di migranti affermando che “questo atto non riflette i sentimenti del popolo di Malta e Gozo”; ha altresì invitato ad una attenta riflessione collettiva sul futuro di quella che dovrà inevitabilmente essere una società “multietnica, multiculturale e tollerante”.

Malta è stata oggetto di una sconcertante notizia, negli ultimi giorni. L’isola che ha per principale risorsa economica l’accoglienza, la terra che da ben quattro anni è, nella classifica europea, il pilastro per il rispetto dei diritti umani nei confronti della comunità Lgbt (sigla utilizzata come termine collettivo per riferirsi a persone lesbiche, gay, bisessuali e trans gender), è stata teatro di un drammatico fatto. L’Avvocato Iacopo Maria Pitorri fa presente il caso di due militari, che si sono macchiati del primo omicidio a sfondo razziale, avvenuto lo scorso 6 aprile, nei pressi del principale centro di raccolta di rifugiati. Il tutto è accaduto quando tre rifugiati sono stati colpiti da arma da fuoco da un’auto in corsa in Triq tal-Gebel, una stradina di campagna che collega il centro aperto di raccolta di Hal Far e la località di Birzebbuga, esattamente nel sud dell’isola di Malta. Una via che i migranti percorrono a piedi per raggiungere negozi e servizi e che già in passato, purtroppo, è stato teatro di violenti episodi di intolleranza.

Spiega l’Avvocato Pitorri che una delle tre vittime, di 42 anni, è stata uccisa sul colpo. Le altre due, un ventiduenne della Guinea ed un ventottenne del Gambia, sono rimaste gravemente ferite. Secondo fonti menzionate dai media maltesi, uno dei militari arrestati avrebbe confessato di aver colpito i migranti, a caso, perché “neri”.

La inquietante, drammatica notizia della spietata sparatoria, ha suscitato accese polemiche, per cui il premier Joseph Muscat, ha specificato che, ad oggi “in corso un’inchiesta interna, condotta con i servizi di sicurezza, per stabilire se sono isolati, canaglie individuali, o facciano parte di qualcosa di più ampio”. Ulteriormente, fa presente  l’Avvocato Pitorri, il primo ministro ha specificato che “la conclusione di questa indagine mostra che Malta è un posto sicuro per tutti, e deve rimanere tale. È un segnale forte per tutti coloro che diffondono parole d’odio. Ci sono conseguenze nel diffondere sentimenti mal posti, rimaniamo fermi nella nostra richiesta di unità tra i maltesi e tutti coloro che vivono a Malta”.

Il Presidente della Repubblica, dal canto suo, ha presentato le sue condoglianze alla folta comunità di migranti affermando che “questo atto non riflette i sentimenti del popolo di Malta e Gozo”; ha altresì invitato ad una attenta riflessione collettiva sul futuro di quella che dovrà inevitabilmente essere una società “multietnica, multiculturale e tollerante”.

Avvocato Iacopo Maria Pitorri

Migranti, la classe media sui barconi, la classe povera resta nella propria terra

Vi è un fondamento estremamente rilevante, di cui tener conto: ad eccezione dei paesi colpiti dalle guerre, i circa cento milioni di migranti che, nel mondo, si sono spostati negli ultimi 25 anni, provengono dalla classe media. Chi può, quindi, salire sulle imbarcazioni (per quanto “di fortuna”), ed allontanarsi dalla drammatica realtà in cui vive, per un futuro migliore, affrontando un pericoloso, lungo viaggio in mare, verosimilmente non è povero, in senso stretto.

La maggiore preoccupazione dell’Europa sussiste in relazione all’Africa. I dati elaborati dall’Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (Ispi) per Dataroom, che recentemente l’Avvocato Iacopo Maria Pitorri ha avuto modo di analizzare, delineano un quadro abbastanza chiaro. Negli ultimi sei anni, su un milione e ottantacinquemila migranti africani sbarcati in Europa, il 60% proviene da Paesi con un reddito pro capite tra mille e quattromila dollari l’anno (considerato medio-basso dalla Banca mondiale per il continente africano). Il 29% tra i quattro e i dodicimila dollari, ossia medio-alto; il 7% da Paesi dove c’è un reddito alto (sopra i dodicimila dollari) e solo il 5% dai Paesi poverissimi (sotto i mille dollari).

