In Bulgaria il Santo Padre ricorda: “Non chiudere le porte a chi bussa ai nostri confini”

La prima tappa della seconda giornata di Papa Francesco, che si è recato nei giorni scorsi in visita in Bulgaria, ha interessato il Centro di accoglienza profughi di Vrazhdebna. Papa Francesco, accolto dal direttore del Centro e dal direttore della Caritas all’ingresso principale della struttura, nel refettorio ha incontrato circa cinquanta persone (bambini e genitori). L’incontro si è svolto in un’atmosfera estremamente familiare e gioiosa, che ha avuto per protagonisti i bimbi. Alcuni di loro provengono dalla Siria e dall’Iraq. Toccante è stata la consegna al Papa dei disegni: un dono che il Santo Padre ha apprezzato molto, così come anche il coro dei bambini – dai sei ai dieci anni – che ha accompagnato tutta la visita. Bergoglio ha lasciato un’icona della Madonna, questo a dire la fondamentale presenza di Maria, della maternità, in un luogo di così grande sofferenza, ma anche di speranza (ciò che è, in realtà, questo centro di accoglienza per profughi).

La prima tappa della seconda giornata di Papa Francesco, che si è recato nei giorni scorsi in visita in Bulgaria, ha interessato il Centro di accoglienza profughi di Vrazhdebna. Papa Francesco, accolto dal direttore del Centro e dal direttore della Caritas all’ingresso principale della struttura, nel refettorio ha incontrato circa cinquanta persone (bambini e genitori). L’incontro si è svolto in un’atmosfera estremamente familiare e gioiosa, che ha avuto per protagonisti i bimbi. Alcuni di loro provengono dalla Siria e dall’Iraq. Toccante è stata  la consegna al Papa dei disegni: un dono che il Santo Padre ha apprezzato molto, così come anche il coro dei bambini  – dai sei ai dieci anni – che ha accompagnato tutta la visita. Bergoglio ha lasciato un’icona della Madonna, questo a dire la fondamentale presenza di Maria, della maternità, in un luogo di così grande sofferenza, ma anche di speranza (ciò che è, in realtà, questo centro di accoglienza per profughi).

Il Papa ha sottolineato,  che i bambini ci aiutano sempre a comprendere meglio quello che succede. Un cammino certamente doloroso  di questi bambini, delle loro famiglie nello sfuggire alla guerra, alla miseria, nel lasciare la loro patria e cercare di inserirsi in altre aree del mondo, ma anche un senso di speranza, ha specificato Papa Francesco. Il Papa ha, poi, lanciato un messaggio forte: “Oggi il mondo dei migranti e dei rifugiati è un po’ una croce, una croce dell’umanità, e la croce è tanta gente che soffre”.

Precedentemente, nel suo discorso alle autorità e alla società civile bulgare, a Sofia, alla presenza del presidente della Repubblica Rumen Radev, il Papa ha ricordato: “A voi, che conoscete il dramma dell’emigrazione, mi permetto di suggerire di non chiudere gli occhi, non chiudere il cuore e non chiudere la mano – come è nella vostra tradizione – a chi bussa alle vostre porte”.

L’accoglienza dei profughi a Vrazhdebna – di diverse nazionalità – è stata davvero calorosa. Vi sono state immagini commoventi di abbracci con il Papa, di uomini, donne, bambini. E’ stata molto suggestiva anche la testimonianza della volontaria della Caritas che ha introdotto questo momento, sottolineando come loro con molta semplicità ogni giorno lavorino per l’integrazione: insegnando la lingua, la lingua bulgara, quella inglese, cercando di vivere quotidianamente quello che il Papa ci dice sempre, cioè l’accoglienza, l’integrazione e l’accompagnamento di queste persone che soffrono.

Rammentiamo che il Centro profughi di Vrazhdebna è stato apertonel 2013, nel vecchio edificio di una ex scuola della periferia di Sofia. E’ uno dei tre siti per i rifugiati della capitale bulgara, oltre ai campi di Ovcha Kupel e di Voenna Rampa. A prendersi cura dei profughi sono le organizzazioni internazionali, la Caritas e le Ong locali. La Croce Rossa bulgara (finanziata dalla Federazione internazionale e dalla Croce rossa svizzera), distribuisce cibo, kit igienici e assistenza ai bambini. Da parte sua, la Caritas porta avanti anche in questo contesto il programma Share the journey, promosso dal Papa. In questo centro di accoglienza, con l’aiuto dell’Agenzia statale per i Profughi, assieme al Catholic Relief Services e all’Unicef, sono state avviate delle iniziative e delle attività, volte ad aiutare le persone che intendono integrarsi nella società bulgara.

