3.800 migranti minori giunti in Europa

Il Fondo delle Nazioni Unite per l’infanzia (UNICEF), è un fondo delle Nazioni Unite, organo sussidiario fondato l’11 dicembre 1946 per aiutare i bambini vittime della Seconda guerra mondiale. L’UNICEF, con sede centrale a New York, è presente ad oggi in ben centonovanta paesi e si occupa di assistenza umanitaria per i bambini e le loro madri in tutto il mondo, soprattutto nei paesi in via di sviluppo. I bambini e i ragazzi sotto i quindici anni sono più due miliardi nel mondo. L’UNICEF è finanziato con contributi volontari di paesi, governi e privati ed ha anche ricevuto il premio Nobel per la pace nel 1965.

Il Fondo delle Nazioni Unite per l’infanzia ( UNICEF ),  è un fondo delle Nazioni Unite, organo sussidiario fondato l’11 dicembre 1946 per aiutare i bambini vittime della seconda guerra mondiale. L’UNICEF, con sede centrale a New York, è presente ad oggi in ben centonovanta paesi e si occupa di assistenza umanitaria per i bambini e le loro madri in tutto il mondo, soprattutto nei paesi in via di sviluppo. I bambini e i ragazzi sotto i quindici anni sono più due miliardi nel mondo. L’UNICEF è finanziato con contributi volontari di paesi, governi e privati ed ha anche ricevuto il premio Nobel per la pace nel 1965.

L’Avvocato Pitorri, esperto nel settore immigrazione, da anni attento alle tematiche  ad esso connesse, nello studiare gli ultimi dati forniti dall’Unicef, ha rilevato che dall’inizio del 2019 circa sedicimila migranti e rifugiati hanno raggiunto l’Europa, tramite le diverse rotte migratorie nel Mediterraneo. In particolare, vi è stato un aumento della presenza di bambini sulle imbarcazioni che hanno attraversato il mare. Basti pensare che ad oggi giunge in Europa un minore su quattro.

Ovviamente l’Unicef si è attivata solertemente con programmi di protezione per l’infanzia a favore di circa 4.480 e di circa 1.950 minorenni non accompagnati a ricevere cure e protezione in Italia, in Grecia e nei Balcani. Rammenta l’Avvocato Pitorri che molti giovani migranti e rifugiati che hanno compiuto il viaggio verso l’Europa, sono stati, purtroppo, vittime di violenze e abusi.In Italia, emerge dai dati Unicef, i minori stranieri non accompagnati presenti a fine febbraio erano 8.537.Per ciò che concerne la Grecia, nei primi tre mesi del 2019, sono arrivati via mare 2.077 bambini, portando il numero di bambini presenti in Grecia a 28.000 (di cui 3.535 non accompagnati). La situazione dei bambini e delle famiglie nei centri di prima accoglienza e identificazione resta estremamente preoccupante, posto che al 31 marzo 2019 erano presenti in questo tipo di centri 11.500 persone in cinque isole egee circa, il doppio rispetto alla loro portata totale.Per quanto riguarda, invece, la Bulgaria, nel corso dei primi tre mesi del 2019, circa 300 rifugiati e migranti, di cui un quarto bambini, hanno presentato richiesta di asilo nel paese. A causa di continui spostamenti, alla fine di marzo meno di 180 bambini (la metà dei quali non accompagnati) sono rimasti nei centri di accoglienza.

Relativamente alla Serbia, specifica l’Avvocato Pitorri, rifacendosi ai dati pubblicati dall’Unicef, fino al 31 marzo poco più di 4.200 migranti e rifugiati, fra cui 883 bambini presenti in 16 centri di accoglienza e asilo gestiti dal governo. Ciò rappresenta un calo rispetto a dicembre 2018, ma con il miglioramento delle condizioni meteorologiche, gli arrivi (anche di minorenni stranieri non accompagnati) e gli spostamenti aumentano. Uno dei fattori di maggiore preoccupazione è la situazione di oltre 400 minorenni stranieri non accompagnati, che non hanno ancora acceso a cure appropriate, protezione, istruzione e altri servizi.Da ultimo, in Bosnia Erzegovina, nel primo trimestre del 2019, le autorità di confine hanno registrato circa 3.600 nuovi arrivi di migranti e rifugiati. Delle 6.450 persone presenti nel paese a fine marzo, il 19% erano bambini e il 7% bambini non accompagnati. Nonostante i progressi nell’incrementare la risposta nazionale, le capacità di accoglienza rimangono limitate.L’Unicef, rammenta l’Avvocato Pitorri, da sempre adotta dei concreti piani di azione per dare protezione a bambini e giovani migranti, che cercano rifugio per lasciarsi alle spalle dolorose storie di sfruttamento e violenza. Di primaria importanza, per quest’organo ormai noto a livello mondiale, è il  porre fine alla detenzione dei minori dovuta al oro status di immigrati, favorire l’unità familiare e ridurre l’apolidia, garantire cure e accesso ai servizi per i bambini e giovani migranti e rifugiati attraverso il rafforzamento dei sistemi sanitario e di istruzione. Per realizzare i nobili scopi enunciati, ricorda l’Avv. Pitorri l’Unicef necessita, ovviamente, di fondi. Si auspica, pertanto, che l’appello dell’UNICEF per il 2019 venga accolto da chi di dovere per aiutare i giovani migranti.

Il Fondo delle Nazioni Unite per l’infanzia (UNICEF), è un fondo delle Nazioni Unite, organo sussidiario fondato l’11 dicembre 1946 per aiutare i bambini vittime della Seconda guerra mondiale. L’UNICEF, con sede centrale a New York, è presente ad oggi in ben centonovanta paesi e si occupa di assistenza umanitaria per i bambini e le loro madri in tutto il mondo, soprattutto nei paesi in via di sviluppo. I bambini e i ragazzi sotto i quindici anni sono più due miliardi nel mondo. L’UNICEF è finanziato con contributi volontari di paesi, governi e privati ed ha anche ricevuto il premio Nobel per la pace nel 1965.

L’Avvocato Pitorri, esperto nel settore immigrazione, da anni attento alle tematiche ad esso connesse, nello studiare gli ultimi dati forniti dall’Unicef, ha rilevato che dall’inizio del 2019 circa sedicimila migranti e rifugiati hanno raggiunto l’Europa, tramite le diverse rotte migratorie nel Mediterraneo. In particolare, vi è stato un aumento della presenza di bambini sulle imbarcazioni che hanno attraversato il mare. Basti pensare che ad oggi giunge in Europa un minore su quattro.

Ovviamente l’Unicef si è attivata solertemente con programmi di protezione per l’infanzia a favore di circa 4.480 e di circa 1.950 minorenni non accompagnati a ricevere cure e protezione in Italia, in Grecia e nei Balcani. Rammenta l’Avvocato Pitorri che molti giovani migranti e rifugiati che hanno compiuto il viaggio verso l’Europa, sono stati, purtroppo, vittime di violenze e abusi. In Italia, emerge dai dati Unicef, i minori stranieri non accompagnati presenti a fine febbraio erano 8.537. Per ciò che concerne la Grecia, nei primi tre mesi del 2019, sono arrivati via mare 2.077 bambini, portando il numero di bambini presenti in Grecia a 28.000 (di cui 3.535 non accompagnati). La situazione dei bambini e delle famiglie nei centri di prima accoglienza e identificazione resta estremamente preoccupante, posto che al 31 marzo 2019 erano presenti in questo tipo di centri 11.500 persone in cinque isole egee circa, il doppio rispetto alla loro portata totale. Per quanto riguarda, invece, la Bulgaria, nel corso dei primi tre mesi del 2019, circa 300 rifugiati e migranti, di cui un quarto bambini, hanno presentato richiesta di asilo nel paese. A causa di continui spostamenti, alla fine di marzo meno di 180 bambini (la metà dei quali non accompagnati) sono rimasti nei centri di accoglienza.

Relativamente alla Serbia, specifica l’Avvocato Pitorri, rifacendosi ai dati pubblicati dall’Unicef, fino al 31 marzo poco più di 4.200 migranti e rifugiati, fra cui 883 bambini presenti in 16 centri di accoglienza e asilo gestiti dal governo. Ciò rappresenta un calo rispetto a dicembre 2018, ma con il miglioramento delle condizioni meteorologiche, gli arrivi (anche di minorenni stranieri non accompagnati) e gli spostamenti aumentano. Uno dei fattori di maggiore preoccupazione è la situazione di oltre 400 minorenni stranieri non accompagnati, che non hanno ancora acceso a cure appropriate, protezione, istruzione e altri servizi. Da ultimo, in Bosnia Erzegovina, nel primo trimestre del 2019, le autorità di confine hanno registrato circa 3.600 nuovi arrivi di migranti e rifugiati. Delle 6.450 persone presenti nel paese a fine marzo, il 19% erano bambini e il 7% bambini non accompagnati. Nonostante i progressi nell’incrementare la risposta nazionale, le capacità di accoglienza rimangono limitate. L’UNICEF, rammenta l’Avvocato Pitorri, da sempre adotta dei concreti piani di azione per dare protezione a bambini e giovani migranti, che cercano rifugio per lasciarsi alle spalle dolorose storie di sfruttamento e violenza. Di primaria importanza, per quest’organo ormai noto a livello mondiale, è il porre fine alla detenzione dei minori dovuta al oro status di immigrati, favorire l’unità familiare e ridurre l’apolidia, garantire cure e accesso ai servizi per i bambini e giovani migranti e rifugiati attraverso il rafforzamento dei sistemi sanitario e di istruzione. Per realizzare i nobili scopi enunciati, ricorda l’Avv. Pitorri l’Unicef necessita, ovviamente, di fondi. Si auspica, pertanto, che l’appello dell’UNICEF per il 2019 venga accolto da chi di dovere per aiutare i giovani migranti.