In Italia questa percentuale scende addirittura all’1%. Nello stesso periodo, invero, su 311.000 arrivi di immigrati africani il 65% proviene da Paesi con un reddito medio-basso, il 33% medio-alto.Nel nostro Paese, il numero più alto di arrivi (87.225) è dalla Nigeria, dove il reddito pro capite è di 5.473 dollari l’anno; dal Senegal (30.280 partenze), il reddito medio è di 2.781 dollari; dalla Costa d’Avorio (22.240) e il reddito 2.880 dollari. Al di là della posizione geografica (senza, ovviamente, considerare i paesi con conflitti in corso), più il reddito è basso, minori sono le partenze. Dal Burundi (reddito 742 dollari), ne sono arrivati 30; dalla Repubblica Centrafricana (731 dollari) 165; dal Niger (reddito di 870 dollari) 1.135 arrivi. I flussi tendono a fermarsi quando il reddito medio supera i 12 mila dollari, ed è il caso del Sud Africa, Botswana e Guinea Equatoriale.

“Guardando dall’altra parte del mondo”,, rileva l’Avvocato Pitorri, rileviamo che un numero esorbitante di arresti e schieramenti permanenti di polizia, lungo il confine, non hanno impedito ai messicani, negli ultimi venti anni, di continuare inesorabilmente ad attraversare la frontiera con gli Usa. Nel 1995 il reddito medio pro capite di chi ha tentato l’espatrio era di 3.829 dollari. Nello stesso periodo quasi nessuna partenza da Honduras e Salvador, dove il reddito era rispettivamente di 937 e 1.590 dollari. Non appena il reddito ha avuto un rialzo, tuttavia (più specificamente è più che raddoppiato nel 2018), si sono moltiplicate anche le partenze: 77.128 dall’Honduras, 31.636 dal Salvador. E, chiaramente, sono scese quelle dal Messico, dove la popolazione ha raggiunto un miglior tenore di vita.

Affrontando la tematica connessa alla globalizzazione, l’Avvocato  Pitorri fa emergere un aspetto di non poco conto: in virtù dei censimenti nazionali predisposti, in circa mezzo secolo, dal Center for Global Development di Washington, è emerso che la “grande migrazione” è una sorta di effetto collaterale della globalizzazione, che ha determinato il crollo della povertà assoluta. In altre parole, in virtù dell’apertura al commercio e alle comunicazioni internazionali, a costo zero, viaggiano sia le merci, che le persone. Il primo indicatore sono le esportazioni. Nel 1990 dall’Africa erano 127 miliardi di dollari, saliti a 539 nel 2017. Il reddito medio dei Paesi di partenza è passato da 3.300 dollari a 4.700 e il numero di africani in Europa da 4,5 milioni a 9,2 milioni. Oggi il 75% degli abitanti dell’Africa ha un cellulare (contro il 32% di dieci anni fa) e il 20% un collegamento a Internet (contro il 4% di dieci anni fa). Se ne deduce che affrontare un viaggio verso l’Italia, chiarisce l’Avv. Pitorri sulla base delle fonti fornite dalla Organizzazione mondiale delle migrazioni (Iom), arriva a costare fino a seimila dollari. Dallo stesso studio emerge che il 53% ha un lavoro nel Paese d’origine, solo il 32% è disoccupato e il 15% studente. Ciò posto, è probabile che nei prossimi due decenni dall’Africa verso l’Europa si sposteranno altri 3,4 milioni di persone. Alla luce di questo assunto, è, pertanto, opportuno, “fare i conti con la realtà dei fatti” e sviluppare  un’adeguata politica europea per poter far fronte al meglio, con consapevolezza e responsabilità,

Avvocato Iacopo Maria Pitorri

Migrante senza requisiti resta in Italia

Costantemente aggiornato sulle ultime novità legislative, ovvero su casi giurisprudenziali di rilievo, l’Avvocato Iacopo Maria Pitorri è rimasto favorevolmente colpito da una recente sentenza del Tribunale di Venezia, in materia di immigrazione.