Fino al 2012, la Bulgaria non era una meta privilegiata per il flusso dei migranti.  Tra il 2013 al 2015, tuttavia – in virtù della chiusura della rotta balcanica attraverso la Macedonia – vi è  stato un ingente aumento del 1.300%. L’Agenzia di Stato bulgara per i rifugiati, nel 2016, ha registrato 19.000 richieste di protezione internazionale. Un numero che ha sicuramente disorientato la gestione delle strutture di accoglienza del Paese, adatte soltanto a ricevere circa 5.000 rifugiati in sei strutture. Rientrata l’emergenza, nel 2018, la diminuzione di migranti clandestini è stata dell’85% rispetto agli anni precedenti.

La prima tappa della seconda giornata di Papa Francesco, che si è recato nei giorni scorsi in visita in Bulgaria, ha interessato il Centro di accoglienza profughi di Vrazhdebna. Papa Francesco, accolto dal direttore del Centro e dal direttore della Caritas all’ingresso principale della struttura, nel refettorio ha incontrato circa cinquanta persone (bambini e genitori). L’incontro si è svolto in un’atmosfera estremamente familiare e gioiosa, che ha avuto per protagonisti i bimbi. Alcuni di loro provengono dalla Siria e dall’Iraq. Toccante è stata la consegna al Papa dei disegni: un dono che il Santo Padre ha apprezzato molto, così come anche il coro dei bambini – dai sei ai dieci anni – che ha accompagnato tutta la visita. Bergoglio ha lasciato un’icona della Madonna, questo a dire la fondamentale presenza di Maria, della maternità, in un luogo di così grande sofferenza, ma anche di speranza (ciò che è, in realtà, questo centro di accoglienza per profughi).

Il Papa ha sottolineato, che i bambini ci aiutano sempre a comprendere meglio quello che succede. Un cammino certamente doloroso di questi bambini, delle loro famiglie nello sfuggire alla guerra, alla miseria, nel lasciare la loro patria e cercare di inserirsi in altre aree del mondo, ma anche un senso di speranza, ha specificato Papa Francesco. Il Papa ha, poi, lanciato un messaggio forte: “Oggi il mondo dei migranti e dei rifugiati è un po’ una croce, una croce dell’umanità, e la croce è tanta gente che soffre”.

Precedentemente, nel suo discorso alle autorità e alla società civile bulgare, a Sofia, alla presenza del presidente della Repubblica Rumen Radev, il Papa ha ricordato: “A voi, che conoscete il dramma dell’emigrazione, mi permetto di suggerire di non chiudere gli occhi, non chiudere il cuore e non chiudere la mano – come è nella vostra tradizione – a chi bussa alle vostre porte”.

L’accoglienza dei profughi a Vrazhdebna – di diverse nazionalità – è stata davvero calorosa. Vi sono state immagini commoventi di abbracci con il Papa, di uomini, donne, bambini. È stata molto suggestiva anche la testimonianza della volontaria della Caritas che ha introdotto questo momento, sottolineando come loro con molta semplicità ogni giorno lavorino per l’integrazione: insegnando la lingua, la lingua bulgara, quella inglese, cercando di vivere quotidianamente quello che il Papa ci dice sempre, cioè l’accoglienza, l’integrazione e l’accompagnamento di queste persone che soffrono.

Rammentiamo che il Centro profughi di Vrazhdebna è stato apertonel 2013, nel vecchio edificio di una ex scuola della periferia di Sofia. È uno dei tre siti per i rifugiati della capitale bulgara, oltre ai campi di Ovcha Kupel e di Voenna Rampa. A prendersi cura dei profughi sono le organizzazioni internazionali, la Caritas e le Ong locali. La Croce Rossa bulgara (finanziata dalla Federazione internazionale e dalla Croce Rossa svizzera) distribuisce cibo, kit igienici e assistenza ai bambini. Da parte sua, la Caritas porta avanti anche in questo contesto il programma Share the journey, promosso dal Papa. In questo centro di accoglienza, con l’aiuto dell’Agenzia statale per i Profughi, assieme al Catholic Relief Services e all’Unicef, sono state avviate delle iniziative e delle attività, volte ad aiutare le persone che intendono integrarsi nella società bulgara.

Fino al 2012, la Bulgaria non era una meta privilegiata per il flusso dei migranti.  Tra il 2013 al 2015, tuttavia – in virtù della chiusura della rotta balcanica attraverso la Macedonia – vi è stato un ingente aumento del 1.300%. L’Agenzia di Stato bulgara per i rifugiati, nel 2016, ha registrato 19.000 richieste di protezione internazionale. Un numero che ha sicuramente disorientato la gestione delle strutture di accoglienza del Paese, adatte soltanto a ricevere circa 5.000 rifugiati in sei strutture. Rientrata l’emergenza, nel 2018, la diminuzione di migranti clandestini è stata dell’85% rispetto agli anni precedenti.

