La disciplina dell’immigrazione

By redazione

L’Avvocato Iacopo Maria Pitorri, atto a svolgere la sua attività forense aggiornandosi costantemente su temi di attualità e su recenti normative od orientamenti giurisprudenziali, evidenza l’importanza di una norma fondamentale per il settore immigrazione: il Decreto legislativo del 25 luglio 1998, n. 286. Si tratta del Testo Unicodelle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, pubblicato sulla Gazzetta ufficiale n. 191 del 18-8-1998, entrato in vigore in data 2 settembre 1998.

L’Avvocato Iacopo Maria Pitorri, atto a svolgere la sua attività forense aggiornandosi costantemente su temi di attualità e su recenti normative od orientamenti giurisprudenziali, evidenza l’importanza di una norma fondamentale per il settore immigrazione: il Decreto legislativo del  25 luglio 1998, n. 286. Si tratta del Testo Unicodelle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, pubblicato sulla Gazzetta ufficiale n. 191 del 18-8-1998, entrato in vigore in data 2 settembre 1998.

Il TU prevede che il  cittadino straniero possa entrare in Italia se è in grado di documentare il motivo e le condizioni del soggiorno, oltre alla disponibilità di mezzi sia per mantenersi durante il soggiorno, che per rientrare nel Paese di provenienza (fatta eccezione per i casi di ingresso per motivi di lavoro). Non è ammesso nel nostro Paese colui che non soddisfa detti requisiti, ovvero è considerato una minaccia per la sicurezza nazionale, o di uno dei Paesi con cui l’Italia ha siglato accordi per la libera circolazione delle persone tra le frontiere interne.

La normativa di riferimento sull’immigrazione e la condizione dello straniero, vale a dire il Testo Unico sull’immigrazione, sottolinea l’ Avvocato Pitorri, contiene diverse disposizioni utili per comprendere le modalità di ingresso nel nostro Paese.

Per entrare in modo regolare in Italia, invero, è necessario il passaporto o altro documento di viaggio e il visto di ingresso (per visita e/o turismo, per lavoro, per studio e/o ricerca, per famiglia, etc.), che va richiesto all’ambasciata o ai consolati italiani nel Paese d’origine o di residenza stabile del cittadino straniero extracomunitario. L’ingresso in Italia è consentito con visti per soggiorni di breve durata, validi fino a 3 mesi, e per soggiorni di  lunga  durata che comportano la concessione di un permesso di soggiorno (di lunga durata), con motivazione identica a quella del  visto. Per soggiorni inferiori a tre mesi sono considerati validi i visti rilasciati da autorità diplomatiche di altri Stati con i quali l’Italia ha ratificato accordi, o in base a norme comunitarie. Il mancato rispetto di queste procedure, o una permanenza oltre i 3 mesi o il termine minore indicato eventualmente nel visto, pongono lo straniero nella condizione di irregolare, e ne comportano l’espulsione, salvi i casi di forza maggiore previsti dalla legge. I cittadini stranieri espulsi non possono rientrare in Italia, tranne che abbiano un’autorizzazione speciale o sia terminato il divieto di ingresso. Non sono ammessi in Italia gli stranieri segnalati per gravi motivi di ordine pubblico e sicurezza nazionale, e di tutela delle relazioni internazionali. In pratica, è considerato irregolare: il cittadino extracomunitario che entra in Italia privo di documenti (passaporto, o documento di riconoscimento e visto), nonché il cittadino extracomunitario che, entrato regolarmente in Italia, ha perso i requisiti necessari per il soggiorno.Lo straniero che raggiunge in modo irregolare l’Italia viene respinto alla frontiera, oppure, se già entrato nel territorio nazionale, viene espulso, a meno che non debba essere trattenuto in uno dei centri per l’immigrazione per accertarne identità e/o nazionalità. Il provvedimento di espulsione è adottato dalla prefettura competente ed eseguito dalla questura.

L’ingresso  in Italia per motivi di lavoro subordinato, anche stagionale, e di lavoro autonomo, deve avvenire nell’ambito delle quote di ingresso (articolo 21 T.U.) stabilite nei decreti periodici – solitamente annuali -:  i cosiddetti “decreti flussi”, emanati dal presidente del Consiglio dei Ministri, sulla base dei criteri indicati nel documento programmatico triennale sulle politiche dell’immigrazione (articolo 3). I “decreti flussi”, generalmente, prevedono una riserva di quote per i cittadini provenienti da Paesi con i quali lo Stato ha concluso accordi per la regolamentazione dei flussi d’ingresso e delle  procedure di riammissione.