Avvocato Iacopo Maria Pitorri

Bigenitorialità, il tempo dell’affidamento non è uguale per entrambi i genitori

L’Avvocato Iacopo Maria Pitorri, che nello svolgimento della sua attività forense ha, spesso, trattato anche la materia connessa alla “famiglia”, spiega un aspetto del principio di bigenitorialità. Nello specifico ci si riferisce al diritto di ciascun genitore ad essere presente in maniera significativa nella vita del figlio, nel reciproco interesse. Ciò non vuol dire, tuttavia, che i tempi di frequentazione del minore debbano essere stabiliti in egual misura, in quanto l’esercizio del diritto deve essere armonizzato in concreto con le complessive esigenze di vita del figlio e dell’altro genitore.

La fattispecie che ha destato l’attenzione dell’Avvocato Pitorri è stata oggetto della sentenza n. 1902 del 10.12.2018 della I sezione civile, della Corte di Cassazione. La Corte d’appello di Roma, in un procedimento de potestate, teso a limitare la responsabilità genitoriale, ha riformato la decisione di primo grado, accertando l’esistenza di una conflittualità talmente evidente tra i due genitori, da dover disporre l’affido della minore al servizio sociale competente per l’assunzione di decisioni fondamentali inerenti la salute e l’istruzione della stessa. La bambina è stata collocata presso la madre, in misura prevalente, con la previsione di tempi di frequentazione per il padre.

Quest’ultimo, pertanto, ha presentato il ricorso alla Suprema, Corte censurando la sentenza d’appello per la violazione del diritto della minore alla bigenitorialità e alla stabilità delle relazioni, sostenendo, tra l’altro che il giudice di secondo grado avesse compiuto una scelta inadeguata affidando la bambina ai servizi sociali, quando, invece, avrebbe dovuto comprendere quale fosse il genitore più idoneo a curare l’interesse della figlia.

Ebbene la Suprema Corte, ritenendo tutti i motivi infondati, ha rigettato il ricorso.

Chiarisce l’Avvocato  Pitorri, che, con il primo motivo di ricorso, il padre della minore ha denunciato la violazione e falsa applicazione dell’art. 316 c.c., comma 3, in combinato disposto con gli artt. 2, 3, 30 e 31 Cost., con l’art. 24 della Carta dei diritti fondamentali dell’UE, e con la Convenzione di New York 20 novembre 1989 (ratificata e resa esecutiva in Italia con L. 27 maggio 1991, n. 176), lamentando, altresì, la violazione degli artt. 315 bis e 316 c.c., per la sproporzione ed indeterminatezza del provvedimento di affido della minore ai servizi sociali e per non aver la Corte territoriale individuato il genitore più idoneo a curare l’interesse della figlia. Ad avviso della prima sezione della Cassazione, tuttavia, il ricorrente ha sviluppato la sua doglianza sull’errato presupposto che il provvedimento in questione fosse definitivo perché non privo della previsione di un termine di scadenza. Il provvedimento in esame, invece, va necessariamente ricondotto nell’ambito dei c.d. “provvedimenti convenienti” per l’interesse del minore, ai sensi dell’art. 333 c.c., che l’autorità giudiziaria assume al fine di superare la condotta pregiudizievole di uno o entrambi i genitori, non generandosi una pronuncia di decadenza dalla responsabilità genitoriale. Ciò perché, fa emergere l’Avvocato Pitorri, un provvedimento del genere ha natura di atto di giurisdizione non contenziosa ed è privo di carattere definitivo, in quanto revocabile e reclamabile, sia per il disposto speciale di cui al comma 2 della disposizione menzionata che stabilisce “tali provvedimenti sono revocabili in qualsiasi momento”, sia secondo le regole generali degli artt. 739 e 742 c.p.c.

Dà risalto l’Avvocato Pitorri alla giurisprudenza di legittimità, che, al riguardo,  ha più volte affermato che  “i provvedimenti modificativi, ablativi o restitutivi della potestà dei genitori, resi dal giudice minorile ai sensi degli artt. 330, 332, 333 e 336 c.c., configurano espressione di giurisdizione volontaria non contenziosa, perché non risolvono conflitti fra diritti posti su un piano paritario, ma sono preordinati alla esigenza prioritaria della tutela degli interessi dei figli e sono, altresì, soggetti alle regole generali del rito camerale, sia pure con le integrazioni e specificazioni previste dalle citate norme, sicché detti provvedimenti, sebbene adottati dalla corte d’appello in esito a reclamo, non sono idonei ad acquistare autorità di giudicato, nemmeno “rebus sic stantibus”, in quanto sono modificabili e revocabili non solo “ex nunc”, per nuovi elementi sopravvenuti, ma anche “ex tunc”, per un riesame (di merito o di legittimità) delle originarie risultanze, con la conseguenza che esulano dalla previsione dell’art. 111 Cost. e non sono impugnabili con ricorso straordinario per Cassazione”. (V. Cass. civ. sez. I, 22 settembre 2016, n. 18562. V. anche Cass. civ. sez. I, ord. 10 luglio 2018, n. 18149; Cass. civ. sez. I, 4 novembre 2015 n. 22568; Cass. civ. sez. I, 13 settembre 2012, n. 15341; Cass. civ. sez. I, 14 maggio 2010, n. 11756; Cass. civ. sez. I, 17 giugno 2009, n. 14091.

Rimarca, pertanto, l’Avv. Pitorri, dopo aver studiato il caso, che alla luce di queste considerazioni, nella fattispecie la previsione di un termine è risultata non necessaria e certamente ultronea, posto che il provvedimento avrebbe potuto essere riesaminato in qualsiasi momento.

Ciò posto, secondo la Suprema Corte, la doglianza del ricorrente non è apparsa fondata nemmeno sul piano motivazionale, atteso che la Corte di appello ha correttamente illustrato le ragioni della scelta compiuta nell’interesse della minore in ragione di una conflittualità talmente insanabile, da essere fonte di una paralisi decisionale ravvisabile anche per scelte più importanti quali quelle relative alla salute ed al percorso scolastico della piccola. Dette scelte, che richiedono una tempestiva, anche se ponderata, decisione, sono state limitate proprio in virtù della evidente conflittualità tra i due genitori.

Con il secondo motivo di ricorso il padre ha denunciato la violazione dell’art. 316 c.c., per manifesta contraddittorietà della decisione e violazione del principio di parità tra i genitori, criticando la statuizione della Corte di appello che, modificando la regolamentazione del diritto di vista paterno, ha ridotto il pernotto infrasettimanale della minore presso il padre.

Gli Ermellini hanno ritenuto tale motivo inammissibile, in quanto, pur prospettando una violazione di legge, ha sollecitato una rivalutazione delle emergenze istruttorie con esito favorevole al ricorrente.

Per la Corte il principio di bigenitorialità si traduce nel diritto di ciascun genitore ad essere presente in maniera significativa nella vita del figlio nel reciproco interesse, ma ciò non comporta l’applicazione di una proporzione matematica in termini di parità dei tempi di frequentazione del minore in quanto l’esercizio del diritto deve essere armonizzato in concreto con le complessive esigenze di vita del figlio e dell’altro genitore.

Ed infatti, come già affermato recentemente dalla Corte, in tema di affidamento dei figli minori “il giudizio prognostico che il giudice, nell’esclusivo interesse morale e materiale della prole, deve operare circa le capacità dei genitori di crescere ed educare il figlio nella nuova situazione determinata dalla disgregazione dell’unione, va formulato tenendo conto, in base ad elementi concreti, del modo in cui i genitori hanno precedentemente svolto i propri compiti, delle rispettive capacità di relazione affettiva, attenzione, comprensione, educazione e disponibilità ad un assiduo rapporto, nonché della personalità del genitore, delle sue consuetudini di vita e dell’ambiente sociale e familiare che è in grado di offrire al minore, fermo restando, in ogni caso, il rispetto del principio della bigenitorialità, da intendersi quale presenza comune dei genitori nella vita del figlio, idonea a garantirgli una stabile consuetudine di vita e salde relazioni affettive con entrambi, i quali hanno il dovere di cooperare nella sua assistenza, educazione ed istruzione”. (V. Cass. civ. sez. VI-1, 23 settembre 2015, n. 18817).