Avvocato Iacopo Maria Pitorri

Il rinnovo del permesso di soggiorno alle persone con protezione internazionale

Da alcuni mesi, nella capitale, si è sviluppata una prassi particolare, specifica l’Avvocato Iacopo Maria Pitorri, che da sempre si interessa delle questioni legate agli immigrati, nell’ambito della sua attività forense. Più specificamente, segnala l’Avv. Pitorri, la Questura di Roma ha deciso di non rinnovare il permesso di soggiorno alle persone con protezione internazionale, che presentano un certificato di residenza presso un indirizzo convenzionale. Si tratta, cioè, di tutte le persone senza fissa dimora, o impossibilitate a dimostrare una residenza reale, legale (e non apparente),  come in assenza di un regolare contratto di locazione. Si ritiene che per quanto riguarda Roma, l’indirizzo di Via Modesta Valenti  viene  considerato l’indirizzo di residenza convenzionale per tutte le persone senza fissa dimora. Ebbene la Questura, purtroppo, ha dichiarato che la iscrizione presso gli indirizzi fittizi determina irreperibilità di fatto di chi la richiede e non si concili con le esigenze di ordine e sicurezza pubblica.

Conseguentemente a tutto ciò, il CIR (il Consiglio Italiano per i Rifugiati) e “A Buon Diritto” (membro della Rete legale di supporto ai migranti in transito), non sono rimasti a guardare ed hanno deciso di tutelare i diritti delle persone con protezione internazionale, presentando due istanze di accesso agli atti, in data  7/1/2019 e in data 25/1/2019, alla Prefettura, (Questura -Ufficio immigrazione e Comune di Roma), al fine di prendere visione delle “disposizioni di organi superiori”. E’, invero, rifacendosi agli “organi superiori” che la Questura ha giustificato il mancato rilascio del permesso di soggiorno. E vi è di più, specifica l’Avvocato Pitorri: il CIR e “A Buon Diritto” hanno deciso di rendere pubblici questi documenti, per fare in modo che tutti gli avvocati e le associazioni a tutela degli interessi del loro assistiti possano avere un valido strumento, utile per lo svolgimento dell’attività a favore di queste persone che, pur trovandosi in condizione di regolare permesso di soggiorno, vanno incontro a difficoltà a causa – appunto – della mancanza di residenza.

Specifica l’Avvocato Pitorri che la decisione della Questura si pone in  un palese contrasto con le disposizioni previste dalla Carta Costituzionale, dalla Legge Anagrafica, dal Testo Unico Immigrazione e dalle Circolari del Ministero dell’Interno. Dal momento, infatti, che l’iscrizione anagrafica è fondamentale per l’accesso a diritti costituzionalmente garantiti, l’iscrizione alla “residenza convenzionale” deve essere considerata come una normale iscrizione anagrafica. In caso contrario, si verrebbe a porre in essere un trattamento illegittimamente difforme tra cittadini che siano residenti in un dato territorio. Ne deriva che la mancanza di una “residenza effettiva” non può giustificare, ad oggi, in alcun modo il mancato rilascio del permesso di soggiorno, né un ritardo nella conclusione del procedimento amministrativo, posto che le conseguenze sulla vita delle persone bisognose di protezione internazionale potrebbero, verosimilmente, essere estremamente gravi in quanto si vedrebbero negata la possibilità di continuare a vivere dignitosamente nel nostro Paese, mettendo a rischio l’accesso ai servizi e la stessa condizione di regolarità sul territorio.

Avvocato Iacopo Maria Pitorri



L’avvocato Pitorri sostiene Padre Lino Spezia, socio onorario Culturidea

In Toscana,poco più di un anno fa (lo scorso 23 marzo 2018), nell’Aula Magna del Seminario Vescovile di Pistoia, durante il concerto per le scuole degli allievi del Liceo Musicale Forteguerri, l’associazione Culturidea ha nominato socio onorario padre Lino Spezia, uno dei responsabili dell’associazione Comboniana Servizio Emigranti e Profughi.  Quella della XV edizione del Festival della Musica e delle Arti Pistoia,  è stata senza dubbio una occasione per aggiungere un altro, importante nome tra coloro che hanno ricevuto questo importante riconoscimento. 

L’anno scorso il titolo di socio onorario Culturidea andò a suor Delfina e Riccardo Tesi. Negli anni scorsi sono stati insigniti dell’onorificenza mons. Umberto Pineschi, Carlo Bini, Wilma Vernocchi, Luigi Bardelli, Luigi Tronci, Perry Micheal Allen, Vanna Vanini Pratesi, Bruno Lapio, Graziano Uliani, Maurizio Tuci. Nel 2017 il premio è stato dato a suor Delfina e Riccardo Tesi. 

