Il Papa, i migranti, i rifugiati

Da diverso tempo, nel porto di Barcellona, è bloccata la nave di Open Arms; ciò in virtù di un provvedimento della Capitaneria di porto. Sarebbe dovuta partire lo scorso 8 gennaio per una nuova missione nel Mediterraneo, invece la sua navigazione per salvare delle vite umane in mare è stata inibita. Al riguardo Papa Francesco ha sostenuto: “Tenere ferma la nave è un’ingiustizia. Perché lo fanno? Per farli annegare?”.

In questi giorni il Pontefice è tornato a parlare del tema migranti e rifugiati. Lo scorso 26 marzo, durante la sua prima visita ufficiale in Campidoglio (Bergoglio è stato il quarto Pontefice a varcare la soglia della sede del Comune di Roma), giunto a Palazzo Senatorio con un quarto d’ora di anticipo, Papa Francesco ha sostenuto: “Ancora più decisivo è che Roma si mantenga all’altezza dei suoi compiti e della sua storia, che sappia anche nelle mutate circostanze odierne essere faro di civiltà e maestra di accoglienza, che non perda la saggezza che si manifesta nella capacità di integrare e far sentire ciascuno partecipe a pieno titolo di un destino comune”.

Il Papa ha particolarmente a cuore le sorti dei migranti e dei rifugiati.  Si pensi a quando nel Centro di Castelnuovo di Porto, ad inizio pontificato, Bergoglio ha celebrato la lavanda dei piedi, in un gesto dimostrativo a favore dell’accoglienza.

Il Santo Padre in occasione di un Angelus in piazza San Pietro ha ribadito il suo pensiero : “La situazione drammatica dei profughi, segnata da paura disagi e incertezze è una triste realtà. I profughi ogni giorno fuggono dalla fame e dalla guerra, alla ricerca di una vita dignitosa per sé e per le proprie famiglie. Vanno in terre lontane e quando trovano lavoro non sempre incontrano accoglienza vera, rispetto e apprezzamento dei valori di cui sono portatori. Le loro legittime aspettative si scontrano con situazioni complesse e difficoltà che sembrano a volte insuperabili, perciò pensiamo al dramma dei rifugiati che sono vittime del rifiuto e dello sfruttamento, vittime della tratta delle persone e del lavoro schiavo”.

Avv. Jacopo Pitorri

Migranti, sbarchi “occulti”

Oltre cinquanta migranti hanno raggiunto le coste italiane, negli ultimi giorni, in totale autonomia, in tre differenti sbarchi avvenuti tra Sicilia, Sardegna e Puglia.

Oltre cinquanta migranti hanno raggiunto le coste italiane, negli ultimi giorni, in totale autonomia, in tre differenti sbarchi avvenuti tra Sicilia, Sardegna e Puglia.

Altri quarantuno migranti, invece, purtroppo risultano dispersi al largo della Libia.

I natanti in questione hanno raggiunto le nostre coste evitando i controlli delle motovedette della Guardia costiera  o della Guardia di Finanza .

Al momento  è in navigazione nel Mediterraneo solo la Alan Kurdi della Ong tedesca “Sea Eye”, che si trova vicino alle coste tunisine, lontana dalle rotte seguite dalle tre imbarcazioni. Vi è da dire che la mancanza di notizie su partenze e morti al largo della Libia ha ormai reso impossibile constatare con certezza e puntualità i singoli eventi sar (search and rescue) nel Mediterraneo centrale. Il Comando Generale delle Capitanerie di Porto ha lanciato un allarme riferito ad un barcone con a bordo quaranta migranti partiti da Sabrata, Libia, il 23 marzo scorso.

 Nessuno, poi, ne ha avuto più notizie.

 Non si sa nulla di un eventuale salvataggio. Spesso, invero, si viene a conoscenza dei naufragi solo perché la corrente trascina i morti a riva.

Ieri a Lampedusa sono sbarcati sedici migranti (tra cui un bambino e una donna), che si trovavano su un barcone poco distante dalle motovedette della Guardia Costiera, Non vi è stata alcuna intercettazione, o blocco.

I porti sono  di fatto  aperti.

 In Puglia, a Santa Maria di Leuca, è giunta una barca a vela con  venticinque migranti, tra cui quattro donne (di cui una incinta) e sei minori. Tutti di nazionalità turca e irachena. Si trovavano in mare da ben cinque giorni.

Tredici migranti sbarcati a Teulada, nella Sardegna del sud, di nazionalità algerina, sono stati intercettati dai Carabinieri soltanto dopo che sono scesi a terra.

Va evidenziato che le nuove rotte, oltre a sfuggire ai dovuti controlli, possono costituire  un problema per la sicurezza in Europa. Quello degli sbarchi “occulti” è, senza dubbio, un problema di non poco conto. E vi è di più. Il moltiplicarsi delle nuove rotte migratorie ha incentivato, in qualche modo, il business dei trafficanti e la portata dei flussi.

Avvengonotraversate con mezzi piccoli e veloci, per evitare di essere intercettati in mare e poi a terra, dove  la presenza della Guardia Costiera e della Marina militare  è   diradata, consentendo così a centinaia di persone di mettere piede in Italia senza che le autorità ne sappiano nulla.

Dai dati forniti da Frontex (l’Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera, ovvero il sistema di controllo e gestione delle frontiere esterne dello Spazio Schengen), in tema di dinamismo migratorio, si evince che il fenomeno riguarda soprattutto la rotta del Mediterraneo occidentale che, portando in Europa, attraverso il Marocco, quasi cinquantasettemila clandestini, ha consolidato il trend di crescita del 2017.

 Ciò superando, per la prima volta, la rotta del Mediterraneo centrale (circa ventitremila presenze). Quest’ultima, proprio in ragione del richiamato decremento delle partenze dalle coste libiche, è stata sopravanzata anche dagli arrivi lungo la rotta del Mediterraneo orientale (quasi cinquantaseimila).

In totale sono circa centotrentaseimila i migranti arrivati nel 2018 nell’Unione Europea.

Oltre cinquanta migranti hanno raggiunto le coste italiane, negli ultimi giorni, in totale autonomia, in tre differenti sbarchi avvenuti tra Sicilia, Sardegna e Puglia.

Altri quarantuno migranti, invece, purtroppo risultano dispersi al largo della Libia.

I natanti in questione hanno raggiunto le nostre coste evitando i controlli delle motovedette della Guardia costiera o della Guardia di Finanza.

Al momento è in navigazione nel Mediterraneo solo la Alan Kurdi della Ong tedesca “Sea Eye”, che si trova vicino alle coste tunisine, lontana dalle rotte seguite dalle tre imbarcazioni. Vi è da dire che la mancanza di notizie su partenze e morti al largo della Libia ha ormai reso impossibile constatare con certezza e puntualità i singoli eventi SAR (Search And Rescue) nel Mediterraneo centrale. Il Comando Generale delle Capitanerie di Porto ha lanciato un allarme riferito ad un barcone con a bordo quaranta migranti partiti da Sabrata, Libia, il 23 marzo scorso.

 Nessuno, poi, ne ha avuto più notizie.