Avvocato Iacopo Maria Pitorri

Class Action, la nuova disciplina

Con la legge n. 31 del 12 aprile 2019, pubblicata in Gazzetta Ufficiale n. 92 del 18.04.2019 si riforma l’azione di classe (c.d. class action), allargando il campo di applicazione di questo istituto attualmente previsto dal Codice del consumo (d.lgs. 6 settembre 2005, n. 206), riconducendone, altresì, la disciplina al codice di procedura civile nel quale viene inserito un nuovo Titolo VIII-bis relativo ai procedimenti collettivi (azione di classe e azione inibitoria collettiva), composto da ben 15 nuovi articoli: dal 840-bis al840-sexiesdecies.

Con la legge n. 31 del 12 aprile 2019, pubblicata in Gazzetta Ufficiale n. 92 del 18.04.2019 si riforma l’azione di classe (c.d. class action), allargando il campo di applicazione di questo istituto attualmente previsto dal Codice del consumo (d.lgs. 6 settembre 2005, n. 206), riconducendone, altresì, la disciplina al codice di procedura civile nel quale viene inserito un nuovo Titolo VIII-bis relativo ai procedimenti collettivi (azione di classe e azione inibitoria collettiva), composto da ben 15 nuovi articoli: dal 840-bis al840-sexiesdecies.

L’entrata in vigore della nuova disciplina, evidenzia l’Avvocato Iacopo Maria Pitorri (che, nell’ambito della sua professione legale, ha avuto più volte modo  conoscere questo strumento giuridico) non è immediata ma posticipata al 19 aprile 2020. Ciò perché il Ministero di Giustizia dovrà attuare i necessari accorgimenti tecnici sui sistemi informativi per espletare le attività processuali con modalità telematiche.

Le disposizioni della presente Legge si applicano alle condotte illecite poste in essere successivamente alla data della sua entrata in vigore. Alle condotte illecite poste in essere precedentemente continuano ad applicarsi le disposizioni vigenti prima della medesima data di entrata in vigore. Con l’entrata in vigore della nuova legge saranno abrogate le corrispondenti azioni di classe contenute nel Codice del Consumo.

Spiega l’Avvocato  Pitorri che tramite il collocamento della disciplina nel Titolo VIII-bis del Codice Civile, è stato eliminato ogni riferimento a consumatori e utenti. A norma dell’art. 840-bis co 1, si evince che l’azione di classe è esperibile da tutti coloro che avanzino pretese risarcitorie in relazione a lesione di “diritti individuali omogenei”. Più specificamente, l’azione è esperibile a tutela delle situazioni soggettive maturate a fronte di condotte lesive, per l’accertamento della responsabilità e la condanna al risarcimento del danno e alle restituzioni.  Titolari dell’azione sono ciascun componente della “classe”, nonché le organizzazioni o associazioni senza scopo di lucro iscritte in un apposito elenco istituito presso il Ministero della giustizia.

Per quanto riguarda i destinatari dell’azione di classe, questi sono le imprese e gli enti gestori di servizi pubblici o di pubblica utilità, relativamente ad atti e comportamenti posti in essere nello svolgimento delle loro attività.

Evidenzia l’Avvocato Pitorri che in relazione al procedimento della nota “azione di classe”, vi sono tre fasi. Innanzitutto, ex art. 840-ter, la domanda per la class action si propone con ricorso davanti alla sezione specializzata del Tribunale in materia di impresa competente per il luogo ove ha sede la parte resistente. Per garantire idonea pubblicità alla procedura, il ricorso, unitamente al decreto di fissazione dell’udienza, deve essere pubblicato su un apposita area pubblica del portale dei servizi telematici del Ministero della giustizia a cura della cancelleria ed entro dieci giorni dal deposito del decreto. La domanda viene dichiarata inammissibile, quando è manifestamente infondata; ovvero quando il Tribunale non ravvisa omogeneità dei diritti individuali tutelabili;  quando il ricorrente si trova in conflitto di interessi nei confronti della parte resistente; infine quando il ricorrente non appare in grado di curare adeguatamente i diritti individuali omogenei fatti valere in giudizio;

Se l’istanza viene dichiarata inammissibile, il ricorrente potrà riproporre azione di classe quando di verifichino mutamenti delle circostanze o vengano dedotte nuove ragioni di fatto o di diritto.

Per evitare pluralità di azioni di classe, aventi lo stesso oggetto, palesa l’Avvocato Pitorri che decorsi sessanta giorni dalla pubblicazione del ricorso nell’area pubblica del portale del Ministero non possono essere proposte ulteriori azioni di classe sulla base dei medesimi fatti e nei confronti del medesimo resistente, pena la cancellazione dal ruolo. Sono fatte salve le azioni di classe a tutela di diritti che non potevano essere fatti valere alla scadenza dei sessanta giorni.

La principale novità introdotta dalla legge, che ha colpito l’attenzione dell’Avvocato Pitorri, pone l’accento sul fatto che, nella nuova disciplina, il tribunale chiamato a decidere con ordinanza sull’ammissibilità dell’azione di classe, pubblicata sul portale dei servizi telematici, fissa un termine perentorio (da  60 a 180 giorni) entro il quale i soggetti portatori di diritti individuali omogenei possono aderire l’azione.

La legge n. 31 del 2019 prevede, comunque, che si possa aderire all’azione di classe anche in una fase successiva, dopo la pronuncia della sentenza che definisce il giudizio. Il tribunale assegna un termine per l’adesione nella sentenza che accoglie l’azione. L’aver previsto che il danneggiato potrà presentare la domanda, anche dopo che il magistrato abbia già accertato la condotta illecita, ha generato non poche polemiche, posto che le associazioni di categoria, a rappresentanza e difesa dell’industria italiana, hanno definito “punitiva” per le imprese che, se giudicate quindi responsabili, dovranno non solo risarcire il rappresentante comune degli aderenti alla class action, ma anche il loro difensore.

Se l’istanza viene ritenuta ammissibile, il procedimento verrà regolato dal rito sommario di cognizione (artt. 702-bis e ss. c.p.c).

Nella seconda fase del procedimento, vi è la decisione sul merito. La sentenza che accoglie l’azione di classe, che ha natura di accertamento della responsabilità del resistente, ha come contenuto i seguenti punti principali. Provvede, innanzitutto, chiarisce l’Avvocato Pitorri, relativamente alle domande risarcitorie e restitutorie, quando l’azione è proposta da un soggetto diverso da un’organizzazione o da un’associazione. Accerta che il resistente, con la condotta addebitatagli dal ricorrente, ha leso diritti individuali omogenei. Definisce, poi, i caratteri dei diritti individuali omogenei che consentono l’inserimento nella classe, individuando la documentazione che dovrà essere prodotta dagli aderenti. Dichiara aperta la procedura di adesione, fissando i relativi termini perentori (da 60 a 150 giorni). Nomina, infine, il giudice delegato per gestire la procedura di adesione e decidere sulle liquidazioni e un rappresentante comune degli aderenti, che deve avere i requisiti per la nomina a curatore fallimentare.

Da ultimo, l’Avvocato Pitorri sottolinea che la novità introdotta dalla nuova disciplina, rispetto al Codice del consumo, riguarda la fase successiva dell’azione di classe, in cui il giudice delegato accoglie, anche parzialmente, le domande di adesione e condanna, con decreto motivato, il resistente al pagamento delle somme dovute. Il provvedimento costituisce titolo esecutivo. Contro il decreto è ammesso opposizione entro 30 giorni, con ricorso depositato presso la cancelleria del tribunale; sul ricorso decide il tribunale in composizione collegiale (non può far parte del collegio il giudice delegato).

La legge n. 31 del 2019 prevede una disciplina in merito all’adempimento spontaneo al decreto da parte del debitore e all’esecuzione forzata collettiva. Se il resistente non adempie spontaneamente al pagamento delle somme ordinato dal giudice, potrà poi essere esercitata la procedura di esecuzione forzata in forma collettiva attraverso il rappresentante comune.

Altra importante novità è quella della disciplina del compenso derivante dalla cd. “quota lite”, vale a dire la somma che il resistente deve corrispondere al rappresentante comune degli aderenti e al difensore del ricorrente, in via ulteriore rispetto alla somma dovuta a ciascun aderente a titolo di risarcimento. Detta somma costituisce una percentuale dell’importo complessivo che il resistente dovrà pagare, calcolata in base al numero dei componenti la classe in misura inversamente proporzionale e sulla base di sette scaglioni.

Rammenta l’Avvocato Pitorri che ex art. 840-quaterdecies, il tribunale fino alla discussione orale della causa, può formulare una proposta transattiva o conciliativa alle parti, mediante comunicazione PEC o SERC a ciascun aderente; l’adesione all’accordo è data accedendo al fascicolo informatico.