L’ACSE, che Padre Lino Spezia dirige con devozione, costanza e serietà, pur essendo investita da molteplici cambiamenti – in linea con la realtà che la circonda – ha sempre mantenuto vivo lo spirito di solidarietà ed accoglienza nei confronti degli stranieri.

Padre Lino Spezia è stato il testimone delle diverse attività che, per anni, si sono susseguiti al fine di rispondere alle esigenze dei migranti. Il principale obiettivo dell’associazione, invero, è quello di creare e mantenere viva nella società la cultura dell’accoglienza.

La scelta dell’associazione pistoiese di premiare il missionario Comboniano è stata dettata dalla volontà, ancora una volta, di fornire un chiaro segnale contro ogni forma di razzismo ed emarginazione, facendo emergere l’opera di chi in prima persona si attiva ed agisce per aiutare concretamente gli ultimi del Mondo sia a casa propria che quando giungono nel Belpaese. Congratulazioni, pertanto, a Padre Lino Spezia.

                                                                                             AVVOCATO PITORRI

L’avvocato Pitorri sostiene Padre Lino Spezia e l’incontro con gli studenti

Qualche tempo fa, un gruppo di studenti dell’Istituto Pacinotti De Franceschi, di Pistoia, ha incontrato il missionario comboniano padre Lino Spezia, presso il circolo ARCI Giuseppe Garibaldi di corso Gramsci.

Nel corso dell’incontro, Padre Lino ha esordito raccontando la propria vita e la propria esperienza nel continente africano, catturando l’attenzione dei ragazzi della scuola.

Tra gli aneddoti e gli episodi narrati dal noto missionario, vi è stato quello relativo all’attentato alla propria vita che Padre Lino Spezia ha subito, soltanto dopo poche settimane che era giunto in Uganda. Più specificamente, il missionario ha raccontato che, mentre stava tornando in parrocchia, si è trovato con i suoi compagni in mezzo a colpi di mitra. In Uganda, invero, in quel periodo vi era uno stato conclamato di guerra, protrattosi per oltre dieci anni. 

Gli allievi gli hanno, poi, domandato cosa fossero i cosiddetti “bambini soldato” in Africa. Padre Spezia ha spiegato che molti ragazzi vengano rapiti dai villaggi, manipolati mentalmente, sottoposti ad una sorta di conversione,  drogati e torturati e poi costretti a commettere violenza o addirittura uccidere loro parenti. La piaga dei bambini soldato, in Africa, è estremamente preoccupante. L’età dei giovani coinvolti in questo allarmante fenomeno si aggira trai sette ed i quattordici anni.

Nel corso dell’incontro con gli alunni dell’Istituto di Pistoia, il missionario ha reso edotti gli stessi relativamente all’attività che svolge a Roma in qualità di Direttore dell’Associazione Comboniana Servizio Emigranti e Profughi. L’Acse, ha specificato, è un centro di accoglienza ed istruzione per oltre cinquecento profughi e rifugiati provenienti da quasi cento Paesi diversi. In questo centro sono presenti oltre che questa scuola di italiano ed altre materie anche un pronto soccorso ed uno studio dentistico cui prestano servizio medici volontari.

Padre Spezia ha, poi, aggiunto che oltre il 70% dei giovani africani è ancora analfabeta e la più grande gioia di gran parte di loro è imparare a scrivere il proprio nome e cognome”. 

I racconti del missionario si sono conclusi con la condivisione dello stesso della sua esperienza di concelebrante con Papa Francesco. Ha raccontando come il Santo Padre trasmetta un grande carisma ed ha la capacità di donare a ciascuno tutto il tempo necessario per entrare in confidenza con lui. 

L’incontro con i ragazzi si è concluso con un piccolo insegnamento di vita da parte del sacerdote: ha chiesto a tutti gli alunni di imparare a dire “grazie”, “per favore” e pensare sempre ad almeno cinque cose che ci rendono orgogliosi e insoddisfatti di noi stessi.

                                                                                            AVVOCATO PITORRI

L’avvocato Pitorri sostiene la vita di Padre Renato Bresciani, fondatore dell’ACSE

L’avvocato Pitorri sostiene la vita di Padre Renato Bresciani, fondatore dell’ACSE

A dire di Padre Renato Bresciani il Cristo aveva il volto dell’immigrato, indipendentemente dalla religione, dalla cultura e dal colore della pelle.