 Non si sa nulla di un eventuale salvataggio. Spesso, invero, si viene a conoscenza dei naufragi solo perché la corrente trascina i morti a riva.

Ieri a Lampedusa sono sbarcati sedici migranti (tra cui un bambino e una donna), che si trovavano su un barcone poco distante dalle motovedette della Guardia Costiera, Non vi è stata alcuna intercettazione, o blocco.

I porti sono di fatto aperti.

 In Puglia, a Santa Maria di Leuca, è giunta una barca a vela con venticinque migranti, tra cui quattro donne (di cui una incinta) e sei minori. Tutti di nazionalità turca e irachena. Si trovavano in mare da ben cinque giorni.

Tredici migranti sbarcati a Teulada, nella Sardegna del sud, di nazionalità algerina, sono stati intercettati dai Carabinieri soltanto dopo che sono scesi a terra.

Va evidenziato che le nuove rotte, oltre a sfuggire ai dovuti controlli, possono costituire un problema per la sicurezza in Europa. Quello degli sbarchi “occulti” è, senza dubbio, un problema di non poco conto. E vi è di più. Il moltiplicarsi delle nuove rotte migratorie ha incentivato, in qualche modo, il business dei trafficanti e la portata dei flussi.

Avvengono traversate con mezzi piccoli e veloci, per evitare di essere intercettati in mare e poi a terra, dove la presenza della Guardia Costiera e della Marina Militare è   diradata, consentendo così a centinaia di persone di mettere piede in Italia senza che le autorità ne sappiano nulla.

Dai dati forniti da Frontex (l’Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera, ovvero il sistema di controllo e gestione delle frontiere esterne dello Spazio Schengen), in tema di dinamismo migratorio, si evince che il fenomeno riguarda soprattutto la rotta del Mediterraneo occidentale che, portando in Europa, attraverso il Marocco, quasi cinquantasettemila clandestini, ha consolidato il trend di crescita del 2017.

Ciò superando, per la prima volta, la rotta del Mediterraneo centrale (circa ventitremila presenze). Quest’ultima, proprio in ragione del richiamato decremento delle partenze dalle coste libiche, è stata sopravanzata anche dagli arrivi lungo la rotta del Mediterraneo orientale (quasi cinquantaseimila).

In totale sono circa cento trentaseimila i migranti arrivati nel 2018 nell’Unione Europea.

Avv. Jacopo Maria Pitorri

Migranti, in aumento gli irregolari

MIl 5 ottobre 2018 è entrato in vigore il Decreto-legge n. 113 del 2018, altrimenti detto “Decreto Sicurezza”. Secondo una stima dell’Ispi – l’Istituto per gli studi e la ricerca in tema di politica internazionale – vi sono oltre 40.000 stranieri irregolari in più.

In tema di permessi umanitari, invero, gli esperti sostengono che gli immigrati, pur avendo perso la tutela prevista dalla legge, di fatto non sono stati espulsi dal territorio italiano.

Lo studio realizzato dall’Ispi si fonda sui dati formulati dal Ministero dell’Interno, relativamente al periodo giugno 2018/febbraio 2019. È stato calcolato che 49.460 migranti hanno ricevuto il diniego a qualsiasi richiesta di asilo. Nel medesimo periodo, però, soltanto 4.806 stranieri sono stati fisicamente allontanati dal nostro Paese. Ne deriva che gli altri 44.654 casi sono quelli dei migranti privati di ogni forma di assistenza da parte della legge ma che, ciò nonostante, debbono – in qualche modo – sopravvivere. A dire dell’Ispi, l’aumento degli irregolari scaturisce sia dalla circolare distribuita alle diverse Prefetture, con cui si sollecitava maggiore severità nella concessione della protezione umanitaria, che dal “Decreto Sicurezza”, che ha contribuito alla restrizione di possibilità per i richiedenti asilo.

Per ovviare al fatto che la illegalità potrebbe costituire, per queste persone, l’unica via per vivere, la Caritas ha deciso di incrementare l’accoglienza riservata proprio ai nuovi irregolari, che non hanno mezzi di sussistenza per mantenersi.

Più specificamente la Caritas Ambrosiana, emanazione della Diocesi di Milano, ha istituito una sorta di “fondo di solidarietà per gli esclusi dall’accoglienza”, destinato agli stranieri che si sono visti interrompere il percorso di integrazione, a causa delle nuove norme, e sono stati per questo allontanati dai centri di accoglienza che fanno capo alle Prefetture. Basti pensare che soltanto a Milano già duecento persone si sono ritrovate in questa situazione.

Il report di marzo dell’Eurostat (l’Istituto di Statistica dell’Unione Europea) – diffuso di recente – ha evidenziato un netto calo del fenomeno immigratorio in Italia. Non si parla solo gli sbarchi – scesi a poche centinaia – ma anche di richieste di asilo. Le domande relative all’anno 2018 sono state 580.000, con un calo dell’11% rispetto all’anno precedente, ma la metà in meno rispetto alla grande crisi migratoria del 2015. Le principali zone di provenienza sono Siria, Iraq e Afghanistan. Nonostante non vi siano, per ovvi motivi, sbarchi, i due stati europei che hanno dato assistenza al maggior numero di coloro che hanno richiesto asilo politico sono la Germania (28% del totale) e la Francia (19%). A seguire in graduatoria vi sono la Grecia e la Spagna (rispettivamente 11 e 9%). L’Italia è la quinta, avendo accolto 49.000 richiedenti asilo pari all’8% del totale europeo.

Avv. Jacopo Pitorri

L’isola di Lampedusa

Lampedusa è la più estesa dell’arcipelago delle Pelagie, nel mar Mediterraneo, e fa parte della provincia di Agrigento. È conosciuta per le spiagge, tra cui la Spiaggia dei Conigli, con acque poco profonde ed una vigorosa vita marina. Sulla costa meridionale, si affaccia sull’Area Marina Protetta Isole Pelagie, luogo di deposizione delle uova per le tartarughe marine. Ad est, invece, vi è la piccola Cala Greca, che è una spiaggia protetta. I delfini affollano le acque intorno all’isola.

Lampedusa è la più estesa dell’arcipelago delle Pelagie, nel mar Mediterraneo, e fa parte della provincia di Agrigento. È conosciuta per le spiagge, tra cui la Spiaggia dei Conigli, con acque poco profonde ed una vigorosa vita marina. Sulla costa meridionale, si affaccia sull’Area Marina Protetta Isole Pelagie, luogo di deposizione delle uova per le tartarughe marine. Ad est, invece, vi è la piccola Cala Greca, che è una spiaggia protetta. I delfini affollano le acque intorno all’isola.

Lampedusa è un vero paradiso. Per la sua posizione tra le coste nordafricane e il sud d’Europa, tuttavia, l’isola negli ultimi venticinque anni è divenuta una delle principali mete delle rotte dei migranti africani nel Mediterraneo. È stato – da subito –  costruito un centro di accoglienza temporanea da ottocento posti, gestito dal Ministero dell’Interno, atto alla identificazione dei migranti e al loro trasferimento. Specie nel periodo estivo migranti e rifugiati, partiti dai porti tunisini e libici vengono soccorsi in mare dalle motovedette della Guardia Costiera e/o della Guardia di Finanza, ovvero dalle navi delle Ong.