Si riferisce al caso di un giovane maliano che, due anni fa, si era visto respingere dalla commissione territoriale di Verona la richiesta di riconoscimento della protezione internazionale. Ebbene, il giovane originario del Mali potrà restare in Italia, non perché abbia i requisiti per ottenere lo status da rifugiato, bensì perché si è integrato talmente bene, che se dovesse essere rimpatriato si arrecherebbe un “danno sproporzionato alla sua vita privata”. Per il Tribunale di Venezia, pertanto, pur non correndo alcun pericolo di vita nel suo Paese (in caso di rimpatrio), il ragazzo può rimanere in Italia. Il giudice ha spiegato che il ricorrente non può essere considerato un rifugiato posto che lo stesso non è “oggetto di persecuzione per razza, religione o appartenenza a un determinato gruppo sociale”. Aggiunge, inoltre, che “né in altro modo le circostanze fanno emergere la sussistenza di un danno grave in caso di rientro in Mali, cioè il rischio verosimile di essere sottoposto a pena capitale o a trattamenti inumani o degradanti”.  Ad avviso del Tribunale veneto, tuttavia, fa presente l’Avvocato Pitorri, si ritiene opportuno “valorizzare la vulnerabilità del richiedente asilo per il livello molto avanzato di integrazione sociale in Italia”. In particolare, il Tribunale elenca i molteplici elementi che hanno inciso sulla decisione finale: come, ad esempio, il fatto che l’uomo abbia “dato prova di una perfetta padronanza della lingua italiana e per ciò stesso di una seria capacità d’inserimento”. E vi è di più, specifica l’Avvocato Pitorri parlando della fattispecie in questione. Il giovane ha dimostrato “di essere occupato a tempo pieno in diverse attività lavorative, dalla vigilanza al lavoro in ristorazione e in agricoltura, di aver frequentato e concluso la scuola secondaria, oltre allo svolgimento di volontariato e di essere in procinto di acquisire la patente”. Componenti, questi che, di fatto, impediscono l’allontanamento dello straniero per “non arrecare un danno sproporzionato alla sua vita privata”. Per il giudice, infatti, è fondamentale in questi casi fare una “valutazione comparata tra le condizioni raggiunte nel paese ospitante, rispetto a quelle del paese di origine”. Ciò perché, come indica la Convenzione europea dei diritti dell’uomo, bisogna “assicurare una tutela sia alla vita familiare che alla vita privata di un individuo”,  tra cui un aspetto fondamentale è il lavoro. Nel caso specifico, l’uomo “incontrerebbe non solo le difficoltà tipiche di un nuovo radicamento territoriale, ma si troverebbe in una condizione di specifica estrema vulnerabilità, idonea a compromettere la sua possibilità di esercitare i diritti fondamentali, legati anche solo alle scelte quotidiane””.   

Una decisione, questa, secondo l’Avv. Pitorri, che certamente apre uno scenario diverso relativamente allo status di molti migranti.

Avvocato Iacopo Maria Pitorri

L’elemosiniere del Papa e l’aiuto ai poveri

Qualche tempo fa, dai media è emersa una notizia, che ha colpito non poco l’attenzione pubblica. Anche l’Avvocato Iacopo Maria Pitorri, da sempre attento alle esigenze dei bisognosi, delle persone in difficoltà, dei migranti (per cui svolge, anche la sua attività forense), ha rilevato un episodio che riguarda l’elemosiniere del Papa: il Cardinale Konrad Krajewski. Mosso da spirito di solidarietà, nei giorni scorsi, il porporato si è prodigato alacremente per ripristinare la luce (che era stata staccata dalla società erogatrice del servizio (a causa del mancato pagamento delle bollette) in uno stabile occupato a Roma.

Ma vi è di più. La somma che l’elemosiniere ha impiegato, lo scorso anno, per pagare le bollette della luce, del gas, della spazzatura, e diverse rate per spese varie (sempre inerenti alla gestione di case), che singole persone e famiglie, tra cui molte italiane, non sono riuscite a sostenere, in tutto il Paese, ammonta a tre milioni e mezzo di euro. 
Il dato, spiega l’Avvocato Pitorri, emerge da fonti del Vaticano. Più specificamente, il Cardinale Krajewski ha attinto dalle offerte che diversi benefattori inviano al Papa ed alla elemosineria, per tale scopo; ed ha altresì procacciato il denaro necessario anche dalla rendita, significativa, che il dicastero vaticano ha, con l’invio a chi ne fa richiesta di benedizioni apostoliche, attraverso delle pergamene. Più segnatamente, evidenzia l’Avvocato Pitorri, molti soldi vengono inviati in tutta Italia, su richiesta delle diocesi che non riescono da sole a far fronte alle esigenze di diversi indigenti. Dal canto suo, il Cardinale Krajewski ha confidato di aver agito d’istinto, anche dopo aver visto un bambino del palazzo che ha bisogno, per vivere, dell’ausilio di un apparecchio che si alimenta a corrente. Nei giorni precedenti, fra l’altro, inviato dal Papa per rinnovare la vicinanza ai rifugiati ospitati nei campi di accoglienza, ha anche fatto visita ai profughi di Lesbo e ne è uscito particolarmente provato.