Nato a Mezzane di Sotto – Verona – nel lontano 1914, è entrato giovanissimo a far parte dell’Istituto Don Mazza, dove  ha studiato anche San Daniele Comboni. Intelligente e intraprendente, con tanta voglia di fare ed attivarsi per il prossimo,  ha  – da subito – fondato con i compagni di liceo la rivista “Helios”, espressione della nuova generazione studentesca mazziana. Negli anni del liceo ha compreso che “il Signore lo chiamava alla Missione”ed è entrato tra i Comboniani. 
Successivamente si è spostato a Roma, al fine di proseguire gli studi in teologia. Ordinato sacerdote nel 1939, è stato subito inviato a Londra, allo scopo di approfondire lo studio dell’inglese. Scoppiata la guerra, si è purtroppo ritrovato nel campo di concentramento dell’isola di Man (territorio situato in Europa settentrionale, nel Mar d’Irlanda, tra le due isole dell’Irlanda e della Gran Bretagna),dove ha realizzato cose meravigliose e straordinarie di apostolato, facendo sorgere scuole di lingua e di altre scienze per tenere occupati i prigionieri italiani. Qui è diventato editore e diffusore del giornale “Sursum corda”, un foglio di collegamento per i cappellani militari prigionieri. Poi, per oltre quattromila prigionieri, lontani dagli affetti familiari, bisognosi di speranza, ha fondato la rivista “Aurora”.
Terminata la guerra, è diventato superiore provinciale dei Comboniani in Inghilterra, contribuendo ad un fondamentale, determinante sviluppo delle opere dell’Istituto e dell’animazione vocazionale nel Regno unito. 

Nel 1954, realizzando un suo desiderio, è potuto partire per il Sudan come fondatore – e poi insegnante – nel seminario diocesano del Tore (Sudan, appunto), volto alla preparazione dei futuri sacerdoti africani. Basti pensare che dalla sua scuola sono usciti quattro vescovi. 

Non può non rammentarsi che per la sua attività e l’influsso sui futuri sacerdoti, Padre Renato Bresciani è stato definito “padre della Chiesa sudanese”. 

                                                                                        AVVOCATO PITORRI

L’avvocato Pitorri sostiene la realtà dell’ACSE

L’avvocato Pitorri sostiene la realtà dell’ACSE

L’Acse, l’Associazione Comboniana Servizio Emigranti e Profughi, celebra quest’anno il suo giubileo all’insegna della speranza nel poter proseguire il suo cammino a favore degli immigrati, pur vivendo nel contesto delle nuove, mutate situazioni.

In memoria del suo fondatore, Padre Renato Bresciani, che ha anticipato molte iniziative civili e ecclesiali, con dedizione ed amore nei confronti degli immigrati, con l’impegno a far causa comune con loro e – secondo lo spirito di Comboni – l’accoglienza, i servizi qualificati ed il favorire l’integrazione costituiscono i nodi focali di questa importante Onlus, con sede a Roma. Grazie a molte persone che hanno contribuito a scrivere la storia dell’associazione, laici e missionari, immigrati,  amici, volontari, l’Acse ha reso un grande servizio a queste persone, meno fortunate di noi. 

La chiusura del giubileo dell’Associazione si avrà alla fine del prossimo settembre, mese in cui si svolgerà un incontro con un gruppo di amici e volontari e con il consiglio direttivo per definire la realtà dell’Acse in tutte le sue sfaccettature. Il consiglio direttivo costituirà un comitato di onore in cui saranno chiamati a partecipare i superiori e le superiore generali e provinciali dei comboniani e delle comboniane e altre persone che hanno conosciuto Padre Bresciani,  o che sono in linea con il suo pensiero. Sarà costituto anche un comitato organizzatore.

L’Acse, da sempreattenta alle tematiche dei migranti,  della povertà edel divario fra i paesi opulenti ed ipaesi meno avanzati, ha per filo conduttore dei suoi scopi il principio ispiratore di San Daniele Comboni, il padre fondatore dei comboniani, secondo il quale i progetti realizzati nel territorio devono dare autonomia, indipendenza e dignità alle popolazioni supportate ed aiutate.

Daniele Comboni è venerato come santo dalla Chiesa cattolica a seguito della canonizzazione ricevuta da Giovanni Paolo II il 5 ottobre 2003 (viene commemorato il 10 ottobre),  è stato un missionario e vescovo cattolico italiano, fondatore degli istituti dei Missionari Comboniani del Cuore di Gesù e delle Pie Madri della Nigrizia. 

Comboni ribadiva sempre, alla base del suo piano missionario, il motto: “Salvare l’Africa con l’Africa!”. 

                                                                                     AVVOCATO PITORRI

L’avvocato Pitorri sostiene la nascita dell’ACSE

L’avvocato Pitorri sostiene la nascita dell’ACSE

L’Associazione Comboniana Servizio Emigranti e Profughi, altrimenti detta Acse, è una Onlus nata  nel 1969 per opera di Padre Renato Bresciani, un missionario comboniano, che ha speso tutta la sua vita per gli immigrati. Successivamente alla sua espulsione dal Sudan, Padre Bresciani ha svolto la sua attività sostenendo sempre gli studenti universitari provenienti dall’Africa.