Il primo sbarco risale all’ottobre del 1992. Il primo naufragio documentato, con perdita di vite umane, si è verificato il 25 aprile 1996, quando ventuno tunisini sono annegati a causa delle proibitive condizioni meteorologiche. In venti anni l’isola ha visto sbarcare circa quattrocentomila migranti. Si ritiene che almeno quindicimila abbiano perso la vita in mare, nel tentativo di raggiungerla.

Il massimo di afflusso si è raggiunto tra marzo e aprile 2011: seimilacinquecento migranti presenti sull’isola, a fronte di circa seimila residenti.

 Si rammenta che l’8 luglio 2013, Papa Francesco ha compiuto a Lampedusa il suo primo viaggio apostolico, sul tema dell’accoglienza dei migranti.

I tragici, drammatici eventi di tutti questi anni hanno visto la popolazione locale impegnata in una catena di solidarietà (solo nel 2011 l’isola ha accolto e sfamato ben undicimila nuovi arrivati), che ha portato l’isola ad essere proposta per il Premio Nobel per la pace. Nel 2012 l’isola di Lampedusa ha ricevuto la medaglia d’oro al valor civile da parte della Regione siciliana. Nel 2015 ha ricevuto, per le sue caratteristiche di “Umanità, Imparzialità, Neutralità, Indipendenza, Volontarietà, Unità, Universalità”, la medaglia d’oro al merito da parte della Croce Rossa Italiana

Nell’estate del 2014 una coppia di coniugi, Christopher e Regina Catrambone, ha lanciato il progetto MOAS (Migrant Offshore Aid Station), un progetto di ricerca e soccorso in mare dei migranti totalmente finanziato da privati e supportato dall’associazione Medici senza frontiere. Durante i sessanta giorni di missione del 2014 il progetto ha assistito e portato in salvo ben tremila persone, mentre nel corso del 2015 il numero di persone assistite è salito a più di sedicimila.  Nel dicembre 2015 MOAS ha ricevuto dall’isola di Malta la Medaglia al Servizio per la Repubblica. Nell’ottobre 2015 il Presidente Sergio Mattarella ha conferito l’onorificenza dell’Ordine al merito della Repubblica italiana alla cofondatrice di MOAS, Regina Catrambone.

Nel corso del 2016 gli sbarchi sono proseguiti toccando un picco di 1200 arrivi nella sola giornata del 31 agosto.

Oggi la situazione,  è notevolmente cambiata. La presenza di migranti approdati sull’isola,  è molto  diminuita. E’ bene rammentare che chi arriva a Lampedusa ha scelto di sfidare il mare, affrontando un viaggio pericoloso, per lasciarsi alle spalle dolore e sofferenze, auspicando in una vita migliore. Qui, tra l’isola e le destinazioni dei pochi voli e delle poche navi che la lasciano, è messo a dura prova il governo delle migrazioni nella sua essenza.

Spesso è difficile stabilire se si tratta di clandestini o profughi. Viene quasi da pensare che si tratta di clandestini, posto che nessuno può permettersi di ammettere che anni di violenze e  razzismi non siano riusciti a bloccare i movimenti di persone. Sono, invece, profughi, all’occorrenza, quando ciò può servire a recuperare qualche posto presso i centri di accoglienza dei richiedenti asilo politico,  magari per allentare la tensione. Tornano ad essere clandestini per essere detenuti in una tendopoli , per poi essere scaricati sul ciglio di una strada con un foglio di via ed un destino da irregolari. Situazione complessa, quindi, quella della meravigliosa isola siciliana.

In tutto ciò, in questi giorni, il Sindaco di Bologna e quelli di Lampedusa e Linosa, partecipando a un incontro sulla protezione internazionale dei rifugiati (organizzato dal Comune e dall’ateneo di Bologna), hanno dato il via ad una iniziativa per invitare i sindaci italiani a costruire canali di immigrazione regolari e aderire al “Global Migration Compact”, patto non vincolante tra i Paesi Onu che l’Italia non ha firmato, per gestire i flussi migratori.

Dalle tre autorità è emerso un concetto di non poco rilievo: quello relativo alla necessità di sviluppare patti di collaborazione tra città, a iniziare da quelle del Mediterraneo, con l’obiettivo di sviluppare rapporti economici, commerciali e culturali. Serve, cioè,  concreta integrazione e canali di immigrazione legali, ordinati e sicuri.

Lampedusa è la più estesa dell’arcipelago delle Pelagie, nel mar Mediterraneo, e fa parte della provincia di Agrigento. È conosciuta per le spiagge, tra cui la Spiaggia dei Conigli, con acque poco profonde ed una vigorosa vita marina. Sulla costa meridionale, si affaccia sull’Area Marina Protetta Isole Pelagie, luogo di deposizione delle uova per le tartarughe marine. Ad est, invece, vi è la piccola Cala Greca, che è una spiaggia protetta. I delfini affollano le acque intorno all’isola.

Lampedusa è un vero paradiso. Per la sua posizione tra le coste nordafricane e il sud d’Europa, tuttavia, l’isola negli ultimi venticinque anni è divenuta una delle principali mete delle rotte dei migranti africani nel Mediterraneo. È stato – da subito – costruito un centro di accoglienza temporanea da ottocento posti, gestito dal Ministero dell’Interno, atto alla identificazione dei migranti e al loro trasferimento. Specie nel periodo estivo migranti e rifugiati, partiti dai porti tunisini e libici vengono soccorsi in mare dalle motovedette della Guardia Costiera e/o della Guardia di Finanza, ovvero dalle navi delle Ong.

Il primo sbarco risale all’ottobre del 1992. Il primo naufragio documentato, con perdita di vite umane, si è verificato il 25 aprile 1996, quando ventuno tunisini sono annegati a causa delle proibitive condizioni meteorologiche. In venti anni l’isola ha visto sbarcare circa quattrocentomila migranti. Si ritiene che almeno quindicimila abbiano perso la vita in mare, nel tentativo di raggiungerla.

Il massimo di afflusso si è raggiunto tra marzo e aprile 2011: seimilacinquecento migranti presenti sull’isola, a fronte di circa seimila residenti.

 Si rammenta che l’8 luglio 2013, Papa Francesco ha compiuto a Lampedusa il suo primo viaggio apostolico, sul tema dell’accoglienza dei migranti.