Fin da quando Papa Francesco lo ha nominato “elemosiniere di Sua Santità”, in data 3 agosto 2013, elevandolo subito alla dignità di arcivescovo, successivamente facendolo cardinale nel Concistoro di meno di un anno fa, la quotidianità di Konrad Krajewski è stata permeata da costanti uscite serali, accompagnato dalla piccola squadra di quattro guardie svizzere, per portare beni di conforto, pasti, coperte, sacchi a pelo, ombrelli e qualsiasi altra cosa possa essere di aiuto ai senzatetto della capitale, nelle stazioni, nelle piazze e nelle vie del centro e delle borgate.

Non vi è dubbio che quella del porporato, nato il 25 novembre 1963 a Lodz, in Polonia, che è ad oggi il più giovane cardinale del Sacro Collegio, sia un’attività caritativa incessante e continua. “Padre Corrado” (come lo chiamano tutti), fa fruttare ogni giorno fino all’ultimo centesimo gli introiti delle pergamene con le benedizioni papali, prodotte dall’Elemosineria Apostolica, a chi le richiede per matrimoni, battesimi, cresime e altri sacramenti e ricorrenze.

La perseverante, assidua, instancabile opera dell’elemosiniere, caratterizzata anche da nobili iniziative, creative e innovative, oltre a far diventare Konrad Krajewski l’ex cerimoniere pontificio al servizio di tre Papi (Giovanni XXIII, Benedetto XVI e Papa Francesco), ha contribuito a dare al suddetto l’appellativo del “cardinale dei poveri”.

Sottolinea, comunque, l’Avvocato Pitorri, che alla sua nomina, l’elemosiniere ormai famoso nel mondo, ha avuto dal Santo Padre la precisa indicazione di non rimanere “con le mani in mano”, dietro la scrivania, ma di agire di fatto, recandosi direttamente per le strade di Roma, ovvero dove necessario. Per questo le sue visite si sono spinte fino alle zone terremotate o, come nei giorni scorsi, all’isola greca di Lesbo, in visita al campo profughi di Moria per portare la concreta solidarietà del Pontefice, attraverso centomila dollari di aiuti.

Ciò che ha fatto  il Cardinale Krajwwski, per conto del Papa, appare oltremodo esorbitante: ha fatto costruire bagni, docce e barberia per i senzatetto in Piazza San Pietro, allestire un dormitorio nei pressi, ne ha accompagnato gruppi al mare, ha sostenuto persone danneggiate dal sisma del 2016 ad Amatrice e Ascoli Piceno, ha donato sacchi a pelo e messo a disposizione auto del Vaticano ai clochard nei giorni di maggior freddo, ha accolto famiglie di rifugiati siriani lasciando loro il suo appartamento per trasferirsi a dormire all’Elemosineria, aperto una lavanderia gratuita, pagato l’affitto per una spiaggia accessibile anche ai disabili.

Per questo quando, lo scorso 20 maggio 2018, a Regina Coeli, il Santo Padre ha annunciato che avrebbe fatto cardinale nel concistoro del 28 giugno quest’uomo così speciale, lo stesso ha dichiarato: “Questa porpora è per i poveri”.

Da ultimo, come sopra detto, attivandosi per riallacciare la luce presso un immobile occupato da poveri, a Roma, l’elemosiniere ha posto in essere una condotta, che, ovviamente ha dato luogo a non poche polemiche, in tutto il mondo. In molti, tuttavia, si sono stretti accanto al suo spirito di solidarietà, tra cui anche i francescani di Assisi, sostenendo che se è illegale aiutare bambini e persone che soffrono, compiere un gesto di umanità dettato dal cuore e da quanto dice il Vangelo, allora debbono arrestare tutti coloro che si adoperano per il prossimo.

Avvocato Iacopo Maria Pitorri