L’Acse, associazione autonoma di volontariato, ha un proprio atto costitutivo ed un proprio statuto; svolge la sua attività a favore dei migranti e profughi, in linea con i principi di solidarietà ed accoglienza.

Al fine di raggiungere i nobili obiettivi prefissati dall’associazione, comboniani e volontari, ogni giorno, forniscono supporto ed aiuto a coloro che abbandonano le loro case, la loro vita, con la speranza di un futuro migliore.

Nel corso degli anni, anche in considerazione dell’aumento dei flussi migratori (già a far data dagli anni novanta), l’attività dell’associazione si è intensificata, oltre che per gli immigrati anche per la chiesa di Roma e per la società civile.

E’ nell’anno 2000 che l’Acse è diventata, a tutti gli effetti una organizzazione non lucrativa di utilità sociale. Nel 2008 è stata iscritta nel registro nazionale degli enti e delle associazioni che svolgono attività a favore degli immigrati.

A tutt’oggi, permanendo vivo lo spirito di solidarietà nei confronti degli stranieri, pur se alcune attività hanno lasciato il spazio ad altre – maggiormente in grado di risolvere i problemi degli immigrati – vi sono numerose nuove iniziative atte ad andare incontro a queste persone, nel migliore dei modi. Ciò perché l’obiettivo principale dell’Acse resta quello dell’accoglienza.

All’inizio del 2019 l’Associazione Comboniana Servizio Emigranti e Profughiha festeggiato i suoi cinquant’anni di attività.

                                                                                                 AVVOCATO PITORRI

L’avvocato Pitorri sostiene l’attività di Padre Renato Bresciani

L’avvocato Pitorri sostiene l’attività di Padre Renato Bresciani

Quando si pensa a Padre Renato Bresciani, non può non emergere l’ingente influsso che il missionario comboniano ha esercitato sulle autorità governative e sui diplomatici sudanesi. Sull’esempio di Comboni, ha sovente accostato coloro che avevano autorità e che dirigevano la storia dei popoli al solo (nobile) scopo di curare lo sviluppo del paese. E’sempre stato ascoltato. 

Tra le straordinarie cose che ha potuto realizzare nel corso della sua esistenza, vi è stata  quella di far studiare, a sue spese, molti giovani, permettendo loro di recarsi all’estero in vista di un’Africa cristiana e ben preparata. Ha sempre avuto la convinzione che, così facendo, avrebbe potuto realizzare il piano di Comboni, vale a dire “salvare l’Africa con gli africani”. 

Padre Bresciani è sempre stato stimato dalle autorità sudanesi; cosa che ricambiava di buon grado.  VAl la pena rammentare, invero, che il missionario fondatore dell’Acse  è stato l’unico tra i sacerdoti comboniani ad ottenere il permesso di rientrare in Sudan dopo la grande espulsione di tutti i missionari dal Sudan meridionale nel 1964. 

Ha partecipato a molteplici incontri e feste organizzate presso l’ambasciata sudanese, a Roma. 

Sovente i governanti sudanesi  gli chiedevano consigli e suggerimenti. 

Pare Bresciani ha fatto veramente molto, nel corso della sua vita. Nel periodo in cui è stato in Italia, successivamente all’espulsione, è stato padre spirituale dei teologi comboniani (nella capitale). In quel momento ha scoperto la sua nuova vocazione: assistere gli immigrati africani e asiatici. A lui non può non andare il merito di aver visto nel fenomeno immigratorio “la missione che viene a noi”. 

Nonostante lo scetticismo e le incomprensioni da parte di qualche superiore, ha fondato l’ACSE (Associazione Comboniana Studenti Esteri) che poi è diventata Associazione Comboniana Servizio Emigranti. Nell’ACSE è racchiuso esattamente  il modo di pensare che lo ha accompagnato per tutta la vita. 
In una vecchia chiesa sconsacrata in Via del Buon consiglio, a Roma, ha aperto la sede per accogliere gli immigrati. A volte, trovandosi dinanzi a stanieri ubriachi, che gli chiedevano soldi, non avendo sempre la disponibilità economica ha subito aggressioni da costoro. Eppure, quando la sera, rientrando in comunità, i confratelli gli dicevano: “Cosa sono quei segni sulla testa?”, padre Bresciani rispondeva: “Non è niente, mi sono mosso al buio e ho battuto la testa contro una porta”. Ha sempre sostenuto: “Quando si ama, si perdona,  per questo Dio perdona sempre anche noi”.  Col suo carisma comboniano, in un anno gli immigrati passati dalle sue mani, e dal suo cuore, erano intorno ai quindicimila.