I tragici, drammatici eventi di tutti questi anni hanno visto la popolazione locale impegnata in una catena di solidarietà (solo nel 2011 l’isola ha accolto e sfamato ben undicimila nuovi arrivati), che ha portato l’isola ad essere proposta per il Premio Nobel per la pace. Nel 2012 l’isola di Lampedusa ha ricevuto la medaglia d’oro al valor civile da parte della Regione siciliana. Nel 2015 ha ricevuto, per le sue caratteristiche di “Umanità, Imparzialità, Neutralità, Indipendenza, Volontarietà, Unità, Universalità”, la medaglia d’oro al merito da parte della Croce Rossa Italiana

Nell’estate del 2014 una coppia di coniugi, Christopher e Regina Catrambone, ha lanciato il progetto MOAS (Migrant Offshore Aid Station), un progetto di ricerca e soccorso in mare dei migranti totalmente finanziato da privati e supportato dall’associazione Medici senza frontiere. Durante i sessanta giorni di missione del 2014 il progetto ha assistito e portato in salvo ben tremila persone, mentre nel corso del 2015 il numero di persone assistite è salito a più di sedicimila.  Nel dicembre 2015 MOAS ha ricevuto dall’isola di Malta la Medaglia al Servizio per la Repubblica. Nell’ottobre 2015 il Presidente Sergio Mattarella ha conferito l’onorificenza dell’Ordine al merito della Repubblica italiana alla cofondatrice di MOAS, Regina Catrambone.

Nel corso del 2016 gli sbarchi sono proseguiti toccando un picco di 1200 arrivi nella sola giornata del 31 agosto.

Oggi la situazione è notevolmente cambiata. La presenza di migranti approdati sull’isola, è molto diminuita. È bene rammentare che chi arriva a Lampedusa ha scelto di sfidare il mare, affrontando un viaggio pericoloso, per lasciarsi alle spalle dolore e sofferenze, auspicando in una vita migliore. Qui, tra l’isola e le destinazioni dei pochi voli e delle poche navi che la lasciano, è messo a dura prova il governo delle migrazioni nella sua essenza.

Spesso è difficile stabilire se si tratta di clandestini o profughi. Viene quasi da pensare che si tratta di clandestini, posto che nessuno può permettersi di ammettere che anni di violenze e razzismi non siano riusciti a bloccare i movimenti di persone. Sono, invece, profughi, all’occorrenza, quando ciò può servire a recuperare qualche posto presso i centri di accoglienza dei richiedenti asilo politico, magari per allentare la tensione. Tornano ad essere clandestini per essere detenuti in una tendopoli, per poi essere scaricati sul ciglio di una strada con un foglio di via ed un destino da irregolari. Situazione complessa, quindi, quella della meravigliosa isola siciliana.

In tutto ciò, in questi giorni, il Sindaco di Bologna e quelli di Lampedusa e Linosa, partecipando a un incontro sulla protezione internazionale dei rifugiati (organizzato dal Comune e dall’ateneo di Bologna), hanno dato il via ad una iniziativa per invitare i sindaci italiani a costruire canali di immigrazione regolari e aderire al “Global Migration Compact”, patto non vincolante tra i Paesi Onu che l’Italia non ha firmato, per gestire i flussi migratori.

Dalle tre autorità è emerso un concetto di non poco rilievo: quello relativo alla necessità di sviluppare patti di collaborazione tra città, a iniziare da quelle del Mediterraneo, con l’obiettivo di sviluppare rapporti economici, commerciali e culturali. Serve, cioè, concreta integrazione e canali di immigrazione legali, ordinati e sicuri.

Avv. Jacopo Maria Pitorri

La crisi dei migranti in Europa

L’immigrazione in Europa è aumentata significativamente dal 2015. L’Unione Europea è sempre in costante attività per affrontare nel modo migliore questa crisi senza precedenti. Negli ultimi anni, invero milioni di persone sono arrivati in Europa in fuga dai conflitti, dal terrore e dalle persecuzioni che imperversano nei loro paesi di origine. Basti pensare che delle prime 1,2 milioni domande di asilo presentate in Europa nel 2016, oltre un quarto provenivano dalla Siria, ormai devastata dalla guerra. Ed anche in Afghanistan e Iraq i civili sono costantemente minacciati dai gruppi di ribelli estremisti.

A marzo 2016 l’Unione europea e il governo turco hanno raggiunto un accordo per inviare in Turchia tutti i migranti irregolari che la attraversano per arrivare alle isole greche. Dal  maggio del 2016, pertanto, si è verificato un ingente aumento del numero di migranti che attraversano il Mediterraneo dall’Africa verso le coste italiane.

La crisi dei migranti in Europa ha messo in evidenza le carenze del Sistema europeo comune di asilo.

Oltre un anno fa, a novembre 2017 gli eurodeputati hanno approvato la posizione del Parlamento sulla riforma del sistema di Dublino, che statuisce il paese responsabile per le domande di asilo.  Anche il Parlamento europeo ha sempre partecipato ai lavori per adottare nuove misure per la gestione dell’immigrazione clandestina, per il potenziamento dei controlli delle frontiere e per la creazione di un sistema più efficace di raccolta e archiviazione delle informazioni su coloro che entrano nell’UE.

Posto che il regolamento di Dublino ha contribuito a lasciare a paesi di confine come Grecia e Italia la gran parte del carico delle crisi migratorie degli ultimi anni, oltre ad una radicale riforma del sistema, il Parlamento europeo chiede di rendere più efficaci le verifiche alle frontiere e migliorare la capacità degli Stati membri di monitorare le persone che entrano in Europa. Gli eurodeputati, in buona sostanza, intendono porre in essere delle regole europee chiare per distinguere fra immigrati e rifugiati, in modo da assicurare un trattamento corretto dei richiedenti asilo, facendo anche in modo che ogni Stato membro contribuisca equamente alla ridistribuzione dei rifugiati.

Il 2018 è stato un anno in cui il tema dei migranti è stato cruciale nel dibattito politico sia italiano che europeo. Navi bloccate in mezzo al mare, porti chiusi e giochi di forza tra stati europei, il tutto sulla pelle di coloro che il mare lo devono affrontare con l’illusione di una nuova e migliore vita. Considerando l’insieme delle coste europee, nell’ultimo anno sono giunti 138.882 migranti (nel 2017 sono arrivate 172.301 persone). Per quanto riguarda l’Italia, il 2018 è stato un anno in cui le migrazioni nel Mediterraneo sono sensibilmente calate. Dall’inizio del 2018 sono stati 16.566 i migranti sbarcati in Italia, il 79,07% in meno rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, quando ne arrivarono 79.154. Sono i dati resi noti dal Viminale, aggiornati al 28 giugno, dai quali arriva la conferma di un calo drastico degli arrivi, con il dodicesimo mese consecutivo in cui si registra un calo.

L’ultimo picco negli sbarchi si è infatti esattamente nel giugno del 2017, quando in un solo mese sbarcarono 23.526 persone.

Mentre calano in Italia però, aumentano in Spagna. In terra iberica, infatti, nel 2018 sono giunte più di 64mila persone cioè 37mila in più del 2017.

In tema di migrazioni nel Mediterraneo c’è un altro Stato che accoglie più persone dell’Italia. Si tratta della Grecia che nel 2018 ha visto giungere sulle sue coste circa 33mila persone, vale a dire tremila in più dell’anno precedente. In Grecia sono arrivati principalmente afghani (27,7%), siriani (24,4%) e iraqueni (18%).