Dopo la sentenza che accoglie l’azione ex art. 840-sexies, il rappresentante comune degli aderenti può stipulare con l’impresa resistente un analogo schema di accordo di natura transattiva.

L’art. 840-quaterdecies prevede un termine entro il quale possono essere formulate contestazioni da parte di ciascun aderente, decorso inutilmente il quale il giudice delegato autorizza il rappresentante comune a stipulare l’accordo transattivo.

In entrambe le ipotesi, l’accordo transattivo costituisce titolo esecutivo e titolo per l’iscrizione di ipoteca giudiziale. Le disposizioni di questo articolo sugli accordi transattivi si applicano, in quanto compatibili, anche quando l’azione è promossa da un’organizzazione o un’associazione e l’accordo può riferirsi anche al risarcimento del danno o alle restituzioni in favore degli aderenti che abbiano accettato o non si siano opposti all’accordo stesso.

La nuova legge, regolamenta, infine, l’azione inibitoria collettiva, con la quale chiunque abbia interesse alla pronuncia di una inibitoria di atti e comportamenti può chiedere al giudice di ordinare a imprese o enti gestori di servizi di pubblica utilità la cessazione o il divieto di reiterazione della condotta omissiva o commissiva. Competenza attribuita alle sezioni specializzata per l’impresa con rito camerale.

Le organizzazioni o le associazioni senza scopo di lucro, i cui obiettivi statutari comprendano la tutela degli interessi pregiudicati dalla condotta sopra indicata, sono legittimate a proporre l’azione solo se iscritte nell’elenco pubblico istituito presso il Ministero della giustizia.

L’azione può essere esperita nei confronti di imprese o di enti gestori di servizi pubblici o di pubblica utilità relativamente ad atti e comportamenti posti in essere nello svolgimento delle loro rispettive attività. La competenza è attribuita alle sezioni specializzate per l’impresa con l’applicazione del rito camerale e si consente, in quanto compatibile, l’adesione all’azione nelle forme previste per la class action.

Con la legge n. 31 del 12 aprile 2019, pubblicata in Gazzetta Ufficiale n. 92 del 18.04.2019 si riforma l’azione di classe (c.d. class action), allargando il campo di applicazione di questo istituto attualmente previsto dal Codice del consumo (d.lgs. 6 settembre 2005, n. 206), riconducendone, altresì, la disciplina al codice di procedura civile nel quale viene inserito un nuovo Titolo VIII-bis relativo ai procedimenti collettivi (azione di classe e azione inibitoria collettiva), composto da ben 15 nuovi articoli: dal 840-bis al840-sexiesdecies.

L’entrata in vigore della nuova disciplina, evidenzia l’Avvocato Iacopo Maria Pitorri (che, nell’ambito della sua professione legale, ha avuto più volte modo conoscere questo strumento giuridico) non è immediata ma posticipata al 19 aprile 2020. Ciò perché il Ministero di Giustizia dovrà attuare i necessari accorgimenti tecnici sui sistemi informativi per espletare le attività processuali con modalità telematiche.

Le disposizioni della presente Legge si applicano alle condotte illecite poste in essere successivamente alla data della sua entrata in vigore. Alle condotte illecite poste in essere precedentemente continuano ad applicarsi le disposizioni vigenti prima della medesima data di entrata in vigore. Con l’entrata in vigore della nuova legge saranno abrogate le corrispondenti azioni di classe contenute nel Codice del Consumo.

Spiega l’Avvocato Pitorri che tramite il collocamento della disciplina nel Titolo VIII-bis del Codice Civile, è stato eliminato ogni riferimento a consumatori e utenti. A norma dell’art. 840-bis co 1, si evince che l’azione di classe è esperibile da tutti coloro che avanzino pretese risarcitorie in relazione a lesione di “diritti individuali omogenei”. Più specificamente, l’azione è esperibile a tutela delle situazioni soggettive maturate a fronte di condotte lesive, per l’accertamento della responsabilità e la condanna al risarcimento del danno e alle restituzioni.  Titolari dell’azione sono ciascun componente della “classe”, nonché le organizzazioni o associazioni senza scopo di lucro iscritte in un apposito elenco istituito presso il Ministero della giustizia.

Per quanto riguarda i destinatari dell’azione di classe, questi sono le imprese e gli enti gestori di servizi pubblici o di pubblica utilità, relativamente ad atti e comportamenti posti in essere nello svolgimento delle loro attività.

Evidenzia l’Avvocato Pitorri che in relazione al procedimento della nota “azione di classe”, vi sono tre fasi. Innanzitutto, ex art. 840-ter, la domanda per la class action si propone con ricorso davanti alla sezione specializzata del Tribunale in materia di impresa competente per il luogo ove ha sede la parte resistente. Per garantire idonea pubblicità alla procedura, il ricorso, unitamente al decreto di fissazione dell’udienza, deve essere pubblicato su un’apposita area pubblica del portale dei servizi telematici del Ministero della giustizia a cura della cancelleria ed entro dieci giorni dal deposito del decreto. La domanda viene dichiarata inammissibile, quando è manifestamente infondata; ovvero quando il Tribunale non ravvisa omogeneità dei diritti individuali tutelabili; quando il ricorrente si trova in conflitto di interessi nei confronti della parte resistente; infine quando il ricorrente non appare in grado di curare adeguatamente i diritti individuali omogenei fatti valere in giudizio;

Se l’istanza viene dichiarata inammissibile, il ricorrente potrà riproporre azione di classe quando di verifichino mutamenti delle circostanze o vengano dedotte nuove ragioni di fatto o di diritto.

Per evitare pluralità di azioni di classe, aventi lo stesso oggetto, palesa l’Avvocato Pitorri che decorsi sessanta giorni dalla pubblicazione del ricorso nell’area pubblica del portale del Ministero non possono essere proposte ulteriori azioni di classe sulla base dei medesimi fatti e nei confronti del medesimo resistente, pena la cancellazione dal ruolo. Sono fatte salve le azioni di classe a tutela di diritti che non potevano essere fatti valere alla scadenza dei sessanta giorni.

La principale novità introdotta dalla legge, che ha colpito l’attenzione dell’Avvocato Pitorri, pone l’accento sul fatto che, nella nuova disciplina, il tribunale chiamato a decidere con ordinanza sull’ammissibilità dell’azione di classe, pubblicata sul portale dei servizi telematici, fissa un termine perentorio (da  60 a 180 giorni) entro il quale i soggetti portatori di diritti individuali omogenei possono aderire l’azione.

La legge n. 31 del 2019 prevede, comunque, che si possa aderire all’azione di classe anche in una fase successiva, dopo la pronuncia della sentenza che definisce il giudizio. Il tribunale assegna un termine per l’adesione nella sentenza che accoglie l’azione. L’aver previsto che il danneggiato potrà presentare la domanda, anche dopo che il magistrato abbia già accertato la condotta illecita, ha generato non poche polemiche, posto che le associazioni di categoria, a rappresentanza e difesa dell’industria italiana, hanno definito “punitiva” per le imprese che, se giudicate quindi responsabili, dovranno non solo risarcire il rappresentante comune degli aderenti alla class action, ma anche il loro difensore.

Se l’istanza viene ritenuta ammissibile, il procedimento verrà regolato dal rito sommario di cognizione (artt. 702-bis e ss. c.p.c).

Nella seconda fase del procedimento, vi è la decisione sul merito. La sentenza che accoglie l’azione di classe, che ha natura di accertamento della responsabilità del resistente, ha come contenuto i seguenti punti principali. Provvede, innanzitutto, chiarisce l’Avvocato Pitorri, relativamente alle domande risarcitorie e restitutorie, quando l’azione è proposta da un soggetto diverso da un’organizzazione o da un’associazione. Accerta che il resistente, con la condotta addebitatagli dal ricorrente, ha leso diritti individuali omogenei. Definisce, poi, i caratteri dei diritti individuali omogenei che consentono l’inserimento nella classe, individuando la documentazione che dovrà essere prodotta dagli aderenti. Dichiara aperta la procedura di adesione, fissando i relativi termini perentori (da 60 a 150 giorni). Nomina, infine, il giudice delegato per gestire la procedura di adesione e decidere sulle liquidazioni e un rappresentante comune degli aderenti, che deve avere i requisiti per la nomina a curatore fallimentare.

Da ultimo, l’Avvocato Pitorri sottolinea che la novità introdotta dalla nuova disciplina, rispetto al Codice del consumo, riguarda la fase successiva dell’azione di classe, in cui il giudice delegato accoglie, anche parzialmente, le domande di adesione e condanna, con decreto motivato, il resistente al pagamento delle somme dovute. Il provvedimento costituisce titolo esecutivo. Contro il decreto è ammesso opposizione entro 30 giorni, con ricorso depositato presso la cancelleria del tribunale; sul ricorso decide il tribunale in composizione collegiale (non può far parte del collegio il giudice delegato).

La legge n. 31 del 2019 prevede una disciplina in merito all’adempimento spontaneo al decreto da parte del debitore e all’esecuzione forzata collettiva. Se il resistente non adempie spontaneamente al pagamento delle somme ordinato dal giudice, potrà poi essere esercitata la procedura di esecuzione forzata in forma collettiva attraverso il rappresentante comune.

