Il coordinatore di Mediterranean Hope (il progetto rifugiati e migranti della Federazione delle Chiese evangeliche in Italia – FCEI) ha recentemente dichiarato che vi è l’urgenza di realizzare un Corridoio umanitario europeo.
Il coordinatore di
Mediterranean Hope (il progetto rifugiati e migranti della Federazione delle
Chiese evangeliche in Italia – FCEI) ha recentemente dichiarato che vi è
l’urgenza di realizzare un Corridoio
umanitario europeo.
L’iniziativa dei
Corridoi Umanitari (CU) è nata dalla collaborazione ecumenica tra protestanti e
cattolici: Federazione delle chiese evangeliche in Italia, Tavola valdese e
Comunità di Sant’Egidio. I CU permettono a persone fuggite dai loro paesi e in
condizione di vulnerabilità di accedere al loro diritto di chiedere asilo, utilizzando
vie legali e sicure.
Le fondamenta
giuridiche di tale iniziativa emergono dall’art.
25 del Regolamento CE 810/2009, che concede ai paesi Schengen la
possibilità di rilasciare visti umanitari validi per il proprio territorio. Una
volta in Italia i beneficiari hanno la possibilità di fare domanda di asilo,
per la quale ricevono un adeguato supporto durante l’iter legislativo. Tra gli
obiettivi del progetto, i più importanti sono eludere
i viaggi della morte e le conseguenti tragedie in mare; combattere il business dei trafficantidi esseri umani e delle organizzazioni criminali; concedere a
persone cosiddette “vulnerabili” (vale a dire vittime di persecuzioni, torture
e violenze, famiglie con bambini, donne sole, malati, persone con disabilità)
un ingresso legale sul territorio; gestire gli ingressi
in totale sicurezza sul territorio italiano. La finalità dei Corridoi
umanitari è quella di garantire sicurezza sia per i migranti, sia per chi già
risiede in Italia, considerato che il rilascio dei visti è subordinato ad
opportuni controlli da parte del Ministero dell’Interno.
Dal punto di vista
pratico, il funzionamento è il seguente: gli enti promotori attraverso le
segnalazioni fornite da un network di collaboratori (ONG locali e
internazionali, associazioni, Chiese e organismi ecumenici ecc.), stilano una
lista di potenziali beneficiari, che viene esaminata dagli operatori in loco e
successivamente trasmessa alle autorità consolari italiane, affinché possano
rilasciare dei visti umanitari validi per l’Italia.
Una volta giunti nel
nostro Paese, i beneficiari sono presi
in carico dai promotori del progetto in collaborazione, accompagnati e
sostenuti in un percorso di integrazione legale-giuridico, lavorativo,
scolastico e sanitario, al fine di raggiungere una graduale autonomia.
L’accoglienza diffusa e partecipata genera solidarietà a livello ecumenico, favorisce
l’inclusione sociale e fortifica le comunità locali impegnate nel progetto.
Ne deriva che i Corridoi
Umanitari sono la dimostrazione di una sorta di valida sinergia tra la società civile e le
istituzioni. Tant’è vero che il modello dei CU ha ricevuto importanti
riconoscimenti. Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, lo ha
definito “un momento di realizzazione
concreta dei principi della Costituzione italiana”. Il Parlamento europeo
ha auspicato l’estensione dell’iniziativa anche ad altri Paesi Membri, posto
che si tratta di un esempio cui l’Europa può ispirarsi per aiutare i migranti e
affrontare gli attuali flussi di rifugiati.
Tra l’altro – è bene
rammentarlo – il progetto non grava in alcun modo sullo Stato: i fondi, invero,
provengono in larga parte dall’Otto per mille
delle chiese valdesi e metodiste, da diverse comunità evangeliche in
Italia e all’estero, da reti ecumeniche internazionali e da raccolte fondi come
quella lanciata dalla Comunità di Sant’Egidio.
Considerato, perciò,
che in Libia, attualmente, la situazione è estremamente difficile , Mediterranean Hope ha avanzato la proposta di
aprire un “Corridoio umanitario europeo” per cinquantamila migranti.
Dovrebbero essere accolti in Paesi dell’Unione Europea, con la
collaborazione diretta delle rispettive società civili, così come accade in
Italia, Francia e Belgio. Le testimonianze di coloro che sono stati rinchiusi e
torturati costituiscono, in
quest’ottica, un grido di aiuto che richiede un impegno concreto e urgente, il
quale deve necessariamente comprendere anche la tutela del diritto all’asilo e
alla protezione internazionale.
L’Italia vuole
garantire il pieno rispetto di tutti i diritti umani nei centri gestiti dal
governo e nei quali operano le organizzazioni umanitarie e, concretamente, si
sta adoperando non poco per dare il proprio sostegno ai “programmi di rimpatrio
volontari” (nei quali sono direttamente coinvolte le organizzazioni umanitarie
che lavorano a Tripoli).