Per dovere di cronaca, si evidenzia che 2.297 persone  nelle coste europee non ci sono mai arrivate. Prendendo in considerazione solamente ilMediterraneo centrale, quindi la rotta che dalla Libia dovrebbe giungere in linea d’aria a Malta o nelle coste Italiane, sono state 1.311 le persone che sono rimaste in mare, un numero di certo inferiore ai 2.872 morti riscontrati nel 2017 ma con un tasso di mortalità molto più elevato. Nel 2018 cinque persone su 100 (5,6%) hanno perso la vita nel nostro mare, nel tentativo di  raggiungere l’Italia.

Ad avviso del Ministero dell’Interno, le quote 2019 dovrebbero ricalcare, in grandi linee, quelle 2018. Dei 30.850 posti, più della metà sono riservati ai lavoratori stagionali, quelli impiegati per lo più nelle aziende agricole per le stagioni del raccolto e che – perlomeno in teoria – alla fine del contratto dovrebbero lasciare il Paese. Il restante  sono per i lavori non stagionali, ma anche qui la fascia più ingente (poco meno di diecimila) è riservata alle riconversioni in permessi di lavoro di altre tipologie di permessi. Particolare attenzione viene data per salvare dall’espulsione i tanti minori non accompagnati (che compiono 18 anni), ovvero le migliaia di immigrati, i più integrati, che lavorano già con la protezione umanitaria ottenuta con le vecchie regole.

L’immigrazione in Europa è aumentata significativamente dal 2015. L’Unione Europea è sempre in costante attività per affrontare nel modo migliore questa crisi senza precedenti. Negli ultimi anni, invero milioni di persone sono arrivati in Europa in fuga dai conflitti, dal terrore e dalle persecuzioni che imperversano nei loro paesi di origine. Basti pensare che delle prime 1,2 milioni domande di asilo presentate in Europa nel 2016, oltre un quarto provenivano dalla Siria, ormai devastata dalla guerra. Ed anche in Afghanistan e Iraq i civili sono costantemente minacciati dai gruppi di ribelli estremisti.

A marzo 2016 l’Unione europea e il governo turco hanno raggiunto un accordo per inviare in Turchia tutti i migranti irregolari che la attraversano per arrivare alle isole greche. Dal maggio del 2016, pertanto, si è verificato un ingente aumento del numero di migranti che attraversano il Mediterraneo dall’Africa verso le coste italiane.

La crisi dei migranti in Europa ha messo in evidenza le carenze del Sistema europeo comune di asilo.

Oltre un anno fa, a novembre 2017 gli eurodeputati hanno approvato la posizione del Parlamento sulla riforma del sistema di Dublino, che statuisce il paese responsabile per le domande di asilo.  Anche il Parlamento europeo ha sempre partecipato ai lavori per adottare nuove misure per la gestione dell’immigrazione clandestina, per il potenziamento dei controlli delle frontiere e per la creazione di un sistema più efficace di raccolta e archiviazione delle informazioni su coloro che entrano nell’UE.

Posto che il regolamento di Dublino ha contribuito a lasciare a paesi di confine come Grecia e Italia la gran parte del carico delle crisi migratorie degli ultimi anni, oltre ad una radicale riforma del sistema, il Parlamento europeo chiede di rendere più efficaci le verifiche alle frontiere e migliorare la capacità degli Stati membri di monitorare le persone che entrano in Europa. Gli eurodeputati, in buona sostanza, intendono porre in essere delle regole europee chiare per distinguere fra immigrati e rifugiati, in modo da assicurare un trattamento corretto dei richiedenti asilo, facendo anche in modo che ogni Stato membro contribuisca equamente alla ridistribuzione dei rifugiati.

Il 2018 è stato un anno in cui il tema dei migranti è stato cruciale nel dibattito politico sia italiano che europeo. Navi bloccate in mezzo al mare, porti chiusi e giochi di forza tra stati europei, il tutto sulla pelle di coloro che il mare lo devono affrontare con l’illusione di una nuova e migliore vita. Considerando l’insieme delle coste europee, nell’ultimo anno sono giunti 138.882 migranti (nel 2017 sono arrivate 172.301 persone). Per quanto riguarda l’Italia, il 2018 è stato un anno in cui le migrazioni nel Mediterraneo sono sensibilmente calate. Dall’inizio del 2018 sono stati 16.566 i migranti sbarcati in Italia, il 79,07% in meno rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, quando ne arrivarono 79.154. Sono i dati resi noti dal Viminale, aggiornati al 28 giugno, dai quali arriva la conferma di un calo drastico degli arrivi, con il dodicesimo mese consecutivo in cui si registra un calo.

L’ultimo picco negli sbarchi si è infatti esattamente nel giugno del 2017, quando in un solo mese sbarcarono 23.526 persone.

Mentre calano in Italia però, aumentano in Spagna. In terra iberica, infatti, nel 2018 sono giunte più di 64mila persone cioè 37mila in più del 2017.

In tema di migrazioni nel Mediterraneo c’è un altro Stato che accoglie più persone dell’Italia. Si tratta della Grecia che nel 2018 ha visto giungere sulle sue coste circa 33mila persone, vale a dire tremila in più dell’anno precedente. In Grecia sono arrivati principalmente afghani (27,7%), siriani (24,4%) e iraqueni (18%).

Per dovere di cronaca, si evidenzia che 2.297 persone nelle coste europee non ci sono mai arrivate. Prendendo in considerazione solamente ilMediterraneo centrale, quindi la rotta che dalla Libia dovrebbe giungere in linea d’aria a Malta o nelle coste Italiane, sono state 1.311 le persone che sono rimaste in mare, un numero di certo inferiore ai 2.872 morti riscontrati nel 2017 ma con un tasso di mortalità molto più elevato. Nel 2018 cinque persone su 100 (5,6%) hanno perso la vita nel nostro mare, nel tentativo di raggiungere l’Italia.

Ad avviso del Ministero dell’Interno, le quote 2019 dovrebbero ricalcare, in grandi linee, quelle 2018. Dei 30.850 posti, più della metà sono riservati ai lavoratori stagionali, quelli impiegati per lo più nelle aziende agricole per le stagioni del raccolto e che – perlomeno in teoria – alla fine del contratto dovrebbero lasciare il Paese. Il restante è per i lavori non stagionali, ma anche qui la fascia più ingente (poco meno di diecimila) è riservata alle riconversioni in permessi di lavoro di altre tipologie di permessi. Particolare attenzione viene data per salvare dall’espulsione i tanti minori non accompagnati (che compiono 18 anni), ovvero le migliaia di immigrati, i più integrati, che lavorano già con la protezione umanitaria ottenuta con le vecchie regole.

Avv. Jacopo Pitorri

Migranti, morte in tendopoli

Anche se tutti speravano di non dover più assistere a simili tragedie, è accaduto ancora. La tendopoli di San Ferdinando (Reggio Calabria) – gestita prima dal Comune ed ora dalla Caritas – doveva essere la soluzione contro incendi, degrado, paura e morte. La tendopoli si trova a poche centinaia di metri dalla vecchia baraccopoli – smantellata nelle scorse settimane – nella quale, in un anno, tre migranti sono morti a causa di incendi divampati nelle strutture fatiscenti con cui era realizzata. A causa di un nuovo rogo, divampato la scorsa notte, uno degli ospiti della struttura ha pagato con la propria vita. Non è ancora chiaro né chi fosse il bracciante deceduto, tantomeno la dinamica: l’incendio si sarebbe sviluppato in un angolo di una tenda da sei posti, dove c’erano diversi cavi elettrici. Eppure, la struttura avrebbe dovuto essere ignifuga, pertanto sicura.