Altra importante novità è quella della disciplina del compenso derivante dalla cd. “quota lite”, vale a dire la somma che il resistente deve corrispondere al rappresentante comune degli aderenti e al difensore del ricorrente, in via ulteriore rispetto alla somma dovuta a ciascun aderente a titolo di risarcimento. Detta somma costituisce una percentuale dell’importo complessivo che il resistente dovrà pagare, calcolata in base al numero dei componenti la classe in misura inversamente proporzionale e sulla base di sette scaglioni.

Rammenta l’Avvocato Pitorri che ex art. 840-quaterdecies, il tribunale fino alla discussione orale della causa, può formulare una proposta transattiva o conciliativa alle parti, mediante comunicazione PEC o SERC a ciascun aderente; l’adesione all’accordo è data accedendo al fascicolo informatico.

Dopo la sentenza che accoglie l’azione ex art. 840-sexies, il rappresentante comune degli aderenti può stipulare con l’impresa resistente un analogo schema di accordo di natura transattiva.

L’art. 840-quaterdecies prevede un termine entro il quale possono essere formulate contestazioni da parte di ciascun aderente, decorso inutilmente il quale il giudice delegato autorizza il rappresentante comune a stipulare l’accordo transattivo.

In entrambe le ipotesi, l’accordo transattivo costituisce titolo esecutivo e titolo per l’iscrizione di ipoteca giudiziale. Le disposizioni di questo articolo sugli accordi transattivi si applicano, in quanto compatibili, anche quando l’azione è promossa da un’organizzazione o un’associazione e l’accordo può riferirsi anche al risarcimento del danno o alle restituzioni in favore degli aderenti che abbiano accettato o non si siano opposti all’accordo stesso.

La nuova legge, regolamenta, infine, l’azione inibitoria collettiva, con la quale chiunque abbia interesse alla pronuncia di una inibitoria di atti e comportamenti può chiedere al giudice di ordinare a imprese o enti gestori di servizi di pubblica utilità la cessazione o il divieto di reiterazione della condotta omissiva o commissiva. Competenza attribuita alle sezioni specializzata per l’impresa con rito camerale.

Le organizzazioni o le associazioni senza scopo di lucro, i cui obiettivi statutari comprendano la tutela degli interessi pregiudicati dalla condotta sopra indicata, sono legittimate a proporre l’azione solo se iscritte nell’elenco pubblico istituito presso il Ministero della giustizia.

L’azione può essere esperita nei confronti di imprese o di enti gestori di servizi pubblici o di pubblica utilità relativamente ad atti e comportamenti posti in essere nello svolgimento delle loro rispettive attività. La competenza è attribuita alle sezioni specializzate per l’impresa con l’applicazione del rito camerale e si consente, in quanto compatibile, l’adesione all’azione nelle forme previste per la class action.

Avvocato Iacopo Maria Pitorri

Migranti, i minori arrivati in Italia via mare

Analizzando i dati forniti dall’Unicef, l’Avvocato Pitorri fa sapere che nei primi tre mesi del 2019, circa 16.000 migranti e rifugiati hanno raggiunto l’Europa, tramite le rotte migratorie nel Mediterraneo. Ciò che ha colpito l’attenzione dell’Avvocato Pitorri è la percentuale di bambini. Ad oggi giunge in Europa un minore su quattro. Il numero totale di bambini approdati sulle coste europee, specifica l’Avvocato Pitorri, è di 3.800; questi si aggiungono ai circa 41.000 bambini già presenti nelle strutture di accoglienza in Grecia, Italia e Balcani all’inizio del 2019. Evidenzia altresì l’Avvocato Pitorri che, purtroppo, in soli tre mesi del 2019, 365 persone hanno perso la vita nel Mediterraneo, oltre il 60% del numero totale di vittime registrate in tutto il 2018.

Sempre nei primi tre mesi di quest’anno l’UNICEF è intervenuta con programmi di protezione per l’infanzia a favore di circa 4.480 e di circa 1.950 minorenni non accompagnati a ricevere cure e protezione in Italia, in Grecia e nei Balcani. Ben 15.850 bambini hanno frequentato regolarmente le attività d’istruzione formale e informale supportate dall’UNICEF, mentre circa 1.100 persone hanno avuto accesso a servizi per la prevenzione e la risposta alla violenza di genere.

Ci ricorda l’Avvocato Pitorri che molti giovani migranti e rifugiati che hanno compiuto il viaggio verso l’Europa, sono malauguratamente stati vittime di violenze e abusi, con conseguenze sul loro benessere psicologico e fisico. Più segnatamente in Italia, quasi tutte le donne e le ragazze arrivate hanno riportato di essere sopravvissute a forme di violenza sessuale o di genere. Una ricerca recente ha rilevato che anche gli uomini e i ragazzi sono spesso vittime di violenza sessuale in mano a gruppi armati, mentre sono rapiti o imprigionati, soprattutto in Libia.

Da una approfondita analisi volta soprattutto al Belpaese, l’Avvocato Pitorri, nell’acquisire i dati Unicef, rappresenta che al 28 febbraio erano presenti 8.537 minorenni stranieri non accompagnati. Nel 2018 gli arrivi via mare dei giovani migranti e rifugiati registrati sono stati 3.536, ad aprile 2019 erano 98. I minorenni stranieri irreperibili, cioè quelli per i quali è stato segnalato dalle autorità competenti un allontanamento, sono 4.324. Nonostante gli sforzi del Governo italiano negli ultimi due anni, persiste nel sistema di protezione e inclusione sociale dei giovani migranti e rifugiati in Italia. Il sistema, cioè, risulta ancora altamente frammentato, persistono disparità nell’accesso ai servizi di cura, con il rischio che i più vulnerabili rimangano invisibili. Sussistono non poche difficoltà nell’accesso alle informazioni utili per il percorso in Italia. Il lavoro costantemente svolto dall’UNICEF con gli Stati è volto all’adozione di piani d’azione per mettere in pratica sei impegni concreti: proteggere bambini e giovani migranti e rifugiati da sfruttamento e violenza, porre fine alla loro detenzione per via del loro status di immigrati, favorire l’unità familiare e ridurre l’apolidia, garantire cure e accesso ai servizi per i bambini e giovani migranti e rifugiati attraverso il rafforzamento dei sistemi sanitario e di istruzione. L’UNICEF, specifica l’Avvocato Pitorri, chiede anche protezione di bambini e giovani migranti e rifugiati da discriminazione e xenofobia. Ciò nel tentativo di eliminare le cause che allontanano i bambini e i giovani dalle loro case attraverso politiche e investimenti finanziari su tutte le aree degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile, come la protezione sociale, l’occupazione giovanile, le azioni per il clima, per la pace e la giustizia. L’appello dell’UNICEF per il 2019, in favore dei migranti e rifugiati in Europa, è di 27,5 milioni di dollari, di cui 12,4 milioni per la protezione dell’infanzia e 9,4 milioni per l’istruzione.

Avvocato Iacopo Maria Pitorri

Il Papa benedice le ONG e chi accoglie i migranti

Tra le recenti notizie che hanno destato l’attenzione dell’Avvocato Iacopo Maria Pitorri, costantemente aggiornato anche su temi di attualità, vi è quella legata alla visita di Papa Francesco nel Nord della Macedonia.

Tra le recenti notizie che hanno destato l’attenzione dell’Avvocato Iacopo Maria Pitorri, costantemente aggiornato anche su temi di attualità, vi è quella legata alla visita di Papa Francesco nel Nord della Macedonia.

Nel corso del suo discorso ufficiale al palazzo presidenziale di Skopje, prima tappa della visita apostolica del Santo Padre, lo stesso ha benedetto le ONG. Non solo, chiedendo di aprire le porte, ha elogiato “gli sforzi compiuti in favore di migranti in fuga dalle guerre e dalla povertà”.

Si è trattato della prima volta che un Vescovo di Roma è arrivato nello Stato della penisola balcanica, nell’Europa sud-orientale, da quando quest’ultimo ha raggiunto l’indipendenza.

Evidenzia l’Avvocato Pitorri che è stato proprio in questa sorte di  “ponte” tra Oriente e Occidente, dove la multietnicità è probabilmente il patrimonio più prezioso, che il Pontefice ha deciso di rivolgere parole di affetto e lode a chi fa un “generoso sforzo nell’accoglienza dei migranti”.

Papa Bergoglio ha speso parole veramente celebrative nei riguardi della Repubblica, sia dalle sue autorità statali, che del  valido contributo di diverse organizzazioni internazionali, della Croce Rossa, della Caritas e di alcune ONG, nell’accogliere e prestare soccorso al gran numero di migranti e profughi provenienti da diversi Paesi medio-orientali.