Il nuovo “decreto flussi”, chiarisce l’Avv. Pitorri, è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale dello scorso 9 aprile. Il decreto prevede l’ingresso in Italia, per motivi di lavoro subordinato stagionale e non stagionale, oltre che di lavoro autonomo. La quota complessiva stabilita riguarda soltanto 30.850 cittadini non comunitari, la medesima cifra prevista nel decreto flussi del 2018.

L’Avvocato Iacopo Maria Pitorri, atto a svolgere la sua attività forense aggiornandosi costantemente su temi di attualità e su recenti normative od orientamenti giurisprudenziali, evidenza l’importanza di una norma fondamentale per il settore immigrazione: il Decreto legislativo del 25 luglio 1998, n. 286. Si tratta del Testo Unicodelle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, pubblicato sulla Gazzetta ufficiale n. 191 del 18-8-1998, entrato in vigore in data 2 settembre 1998.

Il TU prevede che il cittadino straniero possa entrare in Italia se è in grado di documentare il motivo e le condizioni del soggiorno, oltre alla disponibilità di mezzi sia per mantenersi durante il soggiorno, che per rientrare nel Paese di provenienza (fatta eccezione per i casi di ingresso per motivi di lavoro). Non è ammesso nel nostro Paese colui che non soddisfa detti requisiti, ovvero è considerato una minaccia per la sicurezza nazionale, o di uno dei Paesi con cui l’Italia ha siglato accordi per la libera circolazione delle persone tra le frontiere interne.

La normativa di riferimento sull’immigrazione e la condizione dello straniero, vale a dire il Testo Unico sull’immigrazione, sottolinea l’Avvocato Pitorri, contiene diverse disposizioni utili per comprendere le modalità di ingresso nel nostro Paese.

Per entrare in modo regolare in Italia, invero, è necessario il passaporto o altro documento di viaggio e il visto di ingresso (per visita e/o turismo, per lavoro, per studio e/o ricerca, per famiglia, etc.), che va richiesto all’ambasciata o ai consolati italiani nel Paese d’origine o di residenza stabile del cittadino straniero extracomunitario. L’ingresso in Italia è consentito con visti per soggiorni di breve durata, validi fino a 3 mesi, e per soggiorni di lunga durata che comportano la concessione di un permesso di soggiorno (di lunga durata), con motivazione identica a quella del visto. Per soggiorni inferiori a tre mesi sono considerati validi i visti rilasciati da autorità diplomatiche di altri Stati con i quali l’Italia ha ratificato accordi, o in base a norme comunitarie. Il mancato rispetto di queste procedure, o una permanenza oltre i 3 mesi o il termine minore indicato eventualmente nel visto, pongono lo straniero nella condizione di irregolare, e ne comportano l’espulsione, salvi i casi di forza maggiore previsti dalla legge. I cittadini stranieri espulsi non possono rientrare in Italia, tranne che abbiano un’autorizzazione speciale o sia terminato il divieto di ingresso. Non sono ammessi in Italia gli stranieri segnalati per gravi motivi di ordine pubblico e sicurezza nazionale, e di tutela delle relazioni internazionali. In pratica, è considerato irregolare: il cittadino extracomunitario che entra in Italia privo di documenti (passaporto, o documento di riconoscimento e visto), nonché il cittadino extracomunitario che, entrato regolarmente in Italia, ha perso i requisiti necessari per il soggiorno. Lo straniero che raggiunge in modo irregolare l’Italia viene respinto alla frontiera, oppure, se già entrato nel territorio nazionale, viene espulso, a meno che non debba essere trattenuto in uno dei centri per l’immigrazione per accertarne identità e/o nazionalità. Il provvedimento di espulsione è adottato dalla prefettura competente ed eseguito dalla questura.

L’ingresso in Italia per motivi di lavoro subordinato, anche stagionale, e di lavoro autonomo, deve avvenire nell’ambito delle quote di ingresso (articolo 21 T.U.) stabilite nei decreti periodici – solitamente annuali -:  i cosiddetti “decreti flussi”, emanati dal presidente del Consiglio dei Ministri, sulla base dei criteri indicati nel documento programmatico triennale sulle politiche dell’immigrazione (articolo 3). I “decreti flussi”, generalmente, prevedono una riserva di quote per i cittadini provenienti da Paesi con i quali lo Stato ha concluso accordi per la regolamentazione dei flussi d’ingresso e delle procedure di riammissione.

Il nuovo “decreto flussi”, chiarisce l’Avv. Pitorri, è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale dello scorso 9 aprile. Il decreto prevede l’ingresso in Italia, per motivi di lavoro subordinato stagionale e non stagionale, oltre che di lavoro autonomo. La quota complessiva stabilita riguarda soltanto 30.850 cittadini non comunitari, la medesima cifra prevista nel decreto flussi del 2018.

Avv. Iacopo Maria Pitorri