Anche se tutti speravano di non dover più assistere a simili tragedie, è accaduto ancora. La tendopoli di San Ferdinando (Reggio Calabria) – gestita prima dal Comune ed ora dalla Caritas –  doveva essere la soluzione contro incendi, degrado, paura e morte. La tendopoli si trova a poche centinaia di metri dalla vecchia baraccopoli – smantellata nelle scorse settimane – nella quale, in un anno, tre migranti sono morti a causa di incendi divampati nelle strutture fatiscenti con cui era realizzata. A causa di un nuovo rogo, divampato la scorsa notte, uno degli ospiti della struttura ha pagato con la propria vita. Non è ancora chiaro né chi fosse il bracciante deceduto, tantomeno la dinamica: l’incendio si sarebbe sviluppato in un angolo di una tenda da sei posti, dove c’erano diversi cavi elettrici. Eppure la struttura avrebbe dovuto essere ignifuga, pertanto sicura.

L’uomo (ancora senza nome) è, purtroppo, il terzo ucciso dal fuoco da quando i braccianti della Piana sono stati confinati nella seconda zona industriale di San Ferdinando. Lo scorso 16 febbraio, infatti, aveva perso la vita un ventinovenne di origine senegalese. Precedentemente, il 2 dicembre 2018, poco prima di compiere diciotto anni, era morto Surawa Jaith e ancora prima la ventiseienne nigeriana Becky Moses.

Sul posto sono prontamente intervenuti i vigili del fuoco, che hanno domato le fiamme. Nell’incendio è andata distrutta solo una tenda. La tendopoli, realizzata alcuni anni fa dalla Protezione civile, è vigilata ed  attrezzata, con presenza di servizi igienici e presidi sanitari. All’inizio di marzo di quest’anno è stata ampliata per permettere il trasferimento di una parte dei migranti che viveva nella baraccopoli – una struttura fatiscente fatta di baracche in lamiera, plastica e cartone – sorta a poche centinaia di metri e che è arrivata ad ospitare, nel periodo invernale della raccolta degli agrumi, anche tremila persone. Baraccopoli che è stata definitivamente abbattuta il 7 marzo scorso. I migranti che sono confluiti nella nuova tendopoli sono stati complessivamente ottocentoquaranta (precedentemente erano poco più di quattrocento).

La tendopoli si ritiene che  non sia certo una soluzione adeguata per i migranti e che  può essere  indispensabile, perciò, utilizzare urgentemente le case vuote nella zona, superando le diffidenze e coinvolgendo la popolazione, spinti da solidarietà e umanità al fine di restituire la dignità di esseri umani e lavoratori a queste persone.

A San Ferdinando non si può più tollerare né degrado, né morti.
Come accennato, la baraccopoli abusiva, demolita nei giorni scorsi, aveva ospitato fino a tremila immigrati. Successivamente allo sgombero del 7 marzo agli stranieri con permesso di soggiorno è stata fornita una sistemazione alternativa e controllata.

Anche se tutti speravano di non dover più assistere a simili tragedie, è accaduto ancora. La tendopoli di San Ferdinando (Reggio Calabria) – gestita prima dal Comune ed ora dalla Caritas – doveva essere la soluzione contro incendi, degrado, paura e morte. La tendopoli si trova a poche centinaia di metri dalla vecchia baraccopoli – smantellata nelle scorse settimane – nella quale, in un anno, tre migranti sono morti a causa di incendi divampati nelle strutture fatiscenti con cui era realizzata. A causa di un nuovo rogo, divampato la scorsa notte, uno degli ospiti della struttura ha pagato con la propria vita. Non è ancora chiaro né chi fosse il bracciante deceduto, tantomeno la dinamica: l’incendio si sarebbe sviluppato in un angolo di una tenda da sei posti, dove c’erano diversi cavi elettrici. Eppure, la struttura avrebbe dovuto essere ignifuga, pertanto sicura.

L’uomo (ancora senza nome) è, purtroppo, il terzo ucciso dal fuoco da quando i braccianti della Piana sono stati confinati nella seconda zona industriale di San Ferdinando. Lo scorso 16 febbraio, infatti, aveva perso la vita un ventinovenne di origine senegalese. Precedentemente, il 2 dicembre 2018, poco prima di compiere diciotto anni, era morto Surawa Jaith e ancora prima la ventiseienne nigeriana Becky Moses.

Sul posto sono prontamente intervenuti i vigili del fuoco, che hanno domato le fiamme. Nell’incendio è andata distrutta solo una tenda. La tendopoli, realizzata alcuni anni fa dalla Protezione civile, è vigilata ed attrezzata, con presenza di servizi igienici e presidi sanitari. All’inizio di marzo di quest’anno è stata ampliata per permettere il trasferimento di una parte dei migranti che viveva nella baraccopoli – una struttura fatiscente fatta di baracche in lamiera, plastica e cartone – sorta a poche centinaia di metri e che è arrivata ad ospitare, nel periodo invernale della raccolta degli agrumi, anche tremila persone. Baraccopoli che è stata definitivamente abbattuta il 7 marzo scorso. I migranti che sono confluiti nella nuova tendopoli sono stati complessivamente ottocentoquaranta (precedentemente erano poco più di quattrocento).

La tendopoli si ritiene che non sia certo una soluzione adeguata per i migranti e che può essere indispensabile, perciò, utilizzare urgentemente le case vuote nella zona, superando le diffidenze e coinvolgendo la popolazione, spinti da solidarietà e umanità al fine di restituire la dignità di esseri umani e lavoratori a queste persone.

A San Ferdinando non si può più tollerare né degrado, né morti.
Come accennato, la baraccopoli abusiva, demolita nei giorni scorsi, aveva ospitato fino a tremila immigrati. Successivamente allo sgombero del 7 marzo agli stranieri con permesso di soggiorno è stata fornita una sistemazione alternativa e controllata.

Avv. Jacopo Maria Pitorri

L’ONU e i paesi in difficoltà

A seguito del disastro causato dal ciclone tropicale Idai in Mozambico, Zimbabwe e Malawi, il capo degli affari umanitari dell’Onu ha comunicato che verranno stanziati venti milioni di dollari dal fondo per le emergenze delle Nazioni Unite, al fine di aiutare la popolazione in difficoltà (sono almeno 300 le persone morte a causa del ciclone Idai, che ha provocato l’esondazione dei fiumi e sommerso vaste aree, causando strade interrotte, ponti distrutti, blackout elettrico). La maggior parte del finanziamento sarà destinato al Mozambico, il paese maggiormente colpito (tra l’altro il più povero al mondo), dove, secondo le autorità, il bilancio delle vittime potrebbe arrivare ad oltre mille morti.