Sottolinea l’Avvocato Pitorri che risulta di palmare evidenza il fatto che, con il discorso posto in essere, il Papa non si sia rivolto esclusivamente alla Macedonia del Nord, nel ricordare che i migranti accolti “fuggivano dalla guerra o da condizioni di estrema povertà, spesso indotte proprio da gravi episodi bellici”. Ma è all’intera Europa che ha inteso guardare, come già fatto in passato, e nei giorni scorsi, dalla Bulgaria, quando ha visitato un campo profughi, invitando il cosiddetto vecchio continente a “non chiudere le porte a chi bussa”.

Ha lasciato tutti molto sorpresi il fatto che il discorso del Papa sia stato quasi interamente dedicato alla questione immigratoria. “La pronta solidarietà offerta a coloro che si trovavano allora nel più acuto bisogno, per aver perso tante persone care oltre alla casa, al lavoro e alla patria – ha detto  Papa Francesco – vi fa onore e parla dell’anima di questo popolo che, conoscendo anche le privazioni, riconosce nella solidarietà e nella condivisione dei beni le vie di ogni autentico sviluppo”.

Il Santo Padre ha invitato tutto il mondo a prendere il caso macedone – contraddistinto da una catena solidale, permeata di opere di volontariato al servizio di molte forme di disagio e di bisogno – quale esempio a favore dei migranti.  Qui, infatti, “tanto la differente appartenenza religiosa di ortodossi, musulmani, cattolici, ebrei e protestanti, quanto la distinzione etnica tra macedoni, albanesi, serbi, croati e persone di altra origine, ha creato un mosaico in cui ogni tessera è necessaria all’originalità e bellezza del quadro d’insieme”.

Tra le recenti notizie che hanno destato l’attenzione dell’Avvocato Iacopo Maria Pitorri, costantemente aggiornato anche su temi di attualità, vi è quella legata alla visita di Papa Francesco nel Nord della Macedonia.

Nel corso del suo discorso ufficiale al palazzo presidenziale di Skopje, prima tappa della visita apostolica del Santo Padre, lo stesso ha benedetto le ONG. Non solo, chiedendo di aprire le porte, ha elogiato “gli sforzi compiuti in favore di migranti in fuga dalle guerre e dalla povertà”.

Si è trattato della prima volta che un Vescovo di Roma è arrivato nello Stato della penisola balcanica, nell’Europa sud-orientale, da quando quest’ultimo ha raggiunto l’indipendenza.

Evidenzia l’Avvocato Pitorri che è stato proprio in questa sorte di “ponte” tra Oriente e Occidente, dove la multietnicità è probabilmente il patrimonio più prezioso, che il Pontefice ha deciso di rivolgere parole di affetto e lode a chi fa un “generoso sforzo nell’accoglienza dei migranti”.

Papa Bergoglio ha speso parole veramente celebrative nei riguardi della Repubblica, sia dalle sue autorità statali, che del valido contributo di diverse organizzazioni internazionali, della Croce Rossa, della Caritas e di alcune ONG, nell’accogliere e prestare soccorso al gran numero di migranti e profughi provenienti da diversi Paesi medio-orientali.

Sottolinea l’Avvocato Pitorri che risulta di palmare evidenza il fatto che, con il discorso posto in essere, il Papa non si sia rivolto esclusivamente alla Macedonia del Nord, nel ricordare che i migranti accolti “fuggivano dalla guerra o da condizioni di estrema povertà, spesso indotte proprio da gravi episodi bellici”. Ma è all’intera Europa che ha inteso guardare, come già fatto in passato, e nei giorni scorsi, dalla Bulgaria, quando ha visitato un campo profughi, invitando il cosiddetto vecchio continente a “non chiudere le porte a chi bussa”.

Ha lasciato tutti molto sorpresi il fatto che il discorso del Papa sia stato quasi interamente dedicato alla questione immigratoria. “La pronta solidarietà offerta a coloro che si trovavano allora nel più acuto bisogno, per aver perso tante persone care oltre alla casa, al lavoro e alla patria – ha detto Papa Francesco – vi fa onore e parla dell’anima di questo popolo che, conoscendo anche le privazioni, riconosce nella solidarietà e nella condivisione dei beni le vie di ogni autentico sviluppo”.

Il Santo Padre ha invitato tutto il mondo a prendere il caso macedone – contraddistinto da una catena solidale, permeata di opere di volontariato al servizio di molte forme di disagio e di bisogno – quale esempio a favore dei migranti.  Qui, infatti, “tanto la differente appartenenza religiosa di ortodossi, musulmani, cattolici, ebrei e protestanti, quanto la distinzione etnica tra macedoni, albanesi, serbi, croati e persone di altra origine, ha creato un mosaico in cui ogni tessera è necessaria all’originalità e bellezza del quadro d’insieme”.

Avvocato Iacopo Maria Pitorri

La ONG pattuglia la Libia

In più di un’occasione, dall’inizio dell’anno in corso, anche l’Avvocato Iacopo Maria Pitorri ha avuto modo di constatare come la linea dei porti chiusi abbia inciso notevolmente sugli sbarchi di migranti nel nostro Paese, i quali sono diminuiti in maniera impressionante.

In più di un’occasione, dall’inizio dell’anno in corso, anche l’Avvocato Iacopo Maria Pitorri ha avuto modo di constatare come la linea dei porti chiusi abbia inciso notevolmente sugli sbarchi di migranti nel nostro Paese, i quali sono diminuiti in maniera impressionante.

Ciò nonostante, Mediterranea Saving Humans ha deciso nuovamente di sfidare il Governo, salpando per la zona Sar davanti a Zuara.  La Mare Jonio, invero, è da poco partita da Lampedusa, dirigendosi verso il tratto di mare dove sono (o erano) solite stazionare le navi delle ONG. Pattuglierà, appunto, la zona SAR (“Search and Rescue”, vale a dire “ricerca e salvataggio”) a trenta miglia dalle coste della Libia, con l’intento di realizzare “un mare di diritti, non di morte”.

Verosimilmente, evidenzia l’Avvocato Pitorri, potrebbe riaprirsi l’acceso scontro tra Organizzazioni umanitarie ed il Governo italiano. Anche se gli sbarchi sono calati, pure se è stato detto che l’Italia non è più “il campo profughi d’Europa”, ad avviso delle Ong, la dura linea politica dell’esecutivo va  combattuta. Per tale ragione Mediterranea Saving Humans è salpata di nuovo, nella speranza di recuperare altri barconi e, magari, di non lasciarli nelle mani della Guardia costiera libica.

Ricorda l’Avvocato Pitorri che la Mare Jonio era stata diffidata dalla Guardia costiera, lo scorso 24 aprile, in seguito ad una ispezione tecnica sulle condizioni della nave in termini di sicurezza della navigazione, oltre che  per la riconvalida della certificazione statutaria. I militari avevano trovato alcune anomalie, disponendo, perciò, la diffida dall’”eseguire operazioni di salvataggio in modo stabile e organizzato”, fino a quando “”l’unità, sanzionata per alcune irregolarità di bordo, non verrà adeguata alla normativa di settore e certificata per il servizio di salvataggio”. L’arresto dell’attività della nave altro non era che una conseguenza dell’ultima direttiva del Viminale a seguito di un documento sottoscritto al fine di bloccare le “attività illecite” delle ONG, dopo lo sbarco dello scorso marzo (quando Mare Jonio portò in Italia un gruppo di immigrati,  nonostante i blocchi annunciati). Ora, però, Mediterranea ripartirà.

Da ultimo, l’Avvocato Pitorri sottolinea che  anche  la Sea Watch tornerà nei prossimi giorni in zona. La ONG tedesca, la cui nave batte bandiera olandese, ha da poco annunciato oggi di aver vinto il ricorso contro le autorità olandesi che hanno bloccato in porto la nave per un mese. “Il nuovo regolamento olandese – fa sapere la Ong – non può essere applicato senza un periodo di transizione. La Sea Watch potrà quindi riprendere presto le sue attività”.

Anche l’aereo Colibrì della ONG Pilotes Volontaires – atto a coadiuvare le imbarcazioni dei migranti dall’alto – è tornato in azione.

Per quanto riguarda, invece, la spagnola Open Arms, che, bloccata in porto dalla Capitaneria di Barcellona che ha negato l’autorizzazione ad effettuare missioni di soccorso di migranti nel Mediterraneo, è ripartita da alcuni giorni verso la Grecia per portare aiuti umanitari alle persone nel campo profughi di Lesbos. Ma le autorità greche non consentono neanche l’ormeggio della barca.

In più di un’occasione, dall’inizio dell’anno in corso, anche l’Avvocato Iacopo Maria Pitorri ha avuto modo di constatare come la linea dei porti chiusi abbia inciso notevolmente sugli sbarchi di migranti nel nostro Paese, i quali sono diminuiti in maniera impressionante.