Ha sempre aiutato tutti, cercando di trovare per queste persone in difficoltà vitto, alloggio e lavoro. Ha, addirittura, lottato spesso con la polizia per difendere quei “suoi figli” cercando di giustificarli come ha potuto. 
Ha influito sulla formulazione della “legge Martelli” per gli immigrati; ha coinvolto la Chiesa di Roma nella sua opera ottenendo aiuti dal Vaticano. All’ACSE si sono aggiunti tanti volontari.

Non essendosi risparmiato in nulla (fatica,  lunghi digiuni, notti insonni, corse negli ospedali con gli ammalati), è venuto a mancare il 22 luglio 1996, a Verona.

Tra i tanti insegnamenti che ha lasciato, ricordiamo uno dei più toccanti, rivolto ai suoi immigrati: “Tra voi ho lasciato il mio cuore e con voi continuo a fare causa comune”. 

                                                                                      AVVOCATO PITORRI

 

L’avvocato Pitorri sostiene l’attività dell’ACSE

Posta al servizio di emigrati e profughi, l’’Acse è un’associazione di missionari e missionarie comboniani e laici, sorta, in principio, per svolgere un’attività a favore soprattutto di studenti sudanesi. Diventata, successivamente un vero e proprio polo a servizio di emigranti e profughi provenienti da tutto il sud del mondo, è stata definita da San Giovanni Paolo II “una vera iniziativa di frontiera e scuola per operatori sociali che, a loro volta, avrebbe ispirato altre iniziative analoghe”. 

Soltanto in un secondo momento, nel rispetto del principio di carità cristiana, nella capitale hanno preso vita altre realtà quali la Caritas, la Comunità di Sant’Egidio, il Centro Astalli.

Il fondatore dell’Acse, Padre Renato Bresciani, nello svolgere la sua opera per gli altri, si è sempre attivato per coinvolgere gli istituti religiosi, la Chiesa locale e anche la politica, ottenendo buoni risultati. 

L’accoglienza di migranti – sia singoli, sia famiglie – è sempre stata il nucleo focale dei principi che hanno mosso Padre Bresciani nella sua opera a favore dell’associazione.

Padre Bresciani ha spesso rammentato un concetto importante per Paolo VI, vale a dire “è la missione che viene a noi”. E’ con questo spirito che in passato, fin dagli anni ottanta, come oggi, i migranti provenienti da cento paesi diversi hanno frequentato il centro Acse.

Oltre a fornire assistenza sanitaria, assistenza burocratica e traduzioni, ricerca alloggi e collocamento, buoni pasto, offerta di sussidi per viaggi e rimpatri, deposito bagagli e documenti, recapito postale, per sostenere i migranti, la professionalità di coloro che si attivano per l’Acse è andata sempre più crescendo. Basti pensare che l’Acse è stata la prima a iniziare in Italia una scuola di informatica per migranti con il rilascio della certificazione ECDL (European Computer Driving Licence, letteralmente “patente europea di guida del computer”).

Dalla fine degli anni novanta – precisamente dal1997 – l’Acse gestisce un ambulatorio odontoiatrico per migranti. Tiene corsi di lingua italiana, differenziati per livelli, che permettono di effettuare in sede gli esami di lingua dell’Università per stranieri di Perugia. Offre inoltre corsi di lingua inglese. Rende servizi per la ricerca di lavoro, l’assistenza legale, il ritorno volontario assistito, la distribuzione di alimenti, il sostegno a studenti universitari con borse di studio e assicura un servizio pastorale. L’Associazione, attualmente, assistei complessivamente oltre 1.500 migranti l’anno.

Ciò in linea con i mutamenti continui dovuti al trasformarsi dei flussi migratori e, conseguentemente, con l’accrescimento di nuovi strumenti di accoglienza ed integrazione connessi ai bisogni di queste persone.

                                                                                           AVVOCATO PITORRI

L’avvocato Pitorri sostiene il missionario Padre Lino Spezia

Qualche tempo fa, Padre Lino Spezia ha raccontato che noi italiani siamo un popolo che, spesso, si lamenta. Quando, infatti,  si chiede a qualcuno “come va”, spesso si risponde che “va tutto bene”, poi, però, si snocciola una lunga litania di cose che non vanno affatto bene. Il missionario, quando è tornato dal Sudafrica, ha pensato che se gli italiani, per primi, si lamentiamo costantemente di qualcosa, cosa dovrebbe dire, allora, la gente che vive nelle altri parti del mondo?