A seguito del disastro causato dal ciclone tropicale Idai in Mozambico, Zimbabwe e Malawi, il capo degli affari umanitari dell’Onu ha comunicato che verranno stanziati venti milioni di dollari dal fondo per le emergenze delle Nazioni Unite, al fine di aiutare la popolazione in difficoltà (sono almeno 300 le persone morte a causa del ciclone Idai, che ha provocato l’esondazione dei fiumi e sommerso vaste aree, causando strade interrotte, ponti distrutti, black-out elettrico). La maggior parte del finanziamento sarà destinato al Mozambico, il paese maggiormente colpito (tra l’altro il più povero al mondo), dove, secondo le autorità, il bilancio delle vittime potrebbe arrivare ad oltre mille morti.

In Malawi, invece, sono state colpite oltre novecentomila persone, con cinquantasei morti, quasi seicento feriti registrati, ed ottantatremila sfollati. Verrà fornita assistenza salvavita e sostegno alle comunità colpite; in particolare ad avere la priorità saranno gruppi vulnerabili come bambini, donne incinte o che allattano, persone con disabilità e affette da malattie croniche.

L’Organizzazione delle Nazioni Unite (in sigla ONU, sovente abbreviata in Nazioni Unite), è un’organizzazione intergovernativa a carattere internazionale, sorta il 24 ottobre 1945, successivamente alla fine della seconda guerra mondiale. Con l’entrata in vigore dello Statuto delle Nazioni Unite, vi hanno aderito 193 Stati del mondo sul totale dei 196 riconosciuti sovrani.

Tra gli scopi e i principi che l’organizzazione internazionale si è prefissata vi è quello di mantenere la pace e la sicurezza internazionale; promuovere la soluzione delle controversie internazionali e risolvere pacificamente le situazioni che potrebbero portare ad una rottura della pace; favorire la cooperazione economica e sociale ed il rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali a vantaggio di tutti gli individui; promuovere il rispetto per il diritto internazionale ed incoraggiarne lo sviluppo progressivo e la sua codificazione.

Il lavoro svolto nel mondo da questa importante organizzazione è di primaria importanza.

 Ad esempio  il Venezuela vive una drammatica situazione, sia a causa del  restringimento dello spazio democratico, che per l’inarrestabile criminalizzazione di proteste pacifiche e del dissenso. Solo quest’anno sono state documentate diverse violazioni dei diritti umani ed  abusi. Oltre ciò, le misure adottate per far fronte alla gravità della crisi umanitaria e alimentare si sono dimostrate del tutto insufficienti.

Si auspica che pertanto che  l’Onu possa dare il proprio apporto per cambiare le cose a garanzia dei diritti fondamentali dell’essere umano.

A seguito del disastro causato dal ciclone tropicale Idai in Mozambico, Zimbabwe e Malawi, il capo degli affari umanitari dell’Onu ha comunicato che verranno stanziati venti milioni di dollari dal fondo per le emergenze delle Nazioni Unite, al fine di aiutare la popolazione in difficoltà (sono almeno 300 le persone morte a causa del ciclone Idai, che ha provocato l’esondazione dei fiumi e sommerso vaste aree, causando strade interrotte, ponti distrutti, blackout elettrico). La maggior parte del finanziamento sarà destinato al Mozambico, il paese maggiormente colpito (tra l’altro il più povero al mondo), dove, secondo le autorità, il bilancio delle vittime potrebbe arrivare ad oltre mille morti.

In Malawi, invece, sono state colpite oltre novecentomila persone, con cinquantasei morti, quasi seicento feriti registrati, ed ottantatremila sfollati. Verrà fornita assistenza salvavita e sostegno alle comunità colpite; in particolare ad avere la priorità saranno gruppi vulnerabili come bambini, donne incinte o che allattano, persone con disabilità e affette da malattie croniche.

L’Organizzazione delle Nazioni Unite (in sigla ONU, sovente abbreviata in Nazioni Unite), è un’organizzazione intergovernativa a carattere internazionale, sorta il 24 ottobre 1945, successivamente alla fine della seconda guerra mondiale. Con l’entrata in vigore dello Statuto delle Nazioni Unite, vi hanno aderito 193 Stati del mondo sul totale dei 196 riconosciuti sovrani.

Tra gli scopi e i principi che l’organizzazione internazionale si è prefissata vi è quello di mantenere la pace e la sicurezza internazionale; promuovere la soluzione delle controversie internazionali e risolvere pacificamente le situazioni che potrebbero portare ad una rottura della pace; favorire la cooperazione economica e sociale ed il rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali a vantaggio di tutti gli individui; promuovere il rispetto per il diritto internazionale ed incoraggiarne lo sviluppo progressivo e la sua codificazione.

Il lavoro svolto nel mondo da questa importante organizzazione è di primaria importanza.

 Ad esempio, il Venezuela vive una drammatica situazione, sia a causa del restringimento dello spazio democratico, che per l’inarrestabile criminalizzazione di proteste pacifiche e del dissenso. Solo quest’anno sono state documentate diverse violazioni dei diritti umani ed abusi. Oltre ciò, le misure adottate per far fronte alla gravità della crisi umanitaria e alimentare si sono dimostrate del tutto insufficienti.

Si auspica che pertanto che l’Onu possa dare il proprio apporto per cambiare le cose a garanzia dei diritti fondamentali dell’essere umano.

Avv. Jacopo Maria Pitorri

La nave Mare Jonio che ha salvato 50 migranti

In meno di un giorno quello che stava per tramutarsi in un nuovo caso Diciotti è giunto all’epilogo. Si tratta della nave Mare Jonio, della ong italiana Mediterranea Saving Humans, arrivata a Lampedusa dopo aver soccorso in acque internazionali, a quarantadue miglia dalle coste libiche, cinquanta persone che si trovavano a bordo di un gommone in avaria, che imbarcava acqua. Sulla nave vi erano anche dodici minori, in mare da due giorni. I migranti hanno toccato terra urlando “liberté! Liberté!”, sbarcando tutti in condizioni piuttosto stabili, ma estremamente provati e con problemi di disidratazione. Il primo a scendere è stato un minore africano, avvolto da una sciarpa bianca, seguito da altri fanciulli. Una cornice palesemente toccante, con protagonisti i migranti e coloro che erano pronti ad accoglierli in porto, che applaudivano con evidente enfasi.

 Prima dello sbarco era anche salito a bordo il medico del Poliambutorio di Lampedusa, per accertarsi delle condizioni dei naufraghi.

Anche i membri dell’equipaggio della nave Mare Jonio sono sbarcati, senza che in quel momento venisse notificato loro alcun provvedimento, fatta eccezione per la convocazione in caserma del comandante della nave.

Il Viminale ha poi  comunicato che la Guardia di Finanza avrebbe proceduto al sequestro della nave Mare Jonio.

 Al comandante della Mare Jonio, pertanto, la Guardia di Finanza ha notificato il sequestro probatorio della nave, provvedimento emesso dalla Procura di Agrigento, che aveva disposto lo sbarco dei migranti a bordo, aprendo contestualmente un fascicolo a carico di ignoti per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.