Ulteriormente il governo italiano sta aiutando i libici a
rafforzare il controllo delle proprie frontiere, tramite la fornitura di
motovedette e apparecchiature per le comunicazioni satellitari e radio.
Il coordinatore di Mediterranean Hope (il progetto rifugiati e migranti della Federazione delle Chiese evangeliche in Italia – FCEI) ha recentemente dichiarato che vi è l’urgenza di realizzare un Corridoio umanitario europeo.
L’iniziativa dei
Corridoi Umanitari (CU) è nata dalla collaborazione ecumenica tra protestanti e
cattolici: Federazione delle chiese evangeliche in Italia, Tavola valdese e
Comunità di Sant’Egidio. I CU permettono a persone fuggite dai loro paesi e in
condizione di vulnerabilità di accedere al loro diritto di chiedere asilo, utilizzando
vie legali e sicure.
Le fondamenta
giuridiche di tale iniziativa emergono dall’art.
25 del Regolamento CE 810/2009, che concede ai paesi Schengen la
possibilità di rilasciare visti umanitari validi per il proprio territorio. Una
volta in Italia i beneficiari hanno la possibilità di fare domanda di asilo,
per la quale ricevono un adeguato supporto durante l’iter legislativo. Tra gli
obiettivi del progetto, i più importanti sono eludere
i viaggi della morte e le conseguenti tragedie in mare; combattere il business dei trafficantidi esseri umani e delle organizzazioni criminali; concedere a
persone cosiddette “vulnerabili” (vale a dire vittime di persecuzioni, torture
e violenze, famiglie con bambini, donne sole, malati, persone con disabilità)
un ingresso legale sul territorio; gestire gli ingressi
in totale sicurezza sul territorio italiano. La finalità dei Corridoi
umanitari è quella di garantire sicurezza sia per i migranti, sia per chi già
risiede in Italia, considerato che il rilascio dei visti è subordinato ad
opportuni controlli da parte del Ministero
dell’Interno.
Dal punto di vista
pratico, il funzionamento è il seguente: gli enti promotori attraverso le
segnalazioni fornite da un network di collaboratori (ONG locali e
internazionali, associazioni, Chiese e organismi ecumenici ecc.), stilano una
lista di potenziali beneficiari, che viene esaminata dagli operatori in loco e
successivamente trasmessa alle autorità consolari italiane, affinché possano
rilasciare dei visti umanitari validi per l’Italia.
Una volta giunti nel
nostro Paese, i beneficiari sono presi in carico dai promotori del progetto in
collaborazione, accompagnati e sostenuti in un percorso di integrazione
legale-giuridico, lavorativo, scolastico e sanitario, al fine di raggiungere
una graduale autonomia. L’accoglienza diffusa e partecipata genera solidarietà
a livello ecumenico, favorisce l’inclusione sociale e fortifica le comunità
locali impegnate nel progetto.
Ne deriva che i Corridoi
Umanitari sono la dimostrazione di una sorta di valida sinergia tra la società civile e le
istituzioni. Tant’è vero che il modello dei CU ha ricevuto importanti
riconoscimenti. Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, lo ha
definito “un momento di realizzazione
concreta dei principi della Costituzione italiana”. Il Parlamento europeo
ha auspicato l’estensione dell’iniziativa anche ad altri Paesi Membri, posto
che si tratta di un esempio cui l’Europa può ispirarsi per aiutare i migranti e
affrontare gli attuali flussi di rifugiati.
Tra l’altro – è bene
rammentarlo – il progetto non grava in alcun modo sullo Stato: i fondi, invero,
provengono in larga parte dall’Otto per mille
delle chiese valdesi e metodiste, da diverse comunità evangeliche in
Italia e all’estero, da reti ecumeniche internazionali e da raccolte fondi come
quella lanciata dalla Comunità di Sant’Egidio.
Considerato, perciò,
che in Libia, attualmente, la situazione è estremamente difficile, Mediterranean Hope ha avanzato la proposta di
aprire un “Corridoio umanitario europeo” per cinquantamila migranti.
Dovrebbero essere accolti in Paesi dell’Unione Europea, con la
collaborazione diretta delle rispettive società civili, così come accade in
Italia, Francia e Belgio. Le testimonianze di coloro che sono stati rinchiusi e
torturati costituiscono, in quest’ottica, un grido di aiuto che richiede un
impegno concreto e urgente, il quale deve necessariamente comprendere anche la
tutela del diritto all’asilo e alla protezione internazionale.
L’Italia vuole
garantire il pieno rispetto di tutti i diritti umani nei centri gestiti dal
governo e nei quali operano le organizzazioni umanitarie e, concretamente, si
sta adoperando non poco per dare il proprio sostegno ai “programmi di rimpatrio
volontari” (nei quali sono direttamente coinvolte le organizzazioni umanitarie
che lavorano a Tripoli).
Ulteriormente il governo italiano sta aiutando i libici a
rafforzare il controllo delle proprie frontiere, tramite la fornitura di
motovedette e apparecchiature per le comunicazioni satellitari e radio.
Avvocato Iacopo Maria Pitorri