Padre Lino Spezia presta servizio da diversi anni presso l’Associazione Comboniana Servizio Emigranti e Profughi – ACSE. E’ giuntoin questo centro, fondato ormai cinquant’anni fa dall’intuizione di Padre Renato Bresciani, espulso dal Sudan, che da sempre si è preso cura, in particolare degli studenti. La scuola d’italiano, infatti,  è la principale attività dell’Associazione. All’interno della stessa, vi sono anche otto équipes internazionali per il sevizio dentistico (metà giornata alla settimana viene dedicata alle cure dentarie). Si svolgono, inoltre, un corso di inglese e un corso di  informatica (il primo a nascere in Italia).

I comboniani nascono dall’intuizione di Daniele Comboni, pioniere dei missionari, vissuto dal 1831 al 1881, che, fin da giovanissimo, ha manifestato la sua passione per l’Africa. Partito a venticinque anni per il continente nero, ad ogni spedizione ha visto morire più del cinquanta per cento dei missionari. Ha sempre voluto costruire scuole, per preparare la gente attraverso lo studio. Ha lavorato per ben undici Università, dando importanza anche al ruolo della donna che, secondo lui, avrebbe dovuto avere il necessario bagaglio didattico, l’istruzione adeguata per poter fare il suo stesso lavoro con le persone.

Padre Lino Spezia, anch’egli con la vocazione del missionario, è stato in Uganda, coinvolto in sparatorie e tragedie. Ha visto morire una delle suore della sua missione, che non potrà mai dimenticare: in data 10 agosto 1981 è stata uccisa Suor Liliana Rivetta. Si ritiene fortunato, Padre Spezia, posto il crudele, doloroso contesto vissuto in Africa, in cui hanno perso la vita ragazzi, adulti, catechisti, preti, senza nemmeno la possibilità di essere seppelliti.

A suo dire, la gente che viene via dall’Africa, lo fa a malincuore. Vorrebbe rimanere nella propria terra ma si trova costretta a scappare. A causa della mancanza di pioggia nell’Africa centrale, non ci sono raccolti, da bere, non si trova da mangiare. Il dramma della fame è sempre più accentuato. C’è gente senza futuro. Non si deve dimenticare che la maggior parte degli africani vive con soli settanta centesimi al giorno. 

Molti di coloro che giungono in Italia, sono discriminati per motivi religiosi, per l’orientamento sessuale, per ragioni politiche. Non sanno cosa sia la pace e cercano solo un futuro migliore.

Padre Spezia sostiene che noi italiani abbiamo una percezione sbagliata dei migranti, dettata dalla paura dell’altro; ciò ci porta a creare muri, anziché costruire ponti. Blocchiamo, quindi, queste persone che subiscono torture, hanno trascorsi alle spalle che non possono augurarsi a nessuno, preferiscono morire nel mar Mediterraneo che in Libia o in Etiopia.

Per il Direttore dell’Acse “tutti noi  abbiamo una responsabilità grande, posto che viviamo nel benessere; non è difendendo questo benessere che riusciremo a preservarlo. Il Vangelo ci dice che non avremo più niente in cuore. Gesù dice: dove è il tuo cuore è il tuo tesoro. Noi italiani non siamo capaci di dire grazie. tendiamo a dire quanto le devo? Ma questo non è sinonimo di grazie e quando manca il grazie nel nostro linguaggio, vuol dire che pretendiamo”. 

Il missionario asserisce che proprio gli italiani, che in passato hanno vissuto l’esperienza di essere migranti, debbano ricordarsi della solidarietà.

Quando, parlando con Padre Lino Spezia, si tocca l’argomento “Papa Francesco”, il Santo Padre viene definito dallo stesso come il vescovo del sud del mondo, il portavoce, la punta, anche se dietro di lui c’è una moltitudine di gente che sta dando la vita, appunto, nel sud del mondo

Bergoglio sta aprendo le porte della chiesa, dei nostri cuori. E’ un Papa che è accolto tra la gente perché accoglie lui nel suo cuore. 

Padre Lino ha incontrato Papa Francesco quattro volte. Precisa che l’ultimo incontro sia stata il più bello, posto che lui stesso si sentiva sereno,  disposto a raccontare. Ha perfino consegnato una lettera al Santo Padre, che accenna all’Acse, chiedendogli di benedire l’associazione a favore dei migranti. 

Il nostro Papa è l’uomo della beatitudine. Vive, cioè, la beatitudine dell’accoglienza, dell’ascolto. Quando incontra qualcuno, è solo per quel qualcuno e concede tutto il tempo di cui si ha bisogno, senza guardare l’orologio. Passa ad una successiva persona soltanto quando ha finito con la precedente. Ascolta. Il missionario ha avuto l’impressione che il Papa sia l’uomo della semplicità del cuore, che entra in dialogo con tutti, facendo sentire chiunque sul suo stesso piano. Dio, in fondo, si serve sempre delle persone che hanno un cuore grande.

                                                                                             AVVOCATO PITORRI