I lineamenti giuridici della legittima difesa

By redazione

La “legittima difesa” è, generalmente, la risposta ad una esigenza naturale, ad un istinto che induce l’individuo aggredito a difendersi, respingendo l’aggressione ad un proprio bene tutelato.

Chiarisce l’Avvocato Iacopo Maria Pitorri, esperto di diritto penale, che il relativo istituto si colloca fra le cause di giustificazione previste dal nostro ordinamento  (che escludono, già dal punto di vista obiettivo, la configurabilità di un fatto di reato). E’ disciplinato dall’art. 52 del codice penale il quale dispone che: “Non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di difendere un diritto proprio o altrui contro il pericolo attuale di un’offesa ingiusta, sempre che la difesa sia proporzionata all’offesa”.

I requisiti principali della “legittima difesa sono:  la  “attualità del pericolo” e la “ingiustizia dell’offesa”.

Con riferimento al pericolo, non si deve trattare né di un pericolo passato (posto che, in tal caso, non si avrebbe più alcuna necessità di prevenire un’offesa), tantomeno di un pericolo futuro (atteso che, qualora così fosse, sarebbe possibile ricorrere all’intervento delle Autorità). E’ necessario, quindi, un pericolo attuale, presente,  incombente al momento del fatto, tale che la reazione nei confronti dell’aggressore rappresenti l’unico mezzo per salvaguardare il bene posto in pericolo.

Per quanto concerne il  concetto di offesa ingiusta, secondo l’interpretazione tradizionale, è considerata ingiusta la offesa arrecata contra jus, cioè antigiuridica, posta in essere in violazione delle norme che tutelano il bene minacciato. Affinché, l’offesa, realizzata attraverso l’azione difensiva, possa ritenersi giustificata sono necessari  anche determinati requisiti con riferimento alla reazione. Deve, infatti,  apparire necessaria per salvaguardare il bene posto in pericolo, ossia inevitabile, quando cioè non può essere sostituita da un’altra reazione meno dannosa ed ugualmente idonea ad assicurare la tutela dell’aggredito.

Il secondo requisito,  è quello della proporzione tra difesa ed offesa, da intendersi riferita ai beni giuridici in gioco, non ai mezzi utilizzati: si riscontra nel momento in cui la offesa arrecata è inferiore, uguale o tollerabilmente superiore a quella posta in essere dall’aggressore.

La legittima difesa, evidenzia l’Avvocato Pitorri,  rappresenta senz’altro il punto di arrivo di un percorso evolutivo lungo e complesso, che ne ha radicalmente mutato caratteristiche e limiti, pur mantenendo immutato nel tempo il principio base dell’istituto, ossia il diritto di chiunque di difendere la vita propria e altrui da ingiuste aggressioni.

A fronte dei numerosi delitti efferati, commessi soprattutto all’interno di luoghi di privata dimora e alle conseguenti reazioni delle parti offese, è costantemente acceso un vivo dibattito,  nell’opinione pubblica, relativamente alle funzioni della legittima difesa ed alle sue problematiche. Questo ha avuto come esito diverse proposte di modifica dell’istituto, finalizzate tutte a consentire un’estensione dell’ambito di applicabilità della scriminante, tale da permettere maggiore protezione giuridica ai privati che si trovano ad essere aggrediti nei propri interessi personali e patrimoniali.

La disciplina del codice sulla legittima difesa è stata modificata con la L. 13 febbraio 2006 n. 59, la quale ha introdotto la c.d. legittima difesa “domiciliare”, aggiungendo  all’art. 52 c.p. due nuovi commi destinati a regolamentare l’esercizio del diritto di autotutela in un privato domicilio. Più specificamente, il secondo comma, prevedeva che :“Nei casi previsti dall’articolo 614, primo e secondo comma, sussiste il rapporto di proporzione di cui al primo comma del presente articolo se taluno legittimamente presente in uno dei luoghi ivi indicati usa un’arma legittimamente detenuta o altro mezzo idoneo al fine di difendere: a) la propria o la altrui incolumità; b) i beni propri o altrui, quando non vi è desistenza e vi è pericolo di aggressione”. Il terzo comma, invece, stabiliva che :“La disposizione di cui al secondo comma si applica anche nel caso in cui il fatto sia avvenuto all’interno di ogni altro luogo ove venga esercitata un’attività commerciale, professionale o imprenditoriale”.

Detta novella, è stata introdotta nel 2006 a seguito di alcuni fatti di cronaca aventi ad oggetto furti e/o rapine in esercizi commerciali ed abitazioni, e che hanno visto le persone offese dei riferiti reati reagire “per legittima difesa,  con l’uso di armi da fuoco, provocando la morte degli autori.

Particolare rilevanza è stata data alla modifica del requisito della proporzione , nel senso che quando la reazione difensiva è diretta nei confronti di un intruso, in un luogo di privata dimora, il giudice è esonerato dal verificare in concreto la proporzionalità tra offesa e difesa, dovendo questo essere considerato, in tali casi, legislativamente presunto juris et de jure. Rileva l’Avvocato Pitorri, la riforma, sin dall’inizio, ha suscitato reazioni contrastanti, posto che se da un lato ha contribuito ad ampliare l’ambito di applicabilità della disciplina (tutelando, in misura maggiore, le aggressioni all’interno dei luoghi di privata dimora), dall’altro lato si è verificato il rischio che producesse al contrario, un incentivo alla aggressività dei delinquenti, offrendo maggiori spazi di aggressività difensiva alle potenziali vittime.