Vi  sono state  persone come il Sindaco di Lampedusa che hanno manifestato sin dall’inizio.  “Il porto è aperto, non ci sono cannoni puntati”, ha dichiarato in mattinata, ricordando che sull’isola gli sbarchi non si sono mai fermati. Ed ha continuato: “Non c’è motivo che non entrino in porto, se sono in difficoltà. Non c’è nessuna ordinanza“. Anche un medico di Lampedusa ha fatto parlare di sé, nella vicenda. Lo stesso, invero, si è straordinariamente prodigato per curare il ventiquattrenne del Gambia, che era stato evacuato per una sospetta polmonite. Ora il ragazzo sta meglio ed è al centro d’accoglienza.

Particolare attenzione meritano le parole del comandante della nave: “Abbiamo persone che non stanno bene, devo portarle al sicuro e ci sono due metri di onda. Io non spengo nessun motore”, rivolgendosi via radio alla motovedetta della Guardia di Finanza che gli intimava di fermarsi. La Ong definisce il capitano della Mare Jonio “un vero capitano. Di professione è pescatore. Per decenni ha navigato in quel tratto di Mediterraneo che accomuna Libia, Italia e Tunisia. Oggi è il comandante della Mare Jonio. Abbandonare esseri umani in mare per un pescatore non è solo reato, è tradimento”.

Avv. Jacopo Pitorri

Migranti, bando per formazione e micro-finanziamenti per associazioni e ONG.

A seguito della a prima edizione del 2018 del Programma “Partecipazione, Azioni per la protezione e partecipazione dei rifugiati”, che aveva avuto un impatto non indifferente nella realizzazione di modelli di partecipazione da parte delle associazioni di rifugiati, recentemente, al fine di fornire risposte ancora più realistiche, efficaci e tangibili ai bisogni dei migranti, ha avuto inizio la seconda edizione del Programma promosso da Intersos e Unhcr.

Intersos è un’organizzazione non governativa italiana, umanitaria e senza scopo di lucro (fondata nel 1992), presente oggi in diciassette paesi del mondo, fra cui Libano, Sud Sudan, Iraq. È, tra l’altro, l’unica organizzazione non governativa italiana in Yemen. Unhcr è la principale organizzazione al mondo impegnata, in prima linea, a salvare vite umane e a proteggere i diritti di milioni di rifugiati.

Il Programma di questa seconda edizione, rivolto a tutte le associazioni di rifugiati, nonché alle organizzazioni radicate sul territorio (che favoriscono la partecipazione degli stessi), prevede tra i requisiti la indispensabile operatività in una delle  undici regioni target del programma: Lombardia, Veneto, Piemonte, Emilia-Romagna, Toscana, Lazio, Sardegna, Campania, Puglia, Calabria e Sicilia. Altra prerogativa deve essere quella di rispondere ad almeno una delle tre linee strategiche del Programma: protezione, partecipazione, coesione sociale.

Peculiare attenzione dell’edizione 2019 verrà data alla protezione delle persone vulnerabili (donne, anziani, persone sopravvissute a tortura, violenza sessuale, vittime di tratta, minori non accompagnati, persone portatrici di disabilità), al processo di crescita ed autodeterminazione femminile, nonché alle misure di contrasto alla discriminazione e alla xenofobia.

La valutazione delle domande spetterà ad un comitato di selezione, che ne dovrà scegliere fino ad un massimo di sedici. Successivamente, le organizzazioni identificate da Intersos e Unhcr potranno godere di un percorso di formazione, di un supporto economico ed entreranno a far parte di un network per lo scambio di buone pratiche.

Il percorso di formazione offerto è articolato in quattro moduli (da giugno ad ottobre 2019), ed è volto a rafforzare le competenze in diversi settori, tra cui: scrittura e gestione di progetti, fundraising (vale a dire la raccolta di fondi), comunicazione e public speaking (parlare in pubblico), protezione dei rifugiati. Il supporto economico, invece, sarà destinato alla realizzazione dei progetti selezionati.

Saranno erogati fino ad un massimo di sedici micro-finanziamenti, il cui importo può variare da cinque a ottomila euro, in virtù del progetto proposto, nonché delle capacità specifiche dell’organizzazione proponente.

I vincitori del bando, infine, avranno la possibilità di partecipare ad un evento di networking, a livello nazionale, per stimolare collaborazioni con le altre organizzazioni che hanno partecipato al Programma e consolidare reti.

Considerata la determinazione e l’entusiasmo delle organizzazioni che hanno partecipato alla prima edizione di “PartecipaAzione”, oltre al pregio e ai meriti delle iniziative locali realizzate grazie al progetto nel 2018, si auspica in una maggiore risposta partecipativa per questa edizione.

Avv. Jacopo Maria Pitorri

A Verona il Congresso Mondiale delle Famiglie.

Dal 29 al 31 marzo, a Verona, si è svolta la tredicesima edizione del congresso mondiale delle famiglie, dal titolo “Il Vento del Cambiamento: L’Europa e il Movimento Globale Pro-Family”. La kermesse si è sviluppata con conferenze e approfondimenti con l’obiettivo di “difendere la famiglia naturale, come sola unità stabile e fondamentale della soci”. Oltre ad una città assolutamente blindata, le porte sono state chiuse ai giornalisti. Per tre giorni ci sono stati anche cortei e manifestazioni di protesta di associazioni e movimenti.

Tra i relatori del cosiddetto “Family Day”, c’è stato il Ministro dell’Interno, oltre al Ministro per la Famiglia e la Disabilità e il Ministro dell’Istruzione. Al di là di noti esponenti politici, nonché al sindaco di Verona, ha preso la parola anche il Vescovo di Verona. Ben centocinquanta relatori giungeranno da tutto il mondo.

Si è trattato di un evento pubblico internazionale, volto ad unire ed a far collaborare leader, organizzazioni e famiglie allo scopo di celebrare e sostenere la famiglia naturale. Tant’è vero che tra i temi trattati sono stati: la bellezza del matrimonio, i diritti dei bambini, ecologia umana integrale, la donna nella storia, crescita e crisi demografica, salute e dignità della donna, tutela giuridica della vita e della famiglia, politiche aziendali per la famiglia e la natalità. Un richiamo particolare, al riguardo, va al’ articolo 16, comma 3, della Dichiarazione universale dei diritti umani, il quale specifica che: “La famiglia è l’unità di gruppo naturale e fondamentale della società e ha diritto alla protezione da parte della società e dello stato”.

Critiche e polemiche, nel corso di questo rilevante evento, non sono mancate. Vi sarà, infatti, chi è nemico dichiarato del mondo “Lgbt” (vale a dire omosessuali, lesbiche e trans). Vi sono stati gruppi antiabortista, che proclameranno la criminalizzazione dell’aborto e della surrogazione di maternità. Vi sono stati coloro che si opporranno all’istituto del divorzio ritenendo che esso sia parte del “declino familiare “.

Il clou c’è stato sabato 30 marzo, con il grande corteo di centinaia di associazioni che sono sfilate per la città, al fine di protestare contro “l’oscurantismo e il nuovo medioevo lanciato dal Congresso delle Famiglie”. Hanno partecipato non meno di circa trentamila persone.

Avv. Jacopo Maria Pitorri