Il ruolo del mediatore familiare

L’Avvocato Iacopo Maria Pitorri spiega cosa si intende per “mediazione familiare”, chiarendo alcuni punti di difficile comprensione ancora oggi. Si tratta di un processo collaborativo di risoluzione del conflitto, in cui le coppie il cui rapporto sta finendo, ovvero è concluso, sono assistite da un soggetto terzo imparziale, appunto il mediatore, per comunicare l’una con l’altra e trovare una soluzione accettabile per entrambi, relativa ai problemi di riorganizzazione a seguito della separazione. Tramite l’attività del mediatore, in buona sostanza, le parti vengono aiutate per raggiungere un obbiettivo concreto: la riorganizzazione delle relazioni dopo la separazione o il divorzio.   Punto focale è, pertanto, la coppia, i cui protagonisti hanno il principale obiettivo di cooperare, per dare un nuovo assetto alla propria famiglia.

La differenza principale è tra la negoziazione e la mediazione, fa notare l’Avvocato Pitorri. Ne deriva che, nella fase della negoziazione, per la maggior parte delle coppie, trattare con l’ex coniuge/partner, significa concludere l’accordo migliore per se stessi. Nella mediazione, invece, specifica l’Avvocato Pitorri, è fondamentale assicurare che le parti in lite raggiungano un accordo, in modo tale da proteggere il loro rapporto futuro. Ciò è particolarmente importante nella separazione coniugale, situazione in cui la coppia ha un rapporto in continua evoluzione come genitori.

In tutto ciò, ci si chiede, chi è il mediatore? È difficile comprendere di che genere di professionista si tratti, effettivamente. Non è certamente un avvocato, tantomeno uno psicologo, e non è un giudice. Sostiene l’Avvocato Pitorri, che, se lo si vuole classificare in rapporto esclusivamente al risultato, lo si potrebbe giudicare bravo, competente o incompetente, a seconda se sappia o meno chiudere un accordo. Da un punto di vista più scientifico, tuttavia, non vi è dubbio che il mediatore debba avere determinate caratteristiche. Innanzitutto, una padronanza intellettuale della mediazione, intesa come processo razionale costituito da una serie di livelli, in cui si raccolgono i fatti, si chiariscono le differenze, si identificano le opzioni disponibili e si elaborano proposte per la composizione. Deve anche possedere competenza in campo legale e finanziario su tasse, pensioni, ed assistenza previdenziale, conoscenza sull’esperienza del divorzio dei bambini, nonché delle dinamiche familiari e dei servizi sociali d’appoggio disponibili. Ovviamente deve essere abile sia nel calcolo, che nell’analisi dei dati finanziari. Al mediatore, poi, non deve mancare una data esperienza di accordi relativi al divorzio raggiunti tramite negoziato, ragion per cui deve conoscere le tecniche di negoziato e contrattazione.

Volendo, tuttavia, considerare anche l’aspetto umano, evidenzia l’Avvocato Pitorri, è inevitabilmente pensare che il bravo mediatore debba assolutamente essere dotato di una certa empatia, nonché di capacità di ascolto, al fine di raccogliere le necessità di coloro che vi si rivolgono, specie in situazioni di crisi della coppia e, soprattutto, dei figli. Deve, poi, essere indubbiamente equo e al di sopra delle parti, ed accompagnare i genitori, non più coppia, verso un futuro sicuramente diverso dal passato, analizzando contemporaneamente il presente.

L’Avvocato Pitorri, che ha avuto modo, nell’ambito della sua professione, di interagire anche con la figura del mediatore, ha potuto constatare che il mediatore sa bene quale è la differenza tra pretesa, interesse, bisogno e aiuta tutte le parti in causa a riconoscere tale discrepanza all’interno del conflitto. Ogni mediatore sa che uno scontro, se vissuto bene, può anche essere costruttivo, può, cioè, diventare un’opportunità di crescita all’interno della relazione per tutte le parti in causa. 

Posto, quindi, che non è semplice assumere detto ruolo, che si trova a dover interagire con realtà umane di grande rilievo, come la coppia, la famiglia, per diventare un buon mediatore vi sono ottimi corsi, che si svolgono tramite lunghe ore di tirocinio e supervisione, attraverso percorsi di consapevolezza, del tutto distinti da quelli relativi ad altre professioni.

Il mediatore familiare, conclude l’Avvocato Pitorri, da soggetto terzo, assume una posizione imparziale rispetto agli interessi in gioco; non rivela a nessuno ciò che viene a sapere nel corso della mediazione (perché è tenuto al segreto professionale, per cui non può nemmeno rendere testimonianza su tali circostanze). Non giudica l’operato delle parti, atteso che il suo compito è accogliere e consigliare, non esprimere valutazioni. Lavora sul presente e sul futuro (che sono ancora da definire). Non impone soluzioni sue, posto che ha per obiettivo quello di ascoltare le parti ed aiutarle a trovare una soluzione personalizzata, giusta per le loro specifiche esigenze. Provvede a stimolare i coniugi, nel tentativo all’aiutarli a comprendere ciò che realmente vogliono per se stessi e per la loro famiglia. Appare, pertanto, evidente, che il mediatore familiare svolga un ruolo imprescindibile, in realtà umane estremamente importanti.

Avvocato Iacopo Maria Pitorri

Migranti, i minori non accompagnati in Italia

Quando, di recente, la Sea Watch, è entrata nel porto di Siracusa, a bordo vi erano tredici minori, di cui otto non accompagnati.

Il Viminale ritiene che è estremamente difficile stabilire se si tratti realmente di minori o peno, posto che, come accade per quasi tutti i migranti, si tratta di persone prive di documenti. Per accertare l’età – qualora ci fossero dubbi – è necessaria una équipe formata da interpreti, pediatri, neuropsichiatri, radiologi, psicologi. I costi da sostenere sono alti, il personale scarseggia. Risultato: permane l’alto rischio di mandare adulti tra i ragazzini. Tanto è vero che, negli ultimi 3 anni, in 45.159, approdati sulle coste italiane e non accompagnati, si sono autodichiarati minorenni, a fronte del numero di minori accertato di 36.878.

Al di là del fatto che in 20.862 hanno compiuto i 18 anni, per gli altri le Autorità hanno segnalato la fuga dai centri di accoglienza di 5.229 ragazzini e ragazzine, che sono tuttora irreperibili. La maggior parte di loro è di nazionalità eritrea, egiziana, o afgana. Verosimilmente la lungaggine e la complessità delle procedure di ricongiungimento familiare possono aver spinto questi migranti ad allontanarsi per ritrovare in autonomia i familiari. Addirittura, dai media si è appreso che alcuni sono deceduti durante il viaggio verso il confine. Altri, spinti dalla necessità di procurarsi velocemente denaro necessario a proseguire il viaggio, presumibilmente sono finiti nel giro dello spaccio e/o  in quello della prostituzione.

Al fine di ovviare a tante problematiche, va specificato che a far data dal 6 maggio 2017 in Italia è in vigore la legge Zampa, una delle migliori normative al mondo in fatto di tutela: il “minore solo”, anche se migrante, è equiparato a quello italiano privo di genitori. Ciò vuol dire che deve essere dato in affido, o accolto in una casa-famiglia, oppure in centri dedicati in grado di garantire la sua crescita e l’inserimento sociale, con l’affiancamento costante di un tutore.

Eppure, non sempre è così.

Ben 10.787 minori non accompagnati risultano censiti al 31 dicembre 2018. Pur dovendo essere tutti tutelati, però, non è dato sapere, ad oggi, dove siano stati collocati 869 di loro. Soltanto 461 sono stati dati in affido, soprattutto a parenti e connazionali. Nonostante sia la soluzione migliore (sia per il benessere del bambino che per i costi contenuti), i numeri restano bassi.

3.032 minori sono nei centri di prima accoglienza, dove vengono ospitati subito dopo lo sbarco. In queste strutture accreditate dai Comuni e Regioni è previsto un tempo massimo di permanenza di trenta giorni, atteso che è elevato il rischio di essere adescati dalla criminalità con la promessa di soldi facili. In realtà i tempi sono più lunghi: si arriva anche fino a nove mesi. I minori dovrebbero essere collocati nei centri presenti in tutte le regioni, ma di fatto ben 1.748 minori sono concentrati in Sicilia, dove la normativa consente la deroga agli standard previsti: dal numero massimo di minori per struttura, a quello minimo di operatori dedicati. Poi un centinaio si trovano nei centri di accoglienza straordinaria (CAS), autorizzati dai prefetti solo per le situazioni di massima emergenza.

Il 27 marzo scorso è scaduto il finanziamento del Ministero dell’Interno a settanta Centri di prima accoglienza. Ne rimarranno aperti sette in Sicilia e solo uno in Molise. I minori che oggi stanno nei Centri di prima accoglienza saranno trasferiti nelle strutture di seconda accoglienza (dove viene insegnato l’italiano, e garantito il percorso di crescita e integrazione).

La seconda accoglienza riguarda gli SPRAR (il Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati). Oggi ospitano 3.087 minori, al costo di ottanta/cento euro al giorno per ciascuno (stanziati dal Fondo asilo migrazione e integrazione del Ministero dell’Interno). Lo scorso 24 gennaio il Viminale ha annunciato che incrementerà la disponibilità di posti di 400 unità. Poiché, tuttavia, i minori da trasferire superano i 3.000, probabilmente i ragazzini rimarranno in Sicilia.

Sul totale dei minori non accompagnati, 3.338 stanno nelle case-famiglia allestite su base volontaria dai Comuni, ma sempre più sindaci si rifiutano di accoglierne altri, anche per motivi economici: il rimborso che ricevono è di quarantacinque euro al giorno pro capite, a fronte di spese doppie.

Per legge ciascun minore deve avere un tutore, e ogni tutore può occuparsi di tre minori. I cittadini che hanno dato la disponibilità ad assumere l’incarico a titolo volontario sono 5.501, ma quelli effettivamente nominati dai Tribunali dei minorenni oggi sono decisamente in numero inferiore. 

Ulteriormente, va sottolineato che con il Decreto Sicurezza, i 6.492 minori che diventeranno maggiorenni nel 2019, perderanno la protezione umanitaria.  Prima della sua entrata in vigore, i minorenni che presentavano domanda di asilo, se non fossero sussistiti i presupposti per la protezione internazionale, considerata la particolare condizione di vulnerabilità, sarebbero potuti accedere alla protezione umanitaria. Ora che il decreto l’ha abolita, i minori che hanno fatto richiesta di asilo, e si vedranno notificare il diniego a ridosso della maggiore età, o a 18 anni compiuti, diventeranno irregolari. Per rimpatriarli non ci sono gli strumenti.

Avv. Iacopo Pitorri

“Mater”: storie di mamme e bambini migranti

Nel sud della regione Campania, al confine con la Basilicata, vi è una caratteristica zona, un folto lembo pianeggiante, dal nome Il Vallo di Diano, altrimenti detto Valdiano. Qui è stato realizzato un progetto esemplare ad opera delle Cooperative Sociali “Il Sentiero”, “Tertium Millennium” e “l’Opera di un Altro”, con la partecipazione dei Comuni di Atena Lucana, Bellosguardo, Roccadaspide, Sacco e Santa Marina, titolari dei progetti Sprar (Sistema di Protezione per Richiedenti Asilo e Rifugiati). Il nome del progetto è “Mater”. Si tratta di un peculiare viaggio tra le storie di mamme e bambini migranti, appunto, nel Valdiano.

Nel sud della regione Campania, al confine con la Basilicata, vi è una caratteristica zona, un folto lembo pianeggiante, dal nome Il Vallo di Diano, altrimenti detto Valdiano. Qui è stato realizzato un progetto esemplare ad opera delle Cooperative Sociali “Il Sentiero”, “Tertium Millennium” e “l’Opera di un Altro”, con la partecipazione dei Comuni di Atena Lucana, Bellosguardo, Roccadaspide, Sacco e Santa Marina, titolari dei progetti Sprar (Sistema di Protezione per Richiedenti Asilo e Rifugiati). Il nome del progetto è “Mater”. Si tratta di un peculiare viaggio tra le storie di mamme e bambini migranti, appunto, nel Valdiano.

“Mater” non rappresenta il banale, consueto calendario che  mostra  donne alla moda  e ammiccanti, ragazze avvenenti  o studentesse bellissime, bensì un documento fotografico che narra altre donne, estremamente differenti da quelle comuni, per trascorso ed esperienze, in costante lotta con il quotidiano, con l’esistenza.

Si tratta, per lo più, di un’operazione che ingloba sia etica, che estetica, oltre ad umanità, spirito di solidarietà, rilevanza sociale, integrazione, senso di responsabilità. E, più di ogni altra cosa, riguarda un disegno che traccia chiaramente le linee per sviluppare accoglienza, fiducia e fratellanza comune.

“Mater” è, in buona sostanza,  l’opera fotografica che racconta la vita e la maternità delle donne migranti di Atena Lucana, Bellosguardo, Roccadaspide, Sacco, Santa Marina. Un progetto-viaggio nei luoghi e nelle realtà di accoglienza nel Sud, un itinerario civile nel Vallo di Diano attraverso sguardi e scatti, cui hanno partecipato ventuno donne e trentasei bambini provenienti dalla Nigeria, dal Mali, dalla Costa d’Avorio, dalla Siria, dal Pakistan. Bimbi sbarcati in Italia e arrivati attraverso i corridoi umanitari o i programmi di reinsediamento che, diversamente, sarebbero rimasti figure ignote a chiunque. Bambini in fuga, perfino quando erano ancora nel ventre delle loro mamme, venuti al mondo successivamente nei presidi ospedalieri di Polla, di Sapri, di Battipaglia, Salerno.

“Mater” ci parla di donne, madri,  provate da trascorsi drammatici e dai nubifragi della vita, hanno trovato un attracco sicuro, attraverso il mare, per dare certezze ed assicurare un futuro migliore per sé e per i propri figli.

“Mater”, quindi, rivolge il suo sguardo a realtà minori,  regalando un cammino di esperienza, cultura e apprendimento volto al fenomeno migratorio. E lo fa ponendo l’attenzione su donne migranti e sulla loro condizione di madri. Non solo. Vi è da dire che alle varie fotografie che costituiscono il progetto, si accostano sintetici testi descrittivi sull’accoglienza presente sui diversi territori: gli inserimenti scolastici, i laboratori di formazione, le attività di animazione, i tirocini formativi.

In conclusione “Mater” è testimonianza reale dello sprigionarsi della volontà di una convivenza accogliente, solidale, umana.

E’ un’opera che racchiude la sinergia, l’impegno condiviso tra istituzioni e terzo settore, una testimonianza concreta, reale, viva dell’accoglienza in atto, con la presenza di tante famiglie con bambini.  Certamente una significativa esperienza di integrazione, che potrebbe fungere da esempio per molte persone, in diversi ambiti.

Nel sud della regione Campania, al confine con la Basilicata, vi è una caratteristica zona, un folto lembo pianeggiante, dal nome Il Vallo di Diano, altrimenti detto Valdiano. Qui è stato realizzato un progetto esemplare ad opera delle Cooperative Sociali “Il Sentiero”, “Tertium Millennium” e “l’Opera di un Altro”, con la partecipazione dei Comuni di Atena Lucana, Bellosguardo, Roccadaspide, Sacco e Santa Marina, titolari dei progetti Sprar (Sistema di Protezione per Richiedenti Asilo e Rifugiati). Il nome del progetto è “Mater”. Si tratta di un peculiare viaggio tra le storie di mamme e bambini migranti, appunto, nel Valdiano.

“Mater” non rappresenta il banale, consueto calendario che mostra donne alla moda  e ammiccanti, ragazze avvenenti  o studentesse bellissime, bensì un documento fotografico che narra altre donne, estremamente differenti da quelle comuni, per trascorso ed esperienze, in costante lotta con il quotidiano, con l’esistenza.

Si tratta, per lo più, di un’operazione che ingloba sia etica, che estetica, oltre ad umanità, spirito di solidarietà, rilevanza sociale, integrazione, senso di responsabilità. E, più di ogni altra cosa, riguarda un disegno che traccia chiaramente le linee per sviluppare accoglienza, fiducia e fratellanza comune.

“Mater” è, in buona sostanza, l’opera fotografica che racconta la vita e la maternità delle donne migranti di Atena Lucana, Bellosguardo, Roccadaspide, Sacco, Santa Marina. Un progetto-viaggio nei luoghi e nelle realtà di accoglienza nel Sud, un itinerario civile nel Vallo di Diano attraverso sguardi e scatti, cui hanno partecipato ventuno donne e trentasei bambini provenienti dalla Nigeria, dal Mali, dalla Costa d’Avorio, dalla Siria, dal Pakistan. Bimbi sbarcati in Italia e arrivati attraverso i corridoi umanitari o i programmi di reinsediamento che, diversamente, sarebbero rimasti figure ignote a chiunque. Bambini in fuga, perfino quando erano ancora nel ventre delle loro mamme, venuti al mondo successivamente nei presidi ospedalieri di Polla, di Sapri, di Battipaglia, Salerno.

“Mater” ci parla di donne, madri, provate da trascorsi drammatici e dai nubifragi della vita, hanno trovato un attracco sicuro, attraverso il mare, per dare certezze ed assicurare un futuro migliore per sé e per i propri figli.

“Mater”, quindi, rivolge il suo sguardo a realtà minori, regalando un cammino di esperienza, cultura e apprendimento volto al fenomeno migratorio. E lo fa ponendo l’attenzione su donne migranti e sulla loro condizione di madri. Non solo. Vi è da dire che alle varie fotografie che costituiscono il progetto, si accostano sintetici testi descrittivi sull’accoglienza presente sui diversi territori: gli inserimenti scolastici, i laboratori di formazione, le attività di animazione, i tirocini formativi.

In conclusione, “Mater” è testimonianza reale dello sprigionarsi della volontà di una convivenza accogliente, solidale, umana.

È un’opera che racchiude la sinergia, l’impegno condiviso tra istituzioni e terzo settore, una testimonianza concreta, reale, viva dell’accoglienza in atto, con la presenza di tante famiglie con bambini.  Certamente una significativa esperienza di integrazione, che potrebbe fungere da esempio per molte persone, in diversi ambiti.

Avv. Iacopo Maria Pitorri


Le nuove regole sull’affido condiviso

In Italia la legge sull’affidamento e l’assegno di mantenimento, in caso di separazione, ovvero divorzio, sta per essere rivoluzionata.

In Italia la legge sull’affidamento e l’assegno di mantenimento, in caso di separazione, ovvero divorzio, sta per essere rivoluzionata.

Da una breve analisi della situazione attuale delle famiglie, si rileva  – ad oggi – che sono in aumento i coniugi che decidono di spezzare il vincolo coniugale.

 I dati (aggiornati al 2018) contenuti nelle tabelle Istat sulla popolazione residente per stato civile, confermano che mentre nel 1991 i divorziati erano 375.569, in poco più di venticinque anni, sono andati crescendo smisuratamente (1.671.534 persone).

Attualmente  è stata assegnato alla Commissione Giustizia del Senato il disegno di Legge n. 735 “Norme in materia di affido condiviso, mantenimento diretto e garanzia di bigenitorialità”.

Si tratta di un disegno di legge  che fonda le sue basi sul concetto di bigenitorialità perfetta: i figli avranno il doppio domicilio, dovranno trascorrere lo stesso tempo con mamma e papà, i quali divideranno le spese a metà.

L’aspetto fondamentale  da tenere presente è che  pur garantendo l’imprescindibile diritto di ogni genitore al figlio, sia assicurata l’assoluta prevalenza dell’interesse del minore.

Domicilio, pertanto, mediatori familiari e congedo dell’assegno di mantenimento costituiscono le principali novità inserite nel  disegno di legge che ha cominciato il suo iter parlamentare alla Commissione Giustizia in Senato.

 Ciò, chiaramente, si diversifica da quanto stabilito nella Legge n.54  del 2006” Disposizioni in materia di separazione dei genitori  e affidamento condiviso dei figli “ sull’affido condiviso dei figli in caso di divorzio o separazione, garantendo una maggiore parità tra i due genitori e  ponendo in primo piano, al centro delle decisioni per i figli, la famiglia e i genitori.

Più specificamente, con l’addioall’assegnodimantenimento, dato nella maggioranza dei casi alle mamme, con cui il padre passa ogni mese una cifra stabilita per i figli, accadrebbe che entrambi i genitori dovranno provvedere ognuno a metàdelle spese.

L’assegno, infatti, non avrà più ragion d’essere, posto che  i figli avranno duecaseeduedomicili e, a meno di accordi diversi presi dai genitori, ogni bambino o bambina dovrà passare lo stesso tempo con i genitori, che non dovrà esser inferiore ai dodici giorni al mese. Ciò al fine esclusivo di  garantire un giusto equilibrio nei rapporti con entrambe le figure genitoriali. La parità tra i coniugi, tuttavia, non può determinare automaticamente una doppia residenza dei figli, una paritaria gestione dei tempi, ovvero calcoli prefissati del numero di giorni. Il bambino, è stato evidenziato, vive anche di stabilità delle proprie relazioni sociali, di amicizie scolastiche,  di un proprio “nido sicuro” (una cameretta, i propri oggetti, i giocattoli), e obbligare per legge i figli ad un pendolarismo periodico tra i due genitori appare imprudente e inverosimile.

 Molti pensano che sia preferibile che sia il giudice,  caso per caso, ad operare le opportune valutazioni, se i genitori non trovano un equo accordo , anziché affidarsi alle inflessibili regole della legge.

Cancellando l’assegno di mantenimento per i figli, e la sua sostituzione con i costi diretti, sostenuti da ogni genitore, pur restituendo responsabilità e trasparenza a ciascun genitore (dando fine al dramma dei ritardi e dei mancati pagamenti),  è stato altresì fatto notare  che vi è il rischio di esporre il figlio a due stili di vita molto diversi, in caso di forti disparità economica  tra madre e padre. Del resto, la situazione peculiare dei genitori separati riguarda sia i padri (ce ne sono molti, che dormono nella propria autovettura e mangiano presso le mense Caritas), che  le madri (ne esistono tante che non arrivano a fine mese perché non arriva loro l’assegno da parte dell’ex coniuge)

 E’ stato altresì rilevato  che il  disegno di legge – non tiene conto del fatto che i bimbi, così facendo, potrebbero trovarsi immersi in una sorta di continuo trasloco, trasferiti sovente da una casa all’altra.

Inoltre , il disegno di legge  prevede la figura del mediatorefamiliare: colui, cioè, che può seguire i coniugi durante la separazione, aiutandoli nella gestione dei minori, per un periodo di massimo sei mesi. Una buona mediazione familiare è sicuramente utile, anche se esistono coppie  “non mediabili”, dove cioè la conflittualità è ormai non più contenibile e che non gradiscono la presenza di un estraneo.

Ciò  è stato evidenziato che non può non  comportare il ricorso al giudice e quindi alle sentenze e alle indicazioni obbligatorie (ma inevitabilmente caso per caso, ancora una volta) dei tribunali.  Come è stato altresì sottolineato  che esperire però, un tentativo di supporto fuori e prima del tribunale con la mediazione può  dare risultati che evitino il contenzioso.

Si auspica che ogni intervento  normativo in  un ambito così delicato deve comunque difendere e promuovere la famiglia e i soggetti che ne fanno parte, pur quando le relazioni, interrompendosi, possono essere non più armoniche. Il tutto, chiaramente, al fine di  proteggere innanzitutto il benessere dei figli della coppia che si separa: indifesi che, più di ogni altro, accusano il duro colpo, il dolore, l’angoscia e le sofferenze che derivano dalla interruzione del rapporto coniugale della mamma e del papà.

In Italia la legge sull’affidamento e l’assegno di mantenimento, in caso di separazione, ovvero divorzio, sta per essere rivoluzionata.

Da una breve analisi della situazione attuale delle famiglie, si rileva – ad oggi – che sono in aumento i coniugi che decidono di spezzare il vincolo coniugale.

 I dati (aggiornati al 2018) contenuti nelle tabelle Istat sulla popolazione residente per stato civile, confermano che mentre nel 1991 i divorziati erano 375.569, in poco più di venticinque anni, sono andati crescendo smisuratamente (1.671.534 persone).

Attualmente è stata assegnato alla Commissione Giustizia del Senato il disegno di Legge n. 735 “Norme in materia di affido condiviso, mantenimento diretto e garanzia di bigenitorialità”.

Si tratta di un disegno di legge che fonda le sue basi sul concetto di bigenitorialità perfetta: i figli avranno il doppio domicilio, dovranno trascorrere lo stesso tempo con mamma e papà, i quali divideranno le spese a metà.

L’aspetto fondamentale da tenere presente è che pur garantendo l’imprescindibile diritto di ogni genitore al figlio, sia assicurata l’assoluta prevalenza dell’interesse del minore.

Domicilio, pertanto, mediatori familiari e congedo dell’assegno di mantenimento costituiscono le principali novità inserite nel disegno di legge che ha cominciato il suo iter parlamentare alla Commissione Giustizia in Senato.

 Ciò, chiaramente, si diversifica da quanto stabilito nella Legge n.54 del 2006” Disposizioni in materia di separazione dei genitori  e affidamento condiviso dei figli “ sull’affido condiviso dei figli in caso di divorzio o separazione, garantendo una maggiore parità tra i due genitori e  ponendo in primo piano, al centro delle decisioni per i figli, la famiglia e i genitori.

Più specificamente, con l’addioall’assegnodimantenimento, dato nella maggioranza dei casi alle mamme, con cui il padre passa ogni mese una cifra stabilita per i figli, accadrebbe che entrambi i genitori dovranno provvedere ognuno a metàdelle spese.

L’assegno, infatti, non avrà più ragion d’essere, posto che i figli avranno duecaseeduedomicili e, a meno di accordi diversi presi dai genitori, ogni bambino o bambina dovrà passare lo stesso tempo con i genitori, che non dovrà esser inferiore ai dodici giorni al mese. Ciò al fine esclusivo di garantire un giusto equilibrio nei rapporti con entrambe le figure genitoriali. La parità tra i coniugi, tuttavia, non può determinare automaticamente una doppia residenza dei figli, una paritaria gestione dei tempi, ovvero calcoli prefissati del numero di giorni. Il bambino, è stato evidenziato, vive anche di stabilità delle proprie relazioni sociali, di amicizie scolastiche, di un proprio “nido sicuro” (una cameretta, i propri oggetti, i giocattoli), e obbligare per legge i figli ad un pendolarismo periodico tra i due genitori appare imprudente e inverosimile.

 Molti pensano che sia preferibile che sia il giudice, caso per caso, ad operare le opportune valutazioni, se i genitori non trovano un equo accordo, anziché affidarsi alle inflessibili regole della legge.

Cancellando l’assegno di mantenimento per i figli, e la sua sostituzione con i costi diretti, sostenuti da ogni genitore, pur restituendo responsabilità e trasparenza a ciascun genitore (dando fine al dramma dei ritardi e dei mancati pagamenti), è stato altresì fatto notare che vi è il rischio di esporre il figlio a due stili di vita molto diversi, in caso di forti disparità economica tra madre e padre. Del resto, la situazione peculiare dei genitori separati riguarda sia i padri (ce ne sono molti, che dormono nella propria autovettura e mangiano presso le mense Caritas), che le madri (ne esistono tante che non arrivano a fine mese perché non arriva loro l’assegno da parte dell’ex coniuge)

 E’ stato altresì rilevato che il disegno di legge – non tiene conto del fatto che i bimbi, così facendo, potrebbero trovarsi immersi in una sorta di continuo trasloco, trasferiti sovente da una casa all’altra.

Inoltre, il disegno di legge prevede la figura del mediatorefamiliare: colui, cioè, che può seguire i coniugi durante la separazione, aiutandoli nella gestione dei minori, per un periodo di massimo sei mesi. Una buona mediazione familiare è sicuramente utile, anche se esistono coppie “non mediabili”, dove cioè la conflittualità è ormai non più contenibile e che non gradiscono la presenza di un estraneo.

Ciò è stato evidenziato che non può non comportare il ricorso al giudice e quindi alle sentenze e alle indicazioni obbligatorie (ma inevitabilmente caso per caso, ancora una volta) dei tribunali.  Come è stato altresì sottolineato che esperire però, un tentativo di supporto fuori e prima del tribunale con la mediazione può  dare risultati che evitino il contenzioso.

Si auspica che ogni intervento normativo in  un ambito così delicato deve comunque difendere e promuovere la famiglia e i soggetti che ne fanno parte, pur quando le relazioni, interrompendosi, possono essere non più armoniche. Il tutto, chiaramente, al fine di proteggere innanzitutto il benessere dei figli della coppia che si separa: indifesi che, più di ogni altro, accusano il duro colpo, il dolore, l’angoscia e le sofferenze che derivano dalla interruzione del rapporto coniugale della mamma e del papà.

Avv. Iacopo Maria Pitorri