Stante, purtroppo, il moltiplicarsi di episodi di violenza, nell’odierna società, ci si è visti costretti, pertanto, ad affrontare nuovamente la tematica della  legittima difesa. “La difesa è sempre legittima”: su detto assunto verte il testo di legge approvato in via definitiva, recentemente, dal Senato lo scorso 28 marzo 2019.

La nuova riforma in materia di legittima difesa prevede un inasprimento del trattamento sanzionatorio per alcuni tra i più comuni reati, commessi in occasione di aggressioni nel domicilio (tipo furto,rapina eviolazione di domicilio). Se ne deduce, conferma l’Avvocato Pitorri, che l’idea principale del Legislatore  è quella di  rendere il più possibile immune da responsabilità e conseguenze sfavorevoli, colui che si difende da un’aggressione nel domicilio, inteso quale abitazione, o altro luogo di privata dimora, compresi quelli in cui vengono svolte attività commerciali, professionali o imprenditoriali.

Chiarito, quindi,  che la riforma riguarda solo la legittima difesa domiciliare, il Senato ha provveduto, nello specifico,  ad approvare alcuni seguenti articoli. Innanzitutto l’articolo 1 del provvedimento, atto a modificare il comma 2 dell’art. 52 c.p.,  disponendo che, nel caso in cui una persona presente legittimamente nell’abitazione altrui, o in un altro luogo di privata dimora, utilizzi un’arma (che deve essere, ovviamente, detenuta legittimamente0), per difendere la propria o l’altrui incolumità, nonché i beni propri o altrui, dal “pericolo di un’aggressione”, la sussistenza della proporzionalità tra offesa e difesa è sempre riconosciuta. La modifica poggia sul ritenere “sempre” sussistente il rapporto di proporzionalità tra la difesa e l’offesa.  L’ articolo 2 rappresenta il punto focale della riforma, in quanto introduce  il concetto di “grave turbamento” tra le cause di non punibilità,  apportando delle modifiche all’articolo 55 c.p., che: “Quando, nel commettere alcuno dei fatti preveduti dagli articoli 51, 52, 53 e 54, si eccedono colposamente i limiti stabiliti dalla legge o dall’ordine dell’Autorità ovvero imposti dalla necessità, si applicano le disposizioni concernenti i delitti colposi, se il fatto è preveduto dalla legge come delitto colposo”. L’articolo 3  del provvedimento, da ultimo, nel modificare l’articolo 165 c.p., prevede che nei casi di condanna per furto in appartamento, e furto con strappo (art. 624-bis c.p.), la sospensione condizionale della pena sia subordinata al pagamento integrale dell’importo dovuto per il risarcimento del danno alla persona offesa.

Oltre alle suddette modifiche, il provvedimento è intervenuto anche specificamente per  alcune tipologie di reato. In particolare, nella fattispecie di cui all’art 614 c.p. (violazione di domicilio), la reclusione da sei mesi a tre anni viene sostituita con la reclusione da uno a quattro anni e, nell’ipotesi aggravata di cui al quarto comma,  la reclusione da uno a cinque anni viene sostituita con la reclusione da due a sei anni.

Per quanto concerne invece, l’art. 624-bis c.p. (furto in abitazione),  la pena detentiva passa “da tre a sei anni” a “da quattro a sette anni” e, nei casi più gravi previsti dal terzo comma, é applicata la pena “da cinque a dieci anni e della multa da euro 1.000 a euro 2.500”.

Con riferimento, poi, al delitto di cui all’art. 628 c.p. (rapina), viene innalzato da quattro a cinque anni il minimo edittale della reclusione per la rapina semplice, resta, però, fermo il massimo fissato a 10 anni.

Per le ipotesi aggravate e pluriaggravate, di cui rispettivamente al terzo comma e al quarto comma dell’articolo 628 c.p., il disegno di legge prevede un analogo inasprimento sanzionatorio. In particolare per la rapina aggravata la pena della reclusione è elevata nel minimo da cinque a sei anni (il massimo resta fissato a 20 anni) e la pena pecuniaria è rideterminata da 2.000,00 a 4.000,00 euro . Per le ipotesi pluriaggravate la pena della reclusione è elevata nel minimo da sei a sette anni (il massimo resta fissato a 20 anni) e la pena pecuniaria è rideterminata da 2.500,00 a 4.000,00 euro .Le modifiche intervenute, tuttavia, non hanno il potere di scongiurare completamente il pericolo: nel senso che, probabilmente, il malintenzionato che vuole introdursi furtivamente nell’appartamento altrui continuerà a farlo, nonostante l’inasprimento del trattamento sanzionatorio. Introducendo l’elemento psicologico del grave turbamento,  quale scriminante determinante nell’eccesso colposo, in più, viene data ampia discrezionalità alla Magistratura, che deve valutare/interpretare se colui che si è difeso con la propria arma, legittimamente detenuta, si trovava in uno stato di agitazione tale da giustificare la sua condotta. Quella del “grave turbamento” è senz’altro una prova estremamente difficile da produrre, perché soggetta a presunzioni oggettive.

Avvocato Iacopo Maria Pitorri