Ciò nonostante, Mediterranea Saving Humans ha deciso nuovamente di sfidare il Governo, salpando per la zona Sar davanti a Zuara.  La Mare Jonio, invero, è da poco partita da Lampedusa, dirigendosi verso il tratto di mare dove sono (o erano) solite stazionare le navi delle ONG. Pattuglierà, appunto, la zona SAR (“Search and Rescue”, vale a dire “ricerca e salvataggio”) a trenta miglia dalle coste della Libia, con l’intento di realizzare “un mare di diritti, non di morte”.

Verosimilmente, evidenzia l’Avvocato Pitorri, potrebbe riaprirsi l’acceso scontro tra Organizzazioni umanitarie ed il Governo italiano. Anche se gli sbarchi sono calati, pure se è stato detto che l’Italia non è più “il campo profughi d’Europa”, ad avviso delle Ong, la dura linea politica dell’esecutivo va combattuta. Per tale ragione Mediterranea Saving Humans è salpata di nuovo, nella speranza di recuperare altri barconi e, magari, di non lasciarli nelle mani della Guardia costiera libica.

Ricorda l’Avvocato Pitorri che la Mare Jonio era stata diffidata dalla Guardia costiera, lo scorso 24 aprile, in seguito ad una ispezione tecnica sulle condizioni della nave in termini di sicurezza della navigazione, oltre che  per la riconvalida della certificazione statutaria. I militari avevano trovato alcune anomalie, disponendo, perciò, la diffida dall’”eseguire operazioni di salvataggio in modo stabile e organizzato”, fino a quando “”l’unità, sanzionata per alcune irregolarità di bordo, non verrà adeguata alla normativa di settore e certificata per il servizio di salvataggio”. L’arresto dell’attività della nave altro non era che una conseguenza dell’ultima direttiva del Viminale a seguito di un documento sottoscritto al fine di bloccare le “attività illecite” delle ONG, dopo lo sbarco dello scorso marzo (quando Mare Jonio portò in Italia un gruppo di immigrati, nonostante i blocchi annunciati). Ora, però, Mediterranea ripartirà.

Da ultimo, l’Avvocato Pitorri sottolinea che anche  la Sea Watch tornerà nei prossimi giorni in zona. La ONG tedesca, la cui nave batte bandiera olandese, ha da poco annunciato oggi di aver vinto il ricorso contro le autorità olandesi che hanno bloccato in porto la nave per un mese. “Il nuovo regolamento olandese – fa sapere la Ong – non può essere applicato senza un periodo di transizione. La Sea Watch potrà quindi riprendere presto le sue attività”.

Anche l’aereo Colibrì della ONG Pilotes Volontaires – atto a coadiuvare le imbarcazioni dei migranti dall’alto – è tornato in azione.

Per quanto riguarda, invece, la spagnola Open Arms, che, bloccata in porto dalla Capitaneria di Barcellona che ha negato l’autorizzazione ad effettuare missioni di soccorso di migranti nel Mediterraneo, è ripartita da alcuni giorni verso la Grecia per portare aiuti umanitari alle persone nel campo profughi di Lesbos. Ma le autorità greche non consentono neanche l’ormeggio della barca.

Avvocato Iacopo Maria Pitorri

Migranti, continuano le partenze via mare verso il nostro Paese

Tra le notizie emerse negli ultimi giorni, l’Avvocato Iacopo Maria Pitorri rappresenta che le partenze da Libia e Tunisia di numerosi migranti, che attraversano il mare Mediterraneo, con imbarcazioni di fortuna, imbattendosi in un terribile, rischioso viaggio, nella speranza di una vita migliore, non sono mai cessate.

Basti pensare che gli ultimi venti migranti sono approdati qualche giorno fa a Porto Empedocle, dopo essere stati intercettati dalle motovedette della Guardia di Finanza e della Guardia costiera, solo, ormai, quando erano a circa venti miglia dalle coste siciliane. La presenza di un barcone, invece, con a bordo centocinquanta persone (tra cui donne e bambini), è stata segnalata in acque libiche. E ancora. Fa sapere l’Avvocato Pitorri (che svolge la sua attività forense precipuamente a favore degli immigrati, per cui lavora ogni giorno), che anche un’altra imbarcazione di migranti è stata oggetto di avvistamento: un gommone con un’ottantina di persone a bordo è stato segnalato dai piloti del Moonbird, l’aereo che collabora con le ONG per monitorare il Mediterraneo centrale. Secondo le informazioni fornite alla ONG Mediterranea, che ha in zona la Mare Jonio, tutti i migranti sarebbero stati raggiunti da motovedette della Guardia costiera libica e riportati indietro. Queste persone meno fortunate di noi, però, cercano solo una vita migliore, nel tentativo di lasciarsi alle spalle le tragedie che vivono, per il solo fatto di trovarsi in paesi diversi dal nostro, dove la disperazione e la miseria sono ovunque. Auspicano in una richiesta di asilo, in protezione internazionale, ovvero assistenza umanitaria. Chiedono tutela per i minori, sostegno a chi ha subito abusi e violenza sessuale, sperando di raccogliere l’aiuto da parte di coloro che hanno lo spirito rivolto verso i valori della condivisione e della responsabilità, della solidarietà e della collaborazione. Salvare vite umane non costituisce né una scelta, tanto meno una questione politica, soltanto un imprescindibile, perentorio obbligo morale. Fa riflettere la triste, dolorosa realtà che vivono queste persone: costrette in fuga da guerra, drammi, tragedie, catturate e deportate verso un paese non sicuro, dopo aver affrontato una pericolosa traversata via mare. Il disperato grido di allarme dei migranti va ascoltato.

Avvocato Iacopo Maria Pitorri

Il Decreto Sicurezza, posti di lavoro e costi

Da uno studio degli ultimi dati pubblicati da OXFAM (una confederazione internazionale di organizzazioni non profit, che si dedicano alla riduzione della povertà globale, attraverso aiuti umanitari e progetti di sviluppo) l’Avvocato Iacopo Maria Pitorri fa emergere un allarme di grande rilievo. Il ridimensionamento del sistema di accoglienza diffusa dei migranti, conseguenza del Decreto Sicurezza, potrà far perdere posti di lavoro entro la fine del 2019. Più specificamente, chiarisce l’Avvocato Pitorri, l’aver eliminato i cosiddetti trentacinque euro, si avrà inevitabilmente una sorta di decadimento complessivo del servizio, le cui conseguenze ricadranno sui vari territori.

Risulta oltremodo evidente, sostiene l’Avvocato Pitorri, che ci troviamo di fronte a tagli ai finanziamenti commisurati al numero di persone accolte in ogni struttura e alla tipologia di accoglienza realizzata. Ciò significa che, al contrario delle aspettative, chi pagherà di più il prezzo di questi tagli saranno coloro che propongono l’accoglienza diffusa, cioè ospitalità in singoli appartamenti in distinte unità immobiliari. Se ne deduce che a risentire di tutto questo sarà il sistema dell’accoglienza di migranti presenti nel nostro Paese. Rileva l’Avvocato Pitorri che ciò renderà remunerativi solo i centri-dormitorio di grandi dimensioni, vale a dire proprio quelli che hanno consentito, negli anni passati, inutile spreco di denaro pubblico. Nei centri di accoglienza fino a trecento posti, invero, i tagli complessivi saranno solo del 28%, a fonte di quasi il 40% previsto per i piccoli appartamenti di accoglienza diffusa. Per citare un esempio: la Prefettura di Roma stabilisce, con i nuovi bandi, un pro capite pro die di 21,35 euro per l’accoglienza diffusa in appartamenti, e di 26,35 euro per i centri di maggiori dimensioni.

Vi è di più. Circa trentasei mila operatori sono, ad oggi, impiegati nei centri di tutta Italia. Ci sono, poi anche psicologi, avvocati, insegnanti di italiano, formatori, e, per i centri di maggiori dimensioni, addetti alla mensa o ai servizi di pulizia, che non sono direttamente impiegati dalle associazioni che gestiscono le strutture di accoglienza, ma che offrono i loro servizi professionali sulla base di accordi o convenzioni. Il noto Decreto Sicurezza, entrato in vigore lo scorso 4 ottobre, incide con drastici tagli dei fondi destinati ai centri, con il risultato, specifica l’Avv. Pitorri, che la loro gestione in molti casi non è più sostenibile e molti di essi sono costretti a chiudere o a non ripresentarsi alle gare.

Dal recente report di Oxfam, invero, emerge che solo nei primi quattro mesi dell’anno in corso hanno perso il lavoro oltre quattromila operatori, destinati purtroppo a diventare quindicimila entro la fine dell’anno, via via che scadranno i bandi di assegnazione in vigore. Ovviamente, tra l’altro, queste quindicimila persone avranno diritto all’indennità di disoccupazione, la cosiddetta NASPI (Nuova Assicurazione Sociale per l’Impiego), calcolata in base al numero di settimane contributive nei quattro anni precedenti il licenziamento, o il mancato rinnovo del contratto. Considerando che il tempo medio trascorso da questi lavoratori nel settore sia di circa tre anni, posto che la maggior parte delle assunzioni si sono verificate tra il 2014 e il 2016, vi saranno molti operatori che avranno calcolata la Naspi su quattro anni di contribuzione, e altri che avranno invece speso minor tempo (uno, due anni) nel settore. Calcolando, fa sapere l’Avvocato Pitorri, che una figura di operatore full time, inquadrato come livello C1 (Contratto cooperative sociali), con un lordo medio calcolato a 1.345 euro, e impiegato per tre anni, l’ammontare dell’indennità di disoccupazione per diciotto mesi (la metà, appunto, delle settimane contributive) è di 13.869,99 euro. Se si moltiplica questa somma per le quindicimila persone che si prevedono in esubero entro la fine del 2019, risulta che ben più di 208 milioni di euro, probabilmente, usciranno dalle casse dello Stato sotto forma di ammortizzatori sociali

Avvocato Iacopo Maria Pitorri

Le ONG vengono criminalizzate

Una particolare analisi che, di recente, l’Avvocato Iacopo Maria Pitorri, esperto nel settore immigrazione, ha svolto, studiando il report fornito da Oxfam (una confederazione internazionale di organizzazioni non profit, che si dedicano alla riduzione della povertà globale, attraverso aiuti umanitari e progetti di sviluppo), ha fatto emergere riflessioni di non poco conto relative alle navi delle ONG.

Va precisato che le ONG sono organizzazioni senza fini di lucro, che operano in maniera indipendente dai vari Stati e dalle organizzazioni governative internazionali. Esistono in tutto il mondo e portano avanti, con il loro operato, campagne dall’inestimabile valore umanitario. Se ne è sentito parlare spesso, negli ultimi tempi, in tema di migranti. Le ONG denunciano i sempre più frequenti casi di respingimento di migranti in Libia ad opera di navi commerciali, che vengono coinvolte dalla Guardia costiera di Tripoli nel soccorso delle imbarcazioni che partono e che riportano indietro i migranti (nonostante la Libia non sia considerata un porto sicuro). Ebbene, tra il 2014 e il 2017, le navi delle O nel Mediterraneo hanno salvato la vita di 114.910 persone, a fronte delle 611.414 soccorse, pari al 18,8% del totale. Eppure, ciò non ha impedito di avviare quella che è stata definita una vera e propria campagna di screditamento e criminalizzazione verso le ONG, equiparate addirittura a complici degli scafisti. Questo ha contribuito, purtroppo, a rendere progressivamente impossibile la prosecuzione delle loro missioni. Precisa l’Avvocato Pitorri che, ad oggi, pur sussistendo ancora indagini a carico di alcune di esse, le accuse nei loro confronti sono state archiviate, ovvero in via di archiviazione nelle procure di Trapani, Catania, Ragusa e Palermo. Il report di Oxfam, tuttavia, parla chiaro: in termini di reputazione, ed anche sotto il profilo di operatività, il danno (di non poco conto) è fatto. La campagna di screditamento, infatti, ha determinato, in pratica, lamancanza di soccorsi in mare, leviolazioni dei diritti umani ai danni dei migranti, perpetrati dalla Guardia costiera libica nel corso delle operazioni di salvataggio, ritardi nella segnalazione di naufragi, non denunciati anche per diversi giorni.

Si auspica che, in futuro, possa esserci un cambiamento. Oxfam ha di recente sostenuto un’altra campagna, che ha per obiettivo quello di raccogliere un milione di firme, in almeno sette paesi membri, che saranno consegnate alla Commissione europea con la richiesta di presentare un atto legislativo di riforma in materia di immigrazione.

Avvocato Iacopo Maria Pitorri

L’ACCORDO ITALIA – LIBIA VIOLA I DIRITTI DEI MIGRANTI

L’Avvocato Iacopo Maria Pitorri, nell’esaminare l’Accordo Italia-Libia, in un report diffuso di recente da Oxfam Italia (organizzazione non profit, dedicata alla riduzione della povertà globale, attraverso aiuti umanitari e progetti di sviluppo),  ha riscontrato aspetti meritevoli di considerazione e riflessione. L’Avvocato Iacopo Maria Pitorri, nell’esaminare l’Accordo Italia-Libia, in un report diffuso di recente da Oxfam Italia (organizzazione non profit, dedicata alla riduzione della povertà globale, attraverso aiuti umanitari e progetti di sviluppo),  ha riscontrato aspetti meritevoli di considerazione e riflessione.A due anni, infatti, dalla firma dell’accordo, si riscontra una diffusa violazione dei diritti umani in tema di immigrazione. I numeri parlano chiaro, fa presente l’Avvocato Pitorri: 5.300 morti in due anni, di cui 4.000 solo nella rotta del Mediterraneo centrale e 143 morti su 500 arrivi nel 2019. Senza dimenticare le migliaia di persone detenute nelle carceri libiche, donne e bambini in fuga da guerra e fame, e i 15 mila migranti riportati indietro dalla Guardia costiera libica, alimentando così il traffico di esseri umani.L’obiettivo dell’Accordo raggiunto tra il governo italiano e quello libico di unità nazionale, nel febbraio del 2017, specifica l’Avvocato Pitorri, è sempre stato quello di ridurre i flussi di migranti che cercano di raggiungere l’Italia dalle coste libiche. L’accordo, invero, prevede, di fatto ,nuovi aiuti da parte dell’Italia alle autorità libiche, impegnate nelle operazioni di accoglienza e contrasto all’immigrazione clandestina, quindi alla Guardia Costiera libica, con l’obiettivo di ridurre il traffico illegale via mare e migliorare le condizioni dei centri di accoglienza in territorio libico, finanziando l’acquisto di medicine e attrezzature medica, oltre alla formazione del personale impiegato. Riportare i migranti in Libia, però,  fa presente l’Avv. Pitorri,  potrebbe fare aumentare il traffico di esseri umani. Anche il report in questione giunge alla medesima conclusione: vi è una sorta di elusione del diritto internazionale a tutela dei diritti umani dei migranti. Attualmente sono 6.400 le persone presenti nei luoghi di detenzione ufficiali in Libia;  molte altre sono detenute in carceri non ufficiali, alcune gestite da gruppi armati libici. E se si pensa che, secondo l’Onu, anche i centri ufficiali in molti casi sono gestiti dalle stesse persone coinvolte nella tratta di esseri umani, e nel traffico di persone, si evince che riportare i migranti in Libia non fa che alimentare il traffico di esseri umani. Evidenzia il report, asserisce l’Avv. Pitorri, che la Libia non è un porto sicuro. Tutt’altro.L’Avvocato Iacopo Maria Pitorri, nell’esaminare l’Accordo Italia-Libia, in un report diffuso di recente da Oxfam Italia (organizzazione non profit, dedicata alla riduzione della povertà globale, attraverso aiuti umanitari e progetti di sviluppo),  ha riscontrato aspetti meritevoli di considerazione e riflessione.

A due anni, infatti, dalla firma dell’accordo, si riscontra una diffusa violazione dei diritti umani in tema di immigrazione. I numeri parlano chiaro, fa presente l’Avvocato Pitorri: 5.300 morti in due anni, di cui 4.000 solo nella rotta del Mediterraneo centrale e 143 morti su 500 arrivi nel 2019.

Senza dimenticare le migliaia di persone detenute nelle carceri libiche, donne e bambini in fuga da guerra e fame, e i 15 mila migranti riportati indietro dalla Guardia costiera libica, alimentando così il traffico di esseri umani.

L’obiettivo dell’Accordo raggiunto tra il governo italiano e quello libico di unità nazionale, nel febbraio del 2017, specifica l’Avvocato Pitorri, è sempre stato quello di ridurre i flussi di migranti che cercano di raggiungere l’Italia dalle coste libiche.

L’accordo, invero, prevede, di fatto, nuovi aiuti da parte dell’Italia alle autorità libiche, impegnate nelle operazioni di accoglienza e contrasto all’immigrazione clandestina, quindi alla Guardia Costiera libica, con l’obiettivo di ridurre il traffico illegale via mare e migliorare le condizioni dei centri di accoglienza in territorio libico, finanziando l’acquisto di medicine e attrezzature medica, oltre alla formazione del personale impiegato.

Riportare i migranti in Libia, però, fa presente l’Avv. Pitorri, potrebbe fare aumentare il traffico di esseri umani. Anche il report in questione giunge alla medesima conclusione: vi è una sorta di elusione del diritto internazionale a tutela dei diritti umani dei migranti.

Attualmente sono 6.400 le persone presenti nei luoghi di detenzione ufficiali in Libia; molte altre sono detenute in carceri non ufficiali, alcune gestite da gruppi armati libici.

E se si pensa che, secondo l’Onu, anche i centri ufficiali in molti casi sono gestiti dalle stesse persone coinvolte nella tratta di esseri umani, e nel traffico di persone, si evince che riportare i migranti in Libia non fa che alimentare il traffico di esseri umani. Evidenzia il report, asserisce l’Avv. Pitorri, che la Libia non è un porto sicuro. Tutt’altro.

Avvocato Iacopo Maria